C’era una volta, tanto tempo fa, un vecchio arrotino svizzero malvagio, spietato, perfido e caciarone che aveva un figlio di nome Rutilio. Il giovane Rutilio percorreva le lande desolate scheggiando coltelli col favore delle tenebre, in modo da procurare un po’ di lavoro a suo padre. Ah, amore filiale! Anche perché se non lo faceva erano nerbate (o coltellate). Comunque un fatidico giorno, lo sventurato Rutilio si troncò entrambe le braccia tentando di scheggiare l’alabarda maledetta del Signore della Morte di Buccinasco e così suo padre lo sbattè fuori di casa a calci e male parole:
“Via di qui, scioperato! Inutile ammasso di idiozia! Mi sono comperato una scimmia ammaestrata che andrà al tuo posto a scheggiare coltelli – non alabarde, capisci? Coltelli! Non mi sembra mica tanto difficile, voglio dire, c’è una certa differenza non trovi? Vabbeh, comunque adesso smamma e non farti più rivedere.”
E fu così che il povero Rutilio iniziò a vagare per le lande deserte e inospitali, mangiando lucertole e piangendo amare lacrime di dolore, finché il suo girovagare non lo portò vicino alla capanna del crudele stregone Asfenaz, che era intento a un delicato esperimento di necromanzia quantistica vegana. Ovviamente disturbato dal lamentoso piagnucolio del nostro inutile eroe, il malvagio Asfenaz uscì alquanto incazzato dal suo antro e apostrofò così il prode Rutilio:
“Si può sapere chi diavolo sei, insulsa putredine monca? E che cazzo ci hai da lamentarti?”
“Sono Rutilio, figlio di Berilio, e mi lamento perché ho perso le mia uniche braccia in uno sventurato incidente. Ahimè misero e tapino! Oh, sventura, sciagura, immane iattura! Sob! Sigh!…” e così via per qualche ora di lamentosi lamenti.
Nel frattempo, lo sgamato Asfenaz stava riflettendo: c’era un solo modo per liberarsi di questa seccatura in maniera utile e costruttiva e lui non se lo sarebbe certo fatto sfuggire.
“Di un po’, coso lì.. Basilio! Ti piacerebbe riavere le tue braccia?”
“Rutilio. E certo che mi piacerebbe: cosa sei, sordo? Cosa sono stato qui a lamentarmi a fare secondo te? Ma guarda te che scemo, e poi parlano bene dei necromanti maledetti. Pfui.”
“Oh, cocco, guarda che se continui così ti trasformo in un’ostrica. Un po’ di rispetto per gli anziani, eccheccazzo!”
“…”
“Molto meglio. Allora, se rivuoi le tue inutili propaggini ci penso io, così la smetti di lamentarti che mi stai facendo venire il mal di testa. Entra in casa e siediti sul canguro.”
Rutilio, sagace come un tronco fossilizzato, obbedì felice. “Wow! – pensava – Braccia nuove! E un canguro! Che figata! Quando lo racconterò a casa non mi crederanno!” E andò a sedersi sul canguro.
Ora, a questo punto dovremmo narrarvi l’avvincente storia del Canguro Maledetto e di come sia finito a fare da sedia per il perfido Asfenaz, ma purtroppo è una storia troppo lunga e inadatta alle orecchie dei più piccini, per cui sorvoliamo. Contenti?
Dicevamo. Rutilio si accomodò sul canguro (oddio, non è che fosse tanto comodo, avete provato voi a sedervi su un canguro? Diciamo che si inerpicò in qualche modo, ecco) e guardò Asfenaz con felici occhi da cucciolo, cosa che per poco non provocò una sincope a quel losco figuro: per un momento fu tentato di uccidere il nostro eroe lì sul posto, ma riuscì a controllarsi e diede inizio all’incantesimo.
Improvvisamente la pidocchiosa capanna di Asfenaz fu piena di lucine psichedeliche, rumori squittenti, carciofi volanti e altre amenità del genere, dopodichè ci fu un sonoro SBRANG! Rutilio scomparve in uno sbuffo di fumo e al suo posto si materializzò una comoda cassapanca in palissandro. Sul canguro. Potete ben immaginare la gioia di Asfenaz a tale vista: l’incantesimo era riuscito perfettamente, trasformando un noioso seccatore in un utilissimo mobile all’ultima moda. Con una risata diabolica, il nostro allegro necromante si affrettò a spostare le coperte pesanti nella cassapanca, che nel frattempo si stava silenziosamente lamentando tra sè e sè, rimpiangendo la stolta decisione di fidarsi di uno spietato e infido mago malvagio e del suo canguro. E fu così che la cassapanca di Asfenaz passò alla storia come la Cassapanca del Rimorso.
Morale:
Ancora una volta il canguro si è rivelato essere il miglior amico dei necromanti malvagi.
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Asfenaz l’ho incontrato: gli ho tagliato le mani, gli ho tirato un calcio ai marroni,e poi c’è l’ho mandato in culo a lui e il canguraccio suo con un incantesimo