Ritratto di gentiluomo dal lungo collo meccanico estensibile
(cliccate per ingrandire)
Pasquale Faustino Drake, «Ritratto di messer Mekaneck», olio su tela, 1889. Come ben sanno tutti i numerosi estimatori dei Masters of the Universe, Mekaneck “riceve il proprio collo meccanico estensibile dopo essere stato gravemente ferito durante una terribile tempesta. Non è ben chiaro perché fosse chiamato Mekaneck già prima dell’intervento. Durante la tempesta, Mekaneck perde le tracce di suo figlio Filippo. Dopo aver servito fedelmente Re Randor, Mekaneck scopre che suo figlio è tenuto ostaggio dal malvagio conte Marzo, che vuole scambiare la salvezza del ragazzo con il trono di Eternia. Mekaneck è piuttosto insicuro e soffre di un profondo complesso di inferiorità nei confronti degli altri guerrieri, perché sente che il proprio potere è inutile.”
Bene così.
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Capitolo XX: Ti saluto, Papa!
Le Pelose Peripezie di Kira e Cucciolo – ep. 24
Abrakadabra, ovvero le scellerate imprese di Antonio Casanova, equilibrista
Disambiguaz. Se state cercando il Casanova storico, si chiamava Giacomo e quindi siete del tutto fuori strada. Se state cercano Antonio Casanova, tristo personaggio che da anni ammorba le tivvù del belpaese con imbarazzanti trucchi illusionistici e che a quanto sembra sta scrivendo una trilogia fantasy o qualcosa del genere, beh, ci occupiamo di fuffa, ok, ma c’è un limite a tutto.
Se non avete mai cercato Casanova Frankenstein, cercatelo, e poi verrete a ringraziarci.
Avete presente la Psicostoria? Secondo Wikipedia è «una scienza immaginaria, presente nei libri del ciclo della Fondazione di Isaac Asimov, in grado di prevedere l’evoluzione della società umana». Ora, se chiedete all’uomo della strada chi ne sia l’inventore, vi risponderà senza indugio – (forse non proprio senza indugio, ma vabbè) «Hari Seldon». In effetti è una nozione talmente entrata ormai nell’immaginario collettivo, che quasi ci spiace dirvi che ahimè non è vero. C’è un precedente che risale nientemeno che due secoli fa – ed è pure italiano. Come il gelato, la pizza, il falso in bilancio e la mafia, anche la scienza matematica della previsione del futuro è un’invenzione italiana. Così ci dice, almeno, A. Ghislanzoni, autore, nel 1884 o giù di lì, di questo Abrakadabra, novella dell’Avvenire.
In un paesino del centro Italia arriva un vetusto scienziato, dall’aspetto stregonesco e inquietante. Siamo nel 1860 e l’Italia, come tutto il resto d’Europa, è scossa da tremende lotte politiche (e non solo). Si parla di autodeterminazione dei popoli, di magnifiche sorti e progressive; la scienza e l’etica sembrano destinate a portare una nuova era di prosperità e sviluppo. Secondo alcuni. Secondo altri, siamo alle soglie di una catastrofe biblica: crollo degli antichi valori, ateismo e relativismo, sacrifici umani, gatti e cani che vivono insieme. Intanto il luminare si dedica da decenni all’elaborazione di un sistema astrusissimo di equazioni e teoremi capaci, in pratica, di prevedere il futuro. Proprio come la Psicostoria di Hari Seldon, solo che si chiama Abrakadabra (nome, ne converrete, assai scientifico.). Comunque sia, lo scienziato acconsente a dimostrare la sua invenzione ai paesani, e per far ciò estrapola dalle nebbie del futuro, bell’e pronta e scientificamente determinata, con dialoghi e tutto, la storia di Secondo Albani, della Macchina della Pioggia Artifiziale, e delle scellerate imprese di Antonio Casanova, equilibrista.
Non staremo a raccontarvela per filo e per segno; nè a descrivervi le maraviglie della Milano futuristica del 1982 (i cui abitanti, però, ci sembra di notare, sono i soliti baùscia di sempre): vi possiamo assicurare però che questo libretto è una miniera di trovate una più folle dell’altra, una girandola di minchiate d’epoca come raramente se ne vedono, ed è un vero peccato che sia stato totalmente dimenticato. Comunque sia, il nostro signor Albani torna a Milano dopo cinque anni di esilio (ha commesso un reato, una bazzecola: parricidio) per a) presentare la sua mirabolante invenzione, la macchina di cui sopra, e b) sposare la bella Fidelia, figlia del Questore. Alla fanciulla ha già regalato una casa che farebbe invidia a Salvador Dalì: in un salone immenso, per dire, galleggia, sospesa nel nulla, una stanzetta a forma di nuvola, e in un altra sala c’è un tappeto che «… imita perfettamente le onde tremolanti di un lago. È un tappeto di mercurio bianco imprigionato in una tela di vetro elastico. Voi sentite il mercurio agitarsi sotto il vostro piede, e la illusione di passeggiare sulle acque è tanto verosimile, che quasi vi meravigliate di poterne uscire a piede asciutto».
Ma come da copione qualcuno trama nell’ombra, per sottrargli il meritato trionfo e l’amor della donzella: Antonio Casanova, della setta degli Equilibristi. Si chiamano così perchè, nella turbolenta scena politica dell’epoca, si mantengono sempre in equilibrio tra conservatori e progressisti, tra laici e clericali, tra legge e crimine, cercando sempre e solo il proprio interesse. Tipo Mastella. Gli Equilibristi sono una setta ricca e potente, i cui membri, infiltrati in ogni organizzazione e governo, sono fanatici e inarrestabili. E il signor Casanova, è il classico supercattivo alla James Bond: dal suo dirigibile invisibile, il 2427, parcheggiato sopra Piazza Duomo, s’ingegna in ogni modo per
«… portare il male nelle famiglie oneste, nelle classi più stimate e, a suo vedere, più felici. Sopratutto egli si compiaceva di truffare gli uomini altolocati, i funzionarî del Governo, i primati dell’intelligenza. Tutto ciò che era talento, illustrazione, rappresentanza di moralità e d’ordine pubblico, per lui, anima di Caino, era oggetto di odio e di persecuzione. […] Nelle città più importanti della Unione e d’altre parti del mondo, il Casanova poteva impiegare al servizio de’ propri disegni una camorra potente. Rubava, e divideva co’ suoi correligionarii il quinto dei redditi. Il resto spendeva in gozzoviglie, ovvero in procacciarsi nuovi mezzi a compiere le sue imprese temerarie.»
Come Mastella, appunto. E i mezzi non gli mancano: al suo servizio ha schiere di ipnotisti – ed è egli stesso mesmerista di prim’ordine (*), contro cui nulla possono gli ipnotizzatori della polizia, che, con i loro megafoni di ottone proiettano la loro volontà sui malfattori, addormentandoli o costringendoli a confessare. Non solo: grazie ai marchingegni di «un giovane napolitano, certo Anselmo Furlay, abilissimo metamorfo,» è in grado di mutare d’aspetto a tal punto che persino l’ingenua Fidelia lo scambia per il futuro marito. Così il diabolico Casanova si getta dal suo dirigibile, e, «aperto l’ombrello di salvezza», scende su Milano come una sinistra Mary Poppins, pronto a seminare il caos.
Ci sarebbe da raccontarla tutta, la storia, ma ahinoi lo spazio è tiranno come Saddam Hussein: vi basti dunque sapere che la vita del povero Albani viene sconvolta oltre ogni dire: perde la donna che ama, perde le sue invenzioni, la fama e la ricchezza, e solo un monaco errante, che già gli fu vicino nell’esilio, riesce a portare un barlume di speranza, rivelandogli l’esistenza di un figlio di cui fino ad allora non sapeva nulla. Ma il bimbo è in pericolo: rapito dal nano Càrdano, è stato condotto nella sua fortezza sulle Alpi, dove il folle scienziato (Càrdano, il nano) conduce da tempo terribili esperimenti sui bambini. Già. Così si organizza una spedizione per porre fine a questo scempio, e quando la folla inferocita ha accerchiato il palazzo con torce e forconi, arriva lo scienziato Deladromo (che fino a quel momento non avevamo mai sentito nominare) che rivolge ai presenti un discorso il cui incipit andrebbe scolpito nella pietra:
«Mentecatti, buffoni e bricconi della razza superiore, alla quale non mi son mai gloriato di appartenere, ascoltate bene ciò che sta per dirvi chi non vi ha mai ingannati. Questa mattina, alle ore sette antimeridiane precise, il pianeta Osiride ha cominciato la sua corsa di precipitazione verso il nostro globo. Questa corsa periodica, che suole effettuarsi ad ogni scadenza di diecimila anni, si compie inevitabilmente nello spazio di quindici giorni. La qual cosa significa, badate bene, o mamalucchi, che allo spirare di quindici giorni, tutta la superficie del nostro globo sarà sconvolta e rinnovata dalle acque»
Ehm. Applausi.
Ci fermiamo qui, anche se di cose da raccontare ce ne sarebbero, soprattutto sull’Europa Unita in cui la storia è ambientata, sugli assurdi usi e costumi e marchingegni e bizzarrie e colpi di scena e sedie liquide e case gonfiabili e Napoli capitale e uomini alati e cembali magnetici e binocoli a vapore e lingue cosmiche e letti verticali e spie di questura e locomotive volanti che balzano addosso al lettore a ogni pagina. Questo libro è un gioiellino, ed è scaricabile gratis et amore dei da Liber Liber. Fatelo.
***
(*) Possiede, anzi «...una stecca da bigliardo di sua invenzione, nel cui legno perforato scorreva un zampillo di mercurio iniettato in una vena capillare di nervi umani. Quel tubo era un inalterabile conduttore della volontà. Il Casanova, lanciando la sua biglia, non aveva che a prescriverle il corso nella sua mente, perché quella obbedisse al suo volere come un corpo intelligente. La palla descriveva sul verde tappeto delle curve, dei circoli inverosimili. La colla, il salto degli uomini, la carambola, nessuna difficoltà di giuoco imbarazzava quell’avorio prudente e sicuro.» Altro che Terminus Est.
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I Viaggi di Capitan Mangrovia
Come tutti sanno, il Piano Etereo è il misterioso reame che separa il Piano Materiale dai Piani Elementali. Molte sono le meraviglie di questa dimensione sconosciuta: vortici di protomateria, barriere cromatiche, anomalie temporali e gk’lok-lok; e solo i capitani più abili sanno percorrere le rotte che uniscono i suoi regni leggendari, come Tir Nan Og, il Piano delle Ombre, Aion, la Fornace dei Credenti e Codroipo. Il più famoso di questi lupi dell’etere è Capitan Mangrovia, protagonista dei noti romanzi di Adelina Goff: con l’aiuto del fido bracco Biggles e del nostromo Milza, al timone del «Monaco Fantasma», affronta mille avventure per guarire la sua amata Bertha dalla sua allergia ai funghi.
(Si ringrazia Seventh Sanctum per i nomi)
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Il Calendario di Frate Cazzaro – Settembre 2010
Capitolo XIX: Nyarlatothep si mette all’opera
La Compagnia della Teppa
E se dio vuole anche questo agosto si avvia alla conclusione: un agosto umido e uggioso, assai noioso e decisamente tutt’altro che estivo. Naturalmente sono opinioni personali, e sono pronto a credere che ci sia gente che in questi giorni è riuscita pure a divertirsi, magari in paesi lontani, come la Russia in preda alle fiamme, il Pakistan sott’acqua, il Golfo del Messico plastificato e così via. L’unica nota positiva (assieme alla dipartita di un Presidente Emerito ed ex Ministro dell’Interno (1), che ora sta probabilmente già spalando carbone nelle miniere di Satanasso (2)), l’unica eccetera, dicevo, è che quest’estate c’è stato parecchio tempo da dedicare alla lettura. Visti i miei gusti non proprio mainstream, mi rendo conto che magari non tutti possono essere interessati a romanzi horror-fantastici più o meno datati, su Gilles de Rais (Là-Bas, di J.K. Huysmans), sul Gran dio Pan (di Arthur Machen), su Aleister Crowley (Il Mago, di W. Somerset Maugham) o sul calamaro gigante (Kraken, di China Mieville); a classici della letteratura intollerabilmente pallosi (la Coscienza di Zeno) o inaspettatamente coinvolgenti (la Fiera delle Vanità, di Thackeray); alla fantascienza, che sia filosofica (Chain of Chance, dell’immancabile Stanislaw Lem), western-cyberpunk-postapocalittica (Route 666, di Jack Yeovil) o semplicemente il caro vecchio Jack Vance. (Non sono sicuro che la frase precedente si sia chiusa in maniera sensata, ma è troppo lunga, per cui soprassediamo.)
In effetti c’è un che di estraniante, nell’abituarsi a letture di nicchia – anzi, più che di nicchia; dopo un po’ ci si sente come il proverbiale soldato giapponese nella giungla, e la sola idea di prendere in mano un libro di cui si parla sul sito di Repubblica ti fa venire il capogiro. Mi è capitato di dare un’occhiata ad «aNobii: il Tarlo della Lettura», libro dedicato al social network su cui tengo l’elenco delle mie letture. Il libro raccoglie le recensioni più votate dei libri più presenti. E mi sono sentito un marziano: Siddartha, la saga di Twilight, Harry Potter, Ammanniti, Moccia, Camilleri, cacciatori di aquiloni, uomini che odiano le donne, Paulo Coelho, perdìo, codici da Vinci, numeri primi, ricci eleganti, cani uccisi a mezzanotte: di questi cento più famosi la maggior parte non solo non l’ho letta, ma non la leggerei nemmeno per tutto il vin di riso della Cina (3). Al di là del giudizio sul libro in sè (su «aNobii», intendo), che come tutti gli instant-books che hanno a che fare con internet sembra messo insieme da gente che non ha la minima idea di cosa sta parlando (ma contiene parecchie chicche, e alcune recensioni sarebbero da scolpire sul marmo) – al di là di tutto questo, dicevo, mi sono trovato nella situazione paradossale di un appassionato di lettura che, agli occhi di altri appassionati, non ha letto una beata fava. «Ha letto Harry Potter e la Stufa di Ghisa?» «No.» «Il Ladro di Merendine?» «Nope» «Veronika decide di morire?» «Ehm…no.» «La casa degli spiriti?» «No.» «Novecento?» «Sì… cioè, no.» «Io non ho paura?» «Ho paura di no.» «E lei si ritiene un lettore accanito?» «Certo! Ho appena letto L’Aeroplano del Papa, Romanzo Profetico in Versi Liberi, di Marinetti, e pure l’Esame dei Versi Aurei di Pitagora, di Antoine Fabre d’Olivet, mica cazzi.» «Se ne vada, o chiamo le guardie.»
Capite il dilemma? Perchè non è una questione di snobismo, lungi da me sostenere che i libri che leggo io sono migliori di quelli che leggono gli altri; sono pienamente certo che tra i libri summenzionati ci sono autentici capolavori; è che ogni libro ti apre delle porte verso altri libri, e se non stai attento ti trovi chissà dove. A un certo punto ti rendi conto che, qualunque libro si prenda in considerazione, da qualche parte ce n’è uno che dice le stesse cose, forse meglio (a parte il Signore degli Anelli, ovviamente) o almeno più nelle tue corde, e che certe volte, a cercare, si trovano tesori inaspettati (anzi: è difficile trovare un libro dal quale non si possa imparare qualcosa – a meno che non parli di vampiri (4)). Leggere è come viaggiare, e dopo un po’ diventa più facile andare avanti che tornare indietro. Ogni tanto è necessario, certo, ma come per i trapper, che passavano undici mesi all’anno nelle foreste del Klondike e quando tornavano in città a fare provviste non vedevano l’ora di tornarsene sui monti. E quindi (5):
«Così Krishna, come quando ammoniva Arjuna sul campo di battaglia.
Non buon viaggio, ma avanti, viaggiatori.»
***
(1) Se qualcuno ha dubbi, ricordo sempre questa intervista.
(2) La mia citazione preferita da Tex.
(3) La Guida Galattica, per strano possa sembrare.
(4) Per dire, ho scoperto, leggendo i «Modi di dire milanesi», di E. Restelli, 1885, che la Compagnia della Teppa era una gang di giovinastri che scorrazzava per Milano ai tempi della dominazione austriaca. Portavano cappelli a cilindro color muschio, che in milanese si dice «teppa». Un giorno attirarono alcune dame a Villa Simonetta e le lasciarono «in balìa di nani avvinazzati», finchè la polizia non intervenne scatenando una rissa spaventosa. Da loro deriva il termine «teppista». E ora, qualcosa di completamente diverso.
(5) T.S. Eliot, i Quattro Quartetti. Ma quante ne sappiamo.
(6 (non fate domande)) Cogliamo l’occasione per ricordare ai nostri pregiatissimi lettori che le «Spigolature» si sono trasferite. Upupa! La Vita, l’Amore, le Piramidi è il nome della nostra pagina su Tumblr: ogni giorno citazioni, aforismi, immagini e minchiatelle sparse su cui meditare con indubbio profitto. A buon rendere.
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Le Pelose Peripezie di Kira e Cucciolo – ep. 23
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