“Il tuo sapere non è dunque più di un circolo che ti riconduce al punto di partenza. Generazioni intere furono falciate dall’ultima volta che c’incontrammo! Ecco: ora mi vedi di nuovo!” – “Ma io ti vedo senza timore! Benchè sotto i tuoi occhi migliaia siano periti, tu non sei il mio conquistatore, bensì il mio schiavo!”
Da quando l’amico Max (possa l’Onnipotente illuminare il suo cammino) mi regalò questo curioso romanzo ottocentesco, il mondo è molto cambiato: Internet e i cellulari erano fantascientifiche maraviglie, forse c’era ancora l’Unione Sovietica, George Lucas non aveva definitivamente affondato Guerre Stellari con la seconda trilogia e il peso degli anni e le cure della repubblica non avevano ancora inciso profonde rughe sui nostri volti (perdonate l’eccessivo lirismo, ma ci sta col romanzo in questione). Così, da quel giorno remoto, ho potuto leggermi Zanoni più d’una volta, e sempre con grande sollazzo, mentre l’amico Max, caro agli Olimpi, se n’è sempre ben guardato. In effetti, ad un esame superficiale, Zanoni sembra il classico feuilleton, un semplice, poco noto, romanzone gotico dalla trama arzigogolata e dal linguaggio barocco, sulla falsariga di altri capolavori quali il Monaco o il Castello di Otranto – cosa di per sè non deprecabile, visto che il genere a me piace moltissimo. L’autore, poi, Bulwer-Lytton, era un lord inglese amico di Dickens e di bizzarri occultisti di ogni genere, e ci ha lasciato, oltre a Gli Ultimi Giorni di Pompei, anche Vril, o il Potere della Razza Futura, un titolo che sa di fuffa lontano un miglio e quindi ci andiamo a nozze. Ma torniamo a Zanoni. Il sommo Poeta, Dante, scrive nel Convivio (madonna ma quanto siamo lanciati, oggi) che “le scritture… debbonsi sponere per quattro sensi“. Il primo è il senso letterale, “che non si stende più oltre che la lettera de le parole fittizie” – limitiamoci, dunque, a quello che leggiamo. Ovvero, per cominciare, la storia di Viola Pisani, cantante lirica nella Napoli di fine ‘700, e del suo folle amore per il gentiluomo Zanoni, affascinane straniero giunto da chissà dove. Chi è questo misterioso signor Zanoni? Nessuno sembra sapere con certezza da dove provenga; come Cagliostro o il conte di Saint German, conosce tutte le lingue, è incredibilmente ricco e, sembra, molto, molto più vecchio di quanto il suo aspetto lasci intendere. Ama la bella vita, questo è certo, e partecipa ad ogni festa, ricevimento o serata; anzi, sembra che ami circondarsi di gaudenti e sibariti, del peggio dell’alta società napoletana. Ma costoro, i suoi compagni di sollazzi, ne traggono un’insolita influenza: sono molti quelli che, conosciuto Zanoni, decidono di mettere un freno ai propri stravizi, come se la sua sola presenza li elevasse e purificasse. Altri invece muoiono in circostanze poco chiare. Potete ben capire come la povera Viola, cresciuta a pane e Vangelo, non sappia cosa pensare: è forse costui un mago, un fattucchiere in combutta col demonio? O semplicemente mena un po’ sfiga? Tutt’altro: Zanoni è un Rosacroce, un immortale mistico, un saggio caldeo (caldeo?) che, raggiunta la suprema sapienza ormai da secoli, vaga per il mondo aiutando il prossimo. I Rosacroce, si sa, essendo invisibili sono dappertutto: non così la pensava Bulwer-Lytton, e anzi, riduce l’ordine a soli due membri: Zanoni e il suo confratello, mentore e compagno, Mejnour, che dimostra la compassione e il calore di un signor Spock ante litteram. E fin qui. C’è poi un giovane pittore inglese, Clarence Glyndon, che vorrebbe sposare Viola, ma cosa direbbero i suoi amici e parenti in Inghilterra? Per non parlare del suo interesse alle pratiche esoteriche di Zanoni… cosa su cui i suddetti parenti avrebbero ancora più riserve; c’è un francese, Jean Nicot, rivoluzionario in pectore, tanto orrendo nell’aspetto quanto spregevole nei modi (e sappiamo già quale personaggio sarà oggetto delle sue turpi voglie); c’è il nobile Visconti, ultimo rampollo di una famiglia esperta di veleni e pugnalate tra le scapole; c’è la zingara Fillide, alla quale ben si addice quel detto – “Hell has no fury like a woman scorned“… Per farla breve, c’è chi vuole scoprire il segreto di Zanoni; c’è chi brama l’amore di Viola; c’è chi vuole l’una e l’altra cosa; e presto ci ritroviamo in mezzo a una sarabanda di duelli, avvelenamenti, rapimenti, fughe notturne, svenimenti, oscure profezie, fantasmi e apparizioni, come ci si aspetta da un romanzo gotico come si deve. La trama si snoda tra Napoli, la Grecia, l’Inghilterra e la Scozia (“…arrampicati dietro a me, lettore; monta sul mio ippogrifo, mettiti a tuo agio. Comprai la sella da un poeta che ama i suoi comodi…”), per poi finire nella Parigi della Rivoluzione – che l’autore ci presenta come una carneficina infernale; sangue che scorre a fiumi, decapitazioni, torture, inganni e tradimenti (“…e ora, begli spiriti, filosofi, uomini di Stato, patrioti, sognatori… contemplate il millennio per il quale tanto faceste e lavoraste!”); e i protagonisti, i vari Marat, Robespierre e così via, sono mostri uno peggio dell’altro, sia nell’animo che nell’aspetto… Bulwer-Lytton era un aristocratico, dopo tutto – e vede come personaggio principale, come personaggio che si evolve e “impara”, proprio il pittore Clarence; combattuto tra l’amore per Viola e il desiderio di eguagliare Zanoni, diventa discepolo del gelido Mejnour. Il quale lo accoglie nel suo castello, lo istruisce, e ben presto lo lascia con la fatidica frase: “io vado a fare un giro; tu fai il bravo, studia, ma soprattutto, non aprire questa porta per nessun motivo”. Sapete già cosa succede dopo. Diciamo soltanto, per non entrare troppo nei dettagli, che Clarence, all’inizio del romanzo, è un giovane dandy senz’arte nè parte; alla fine, ha i capelli bianchi e il volto di un marinaio che ha girato il mondo. E il Guardiano della Soglia, sia detto di passaggio, è uno dei personaggi più sinistri che abbia mai incontrato. Comunque, permettetemi di lasciare la trama per un attimo e di tornare al sommo poeta, il quale diceva, dopo il senso letterale, che esiste un altro metodo di interpretazione: quello allegorico, “che si nasconde sotto ‘l manto di queste favole, ed è una veritade ascosa sotto bella menzogna“. Già, perchè se ci facciamo caso, Viola è naturalmente l’immagine dell’Amore, e Zanoni è l’Arte, che eleva lo spirito e, talvolta, rende immortali (e questi due personaggi ci dicono che non esiste arte senza amore, nè, a ben vedere, amore senza arte – anzi, Giordano Bruno nel Sigillum Sigillorum, definiva Arte, Amore, Matematica e Magia i Quattro Principi Rettori – non chiedetemi rettori di cosa perchè di quel libro non ci ho capito una fava, ma mi sembrava una citazione tanto dotta quanto molesta); e Mejnour è, appunto, la Scienza, fredda e spietata; così come Nicot è l’Invidia, Fillide la Lussuria, e così via. Clarence è l’Uomo, siamo noi: sballottati da una parte all’altra, dobbiamo trovare la nostra via senza sapere come… e paghiamo cari i nostri errori. Ci restano, sempre secondo l’interpretazione dantesca, da esaminare il senso morale e quello anagogico, che “significa de le superne cose de l’etternal gloria” – ma per ora può bastare. Whew. Tutto questo ben di dio in un semplice feuilleton gotico? Dì la verità, Max, l’avresti mai detto?
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Bella recensione sul mio libro preferito.
Ti sei "scordato" il significato esoterico . . .
Zeit
Da visitare Knebworth park and castle vicinissimo a Stevenage dove abita il sottoscritto, dimora della famiglia
Bulwer-Lytton. Atmosfera magnetica.