Sulla Funzione Consolatoria del Giallo

jokscand01Ebbene sì, cari figliuoli. Anche quest’anno il Santo Natale è venuto e passato. Noi, invece, siam sempre qui, saldi come i Bastioni di Orione, a far la guardia a un barile come ben illustra l’immagine qui accanto, e a ragguagliarvi con dovizia di dettagli sulle nostre letture che di certo vi interesseranno dimolto. Come resistere, per esempio, al fascino de Il Natale di Poirot, della inossidabile Agata Crìsti, che per giunta il cognome ben s’adatta allo spirito & alla natura delle feste or ora trascorse? Oltretutto mi pareva cosa buona & giusta colmare una lacuna incresciosa, visto che arrivare alla mia età senza mai aver letto un Giallo Mondadori di cui peraltro ho la casa piena mi sembrava indelicato. Comunque, per farla breve. Avete presente i Casi dell’Ispettore Ford di Woody Allen? No? Peccato, perchè sono il paragone più calzante (1). Più che libri, i gialli classici, i whodunit, sono giochi di prestigio. L’autore attira la tua attenzione su dettagli che ti sembrano importanti, e intanto alle tue spalle porta avanti il suo piano diabolico (nel senso che arrivi alla fine, e non hai capito chi è l’assassino, oppure hai fatto le tue deduzioni ovviamente errate e ti sembra di sentire la sinistra vecchiaccia che se la ride) – come qui, per esempio: l’incredibile somiglianza tra due personaggi, che si rivelano strettissimi parenti, è sottolineata in media ogni venti righe: e tu fai le tue ipotesi, e intanto c’è un terzo personaggio che somiglia incredibilmente agli altri due, ma viene detto una sola volta più o meno così: cazzoperòmaquantovisomigliate. E poi più nessun accenno. E dunque arrivi alla fine, dove il detestabile Puarò ti mostra quanto è più intelligente di te e dell’assassino, descrivendo un piano così cervellotico che neanche gli Enigmi Polizieschi Illustrati della Settimana Enigmistica (tipo Il Nostro Amico Leo Indaga) arrivano a tanto, e ti chiedi: ma perchè? Perchè in realtà il giallo, almeno questo tipo, è una specie di Commedia dell’Arte, in cui la verosimiglianza conta assai poco: i personaggi sono maschere (a partire dall’investigatore): il ricco avvoltoio che poi schiatta e sotto sotto non ci dispiace affatto, il politico gradasso, l’artista fallito ma d’animo sensibile, la bellona arrivista, il segretario truffaldino, il maggiordomo inamovibile, e così via; le scene stereotipate, quasi rituali (l’immancabile riunione dove si svela il colpevole, le scene a due che servono a fornirci indizi), la conclusione inevitabile.
E’ un genere consolatorio, il giallo, a pensarci bene: soddisfa un bisogno assai comprensibile e diffuso, il bisogno di giustizia, ma ancora più profondamente, soddisfa il bisogno di sapere “come” e “perchè”, due domande che più fondamentali non si può – due domande a cui assai di rado possiamo dare risposte in tutta una vita, figuriamoci in cento pagine. Il mondo in cui si svolgono i gialli è un mondo comprensibile e soprattutto razionale: se leggeste un giallo in cui Puarò scopre che il ricco Simon Lee è stato ucciso col potere del VUDU’, cosa direste? Che minchiata. Esatto. Perchè invece se l’assassino uccide il vecchio, e lo ricopre di sangue di maiale e poi simula una rapina rovesciando i mobili (compreso il “greve tavolo” – la traduzione anni ’40 è spesso quantomeno curiosa) e poi lega suppellettili e gingilli vari a una corda che fa penzolare dalla finestra, e poi torna due ore dopo (mentre al piano di sotto non sentono un’ostia perchè stanno “sonando il grammofono”) e va in giardino e tira la corda e tutte i vari arnesi cadono a terra simulando il rumore di una colluttazione e togliendo il tappo a un palloncino collegato a una specie di fischietto che produce un rantolo d’agonia, beh, questo va bene. Nella vita reale lo avrebbero beccato in giardino a strattonare la corda (“Scusi, buon uomo, ma esattamente, checcazzo sta facendo nel mio giardino?”). Nella vita reale avrebbe sterminato tutti i presenti a colpi di kalashnikov e poi dato la colpa alle bande di slavi che rapinano le ville. Ma, come dicevo, non è una questione di verosimiglianza o di plausibilità. E’ un gioco di prestigio. Arrivi alla fine e dici “‘Azz- non ci sarei mai arrivato” (“perchè è una cazzata”, aggiungono alcuni, ma in silenzio).

***

(1) “Chi può volere lo zaffiro Bellini?” chiese il curatore del museo. “Non sanno che è maledetto?”
“Beh,” disse l’Ispettore Ford, “sarà un gioiello portasfortuna ma è di valore, e se lo volete indietro, andate alla salumeria Handleman e arrestate Leonard Handleman. Troverete lo zaffiro nella sua tasca.”
Come ha fatto a sapere l’Ispettore Ford chi era il ladro del gioiello?
Il giorno precedente, Leonard Handleman aveva detto: “Urca, che lavoro di merda mi tocca fare. Ma un giorno o l’altro…”
(Woody Allen, Citarsi Addosso, Bompiani 1989)


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