Sukiyaki Western Django è un film di Takashi Miike, regista assai prolifico, che già ci ha regalato perle come Ichi the Killer, Zebraman, e soprattutto Yattaman e quindi parte con parecchi punti di vantaggio. Oddìo, a dirla tutta questo Sukiyaki non entrerà certo nell’elenco degli immortali (come l’abate Prevost – ehm), sebbene non sia affatto un brutto film e anzi le nostre risate ce le siamo fatte (un western in cui c’è un duello colt-contro-katana non può essere brutto); è che dopo cinquant’anni di film in cui Due Bande Di Criminali Spadroneggiano In Un Remoto Paesino Di Minatori/Contadini/Peones/Ewoks Finchè Non Arriva Lo Straniero Senza Nome Ma Dal Grilletto Facile Che Pettina Tutti Quanti A Revolverate E Poi Se Ne Va Nel Tramonto, beh, insomma, ci siamo capiti. In realtà, la vera chicca del film sono i primi cinque minuti, in cui viene mostrata la sostanziale identità tra lo spaghetti western e il teatro tradizionale giapponese. Ecco dunque il laconico eroe Ringo (anche se nei fansub che abbiamo utilizzato era Piringo, che a pensarci bene è assai meglio. No, dico: Piringo), interpretato nientemeno che da Quentin Tarantino, scambiare perle di saggezza zen con un gruppo di tagliagole prima di impallinarli. E i malvagi si crollano al suolo gettando in aria polvere rossa a simulare il sangue, mentre sullo sfondo il monte Fuji, dipinto, assiste impassibile alla scena. Forse a voi non sembrerà, ma è così perfettamente ovvio che ci si chiede come mai non ci abbiano pensato prima (tipo, per dire, Gian Maria Volontè che dice: «Ehi gringo! Qual’è il suono di un uomo col fucile che incontra un uomo con la pistola?»).
Blind Man aka Il Pistolero Cieco (1971, di Ferdinando Baldi, con un tizio che somiglia in maniera impressionante a Jon Davies dei Korn e un altro tizio che vi diciamo dopo per non rovinare la sorpresa). Il titolo dice tutto. Un pistolero cieco (ma proprio cieco) affronta un lungo viaggio verso il Messico per recuperare una comitiva di cinquanta fanciulle, destinate a sposare cinquanta rudi minatori in un qualche villaggio del Texas. Ma il perfido Domingo le sottrae con l’inganno al nostro eroe (non che ci voglia molto: è cieco) e se le porta via. Seguono caccia spietata e carrettate di morti, inframmezzati da generosi scorci di anatomie femminili. Ora, il fatto che un cieco a cavallo riesca ad attraversare il Texas senza lasciarci le penne dovrebbe farci classificare il film come fantascienza (o fantasy, per dialoghi tipo: «Da che parte è il Messico?» «Come faccio a indicartelo?» «Mostralo al cavallo») – ma non stiamo a sottilizzare, anche perchè di eroi ciechi ma assai sgamati ce n’è in abbondanza: basti pensare a Zatoichi o all’inaggettivabile Furia Cieca con Rutger Hauer. Il nostro eroe, però (rigorosamente senza nome) non è proprio ai livelli di Devil: picchia negli spigoli, cade dalle scale, insomma, che diamine, è cieco. E quando deve sparare, non accoppa il nemico con un solo proiettile in mezzo agli occhi, come farebbe un qualunque Eroe Cieco Standard: no, svuota dodici caricatori più o meno in quella direzione e tanti saluti. Oppure ricorre alla dinamite. Il suo severo handicap non gli impedisce di rapire il fratello del cattivo e di scambiarlo con le cinquanta fanciulle di cui sopra: gli impedisce però di accorgersi che sono state sostituite da cinquanta matrone messicane con lo scialle e i baffoni. E così via. Fra l’altro, il fratello del cattivo, lo psicopatico Candy (?), è interpretato da Ringo Starr. Già, quel Ringo Starr, che con sombrero d’ordinanza e cartuccera a tracolla fa il bandito messicano e dice a uno dei suoi scagnozzi «Announce me, Pedro», neanche fossimo al Savoy. Il finale è da standing ovation. Ah, i bei filmoni di una volta.
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Je vu scriv en frasè paschè il fè plu bo.
RINGO in japones signifique MELA
Vu me demanderè – ecchecentr?-.
et tout da moi vu vulè savoir?
orevuar
ah ui…Je sui Catrine Deneuve