Visto che di recente si è parlato (ma che stiamo a fare i fighi, se ne è parlato nel post precedente), su queste pagine, di ideologie reali o immaginarie, casca a faggiuòlo questo librettino, giunto nella nostra sconfinata biblioteca come colomba dal disìo chiamata o qualcosa del genere, grazie ad Azzurra, anobiiana genovese, cui rivolgiamo un saluto affettuoso & un sentitissimo GRAZIE! E dunque: Sparta! Ora, quando uno dice Sparta, la prima cosa cui si pensa è «Sparta, l’avversaria storica di Atene, durante, boh, le guerre del Peloponneso-». Anzi no, la prima cosa cui si pensa è un energumeno barbuto ma perfettamente depilato che grida «This is Spartaaaaa!». E giù mazzate. Cosa fu Sparta ce lo dice la storia: un esperimento sociale, una società perennemente in guerra, un tentativo destinato al fallimento di isolarsi dal mondo. Si, ma poi? Poi Sparta è uscita dalla storia ed è entrata nel mito.
Gli Apophtegmata Laconica di Plutarco sono una raccolta assai succosa di detti, aforismi e pinzillacchere, appunto sugli spartani, in genere composti sulla falsariga di “ma quanto sono fighi gli Spartani” (il nostro preferito? «Vedendo uno che faceva una colletta per le divinità, uno spartano disse che non aveva nessuna stima per un dio che fosse più povero di lui.». Applausi.). Il mito di Sparta ha avuto vita lunga, ben prima di Frank Miller ne parlarono Napoleone, Bismarck, i nazisti e compagnia bella (oddìo, bella – forse sarebbe più adatta l’espressione «cani & porci»). Come dar loro torto? L’idea di una società di Uguali, valorosi e fieri, avvezzi a sopportare ogni privazione e soprattutto certi di esser sempre nel giusto – chi non sentirebbe il fascino di tale mito?
Lo dice bene la succosa introduzione di Dario Del Corno, di cui riportiamo un brano che sembra scritto apposta per i nostri tempi:
«Il governo dei “migliori” contro quello dei mestieranti della politica; un reciproco controllo delle funzioni che era garanzia di equilibrio, contro la cronica instabilità delle democrazie; la sovranità della legge, contro la passionalità dei collegi giudicanti. Soprattutto, Sparta rappresentava la nostalgia della sobrietà: tanto nello strenuo controllo dei consumi […], quanto nell’economia della parola. Altrove la comunicazione era pervasa da fiumi di incontrollata emotività che intorbidavano la vita collettiva, sostituivano ai concetti le opinioni e le passioni, impostavano scelte affidate alla retorica anzichè alla persuasione, sollecitavano perversi protagonisti. Ma gli Spartani amavano tacere e, quando parlavno le loro frasi erano scabre e rade, come oracoli: andavano al cuore delle cose, e come questo erano talvolta indecifrabili».
Poi, ovviamente, come in ogni mito, ognuno ci vede quel che vuole, ed evita accuratamente quello che meno si adatta alla propria visione del mondo (che spesso col mito in questione c’entra assai poco). Per dire: il guerriero spartano è l’emblema della marzialità maschia e tracotante? Sì, ma a Sparta l’omosessualità era tollerata e praticata – anzi, uomini e donne, pur sposati non potevano dormire assieme. Gli Spartani, popolo sobrio e sdegnoso di lussi e comodità? Va bene, ma a) non si lavavano, b) non si tagliavano nè barba nè capelli, c) avevano diritto a un solo abito. Sai che pacchia (e mi limito a citare di sfuggita il piatto tipico spartano, il sinistro Brodo Nero).
Noi abbiamo abbandonato da tempo l’idea che i fatti storici possano avere un’interpretazione univoca, e poco ci stupisce che Sparta venga vista da alcuni come un’utopia e da altri come un covo di mentecatti guerrafondai. Sparta è diventata un simbolo, e come ogni simbolo ha molti significati, spesso contraddittori (chiedete a un indù cosa rappresenta la svastica, vi dirà che è un simbolo di buon augurio; chiedetelo a Calderoli – ma anche no). E’ assai probabile che gli Spartani fossero, alla fin fine, soltanto dei tizi, che avevano cercato un modo decente per vivere in questa valle di lacrime, come han sempre fatto tutti sin dall’alba dei tempi – senza trovarlo, peraltro, perchè la società perfetta non esiste, nè può esistere – visto che è fatta di uomini e gli uomini, per primi, non sono perfetti.
Resta, piuttosto, il valore, per così dire, «personale» di una simile raccolta. Perchè questo è uno dei classici “libri da comodino”, da sfogliar di tanto in tanto quando lo sdegno per la rilassatezza dei costumi e per la decadenza dei nostri tempi barbari & incivili rischiano di sopraffarci; e perchè la propria interiorità è l’unico posto dove si possa tentare di tradurre in realtà un mito senza far disastri; e, in effetti, senza arrivare al Brodo Nero of Doom, da questi austeri signori c’è ancora molto da imparare.
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Gli Spartani difficilmente possono esser visti come simbolo di virilità come la si intende adesso, perché per loro l’omosessualità era la norma, al punto che la sodomia era definita dai comici ateniesi “farlo alla spartana.”
Era anche l’unica città dove le donne ricevevano una educazione e amministravano delle proprietà. Nonché vestivano come volevano e a quanto pare erano gaye tanto quanto i maschi. Insomma a Sparta erano un sacco avanti