Presentiamo all’attenzione dei lettori alcuni film cui siamo particolarmente affezionati; giusto per mettere le cose in chiaro, diciamo subito che non si tratta di capolavori del neorealismo o della nouvelle vague, nè di acute analisi di fenomeni quali l’abigeato o il lancio di sassi dal cavalcavia, nè tantomeno di sofferti apologi della condizione umana nell’epoca della globalizzazione. Si tratta invece di quel genere di film (ma di questa categoria fanno parte anche molti libri, dischi, fumetti e quant’altro) che, se menzionati ad esempio durante una serata in birreria, vengono accolti da sguardi vacui e interrogativi; e quando, assai di rado, il vs. interlocutore si illumina, e risponde, certo che l’ho visto, e parte un fuoco di sbarramento di risate, citazioni e controcitazioni, allora sapete di aver trovato uno spirito affine.
Motorama (Motorama, Barry Shills, 1991)
La trama è semplice: un bambino di undici anni, Gus, scappa di casa per completare una raccolta di carte collezionabili. E già qui partiamo bene, ma il bello viene dopo, perchè Motorama è una specie di allucinato road movie, un film surreale e nerissimo. Già, perchè il piccolo Gus, nella sua odissea, viene ricoperto di tatuaggi da una gang di motociclisti ubriachi, perde un occhio e verso la fine del film sfoggia una barba di tre giorni degna di Jena Plissken. E poi c’è una sequenza di tre secondi in cui si vedono dei tizi che sparano al Papa, e un finale metafisico kafkiano. Così, per non farci mancare nulla.
Flippaut (Get Crazy!, Allan Arkush, 1983)
Anche qui la trama è semplice: un concerto di capodanno organizzato per salvare un vecchio cinema di quartiere dalle mire di un gruppo di speculatori edilizi. Ma della trama, chissenefrega: questo film è una delle più perfette celebrazioni dell’estetica del sesso, droga & rock’n’roll, e siamo certi che se quelli del Moige ne vedessero dieci minuti si squaglierebbero come i nazisti all’apertura dell’Arca dell’Alleanza (similitudine, ne converrete, particolarmente azzeccata). E, anzi, il fatto che tra i protagonisti ci sia Malcolm McDowell ci fa immaginare scene tipo l’onorevole Giovanardi sottoposto alla Cura Ludovico con le scene più demenziali di questo demenziale musical (la cui tagline era: «Say goodbye to your brain!»). Ci piace ricordare, oltre a Capitan Nuvola, oltre a tutte le band che fanno tutte la stessa canzone, oltre a Lou Reed e a Robert Picardo, oltre allo squalo nel bagno degli uomini e alla scena del funerale del vecchio bluesman, il vero eroe di questa storia: Electric Larry, il Pusher di Salvataggio.
Il Mitico Viaggio (Bill & Ted’s Bogus Journey, Peter Hewitt, 1991)
Probabilmente il miglior film di Keanu Reeves, Il Mitico Viaggio è la storia di due metallari, non particolarmente svegli ma molto entusiasti, che viaggiano nel tempo con una cabina del telefono, vengono uccisi da due cloni-robot venuti dal futuro, finiscono prima all’Inferno, poi in Paradiso e poi in un sacco di altri posti e alla fine prendono la Morte come bassista nella loro band. Già. C’è George Carlin (se non sapete chi era George Carlin vi siete persi delle grandi cose), c’è William Sadler nel ruolo della Morte, c’è una colonna sonora spettacolare dai Kiss a Ritchie Kotzen ai Megadeth ai Primus a STEVE VAI, no, dico, ci sono degli utilizzi creativi della macchina del tempo che neanche il Dottor Who è mai riuscito a eguagliare, e se volete sapere qual’è davvero il senso della vita, c’è anche quello.
Quattro Delitti in Allegria (La Cité de la Peur, Alain Berbérian, 1984)
Durante la Festa del Cinema di Cannes, i proiezionisti di «Rosso è morto» vengono uccisi a colpi di falce e martello, proprio come nel film stesso. Cioè «Rosso è morto», che è un horror splatter su un serial killer (anzi, un serial killah) comunista, l’Atroce Yuri («La sua perversa ottica proletaria lo spinge a odiare i nostri modesti guadagni!» «Mio Dio, è atroce!»). L’ispettore Karamazov indaga. Già, Karamazov. Diretto dal Dostoevskij delle cazzate, questo film racchiude nei suoi 93 minuti una tale quantità di gag che a dirlo non ci si crede.
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