Omon Ra

Omon«Amici! Ricordiamoci sempre della storica frase che Vladimir Il’ič Lenin proferì nel 1918 in una lettera a Inessa Armand: “Di tutti i pianeti e corpi celesti”, scriveva Vladimir Il’ič, “il più importante per noi è la Luna”. Sono trascorsi molti anni da allora. Al mondo sono cambiate molte cose. Ma il giudizio di Lenin non ha perduto l’acume e la forza di principio che aveva all’epoca: il tempo ne ha confermato la fondatezza. E il fuoco di queste parole leniniane rischiara di una luce speciale l’odierna pagina del nostro calendario. In effetti, la Luna gioca un ruolo grandissimo nella vita degli esseri umani. L’eminente scienziato russo Georgij Ivanovič Gurdžiev, già all’epoca del periodo clandestino della sua attività, elaborò la teoria marxista della Luna. Secondo questa teoria la Terra aveva in tutto cinque Lune. La caduta di ciascuna Luna si accompagnò a rivolgimenti e catastrofi sociali: così la quarta Luna, caduta sul nostro pianeta nel 1904 e nota con il nome di meteorite di Tunguska, provocò la prima rivoluzione russa, cui ben presto seguì la seconda […]. La caduta della nostra attuale Luna, la luna numero cinque, ultima superstite, deve portare alla vittoria assoluta del comunismo in tutto il Sistema Solare. In questo corso studieremo due lavori fondamentali di Lenin dedicati alla Luna: La Luna e l’Insurrezione e I consigli di un alieno. Oggi cominceremo con l’analisi delle mistificazioni capitaliste sulla questione…»

L’epica vicenda del giovane Omon Krivomazov, disposto a ogni sacrificio pur di realizzare il suo sogno: portare il glorioso vessillo sovietico sulla Luna. Un romanzo grottesco, a tratti comico, a tratti crudele, da cui un regista come de la Iglesia potrebbe trarre un film orrendamente divertente.


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Vita di Milarepa

milarepa“Ai vostri occhi appaio troppo miserabile. Voi non sapete che al mondo non c’è nessuno più felice di me.”

Per chi pensasse che la storia del giovane maghetto alla scuola di magia fosse un’invenzione recente, eccone un esempio risalente al Tibet del 12° secolo. In realtà, se vogliamo essere pignoli, è solo in parte una storia di magia. E’ la storia di Milarepa, Mila Buona-Novella, che fu il più grande mago e poeta del Tibet – prima di abbandonare ogni cosa e diventare un eremita. Il giovane Mila è figlio di un uomo ricco e rispettato da tutti, Trofeo-di-Saggezza; vive in una grande casa con i genitori e la sorella. Ma quando il padre muore, tutto cambia: i perfidi parenti, con la scusa di amministrare i beni per conto della vedova e dei figli, li riducono in miseria. La madre di Mila, allora, convince il figlio a cercare un maestro che gli insegni la magia: per potersi assicurare un futuro migliore, certo, ma soprattutto per vendicarsi. E così il giovane Mila si dedica alla magia: il suo maestro, dal nome poco rassicurante di Vincitore-Irritato-che-insegna-il-Male, gli spiega come piegare i demoni e gli spiriti delle tempeste al suo volere; e, quando Mila pronuncia questi incantesimi, la sua vendetta si abbatte sul villaggio. Dozzine di demoni gli presentano le teste mozzate dei suoi parenti, mentre gli spiriti della grandine sterminano il bestiame e distruggono i raccolti. Ecco la vendetta che la madre di Mila tanto desiderava: ma ne valeva la pena? Il ragazzo scopre ben presto di non poter sopportare il rimorso: decide di farsi eremita. Inizia ora la vera avventura di Mila: alla scuola del collerico monaco Marpa, il Traduttore, Mila deve superare prove durissime e ogni sorta di umiliazioni, per apprendere “la disciplina terribile della meditazione”. E con la meditazione giunge la conoscenza; e con la conoscenza la liberazione dal fardello della colpa – e poi la felicità. Ora, al di là del folklore locale – la cultura tibetana è lontanissima dalla nostra, e molte usanze, modi di dire e di pensare ci possono sembrare a dir poco insoliti – al di là del tema fin troppo già sentito della vendetta contro i perfidi parenti, e dell’espozione a volte un po’ contorta delle dottrine buddiste, forse il tema principale di questa bellissima leggenda è proprio la ricerca della felicità. In questo si mostra tutta la sua distanza dal nostro mondo: Milarepa trova la felicità seduto in una grotta, vestito di stracci, coperto di piaghe e di parassiti. Come è possibile? Mah, forse, semplicemente, dopo un po’ gli è partito il cervello. O forse c’è davvero qualcosa dentro di noi, chiamatelo anima, chiamatelo assoluto, chiamatela la Forza, cui appigliarsi per dare un senso alla nostra vita – oh, beh, vedete un po’ voi, non voglio cadere nella retorica e nel volemose bbene new age che va tanto di moda adesso. Comunque sia, leggere questo libro è come quando finisce un temporale e le nuvole nere si diradano e lasciano vedere, oltre, il cielo azzurro e il sole. E il “canto dell’eremita a cavallo” udito il quale i predoni delle montagne diventano discepoli di Milarepa, lasciatemelo dire, è davvero una delle cose più belle che abbia mai letto. Peace and Love.


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Istruzioni per rendersi infelici

fuffademia071123-unhappy“Mi ami?”
“Certo.”
“Davvero?”
“Si, davvero.”
“Ma davvero DAVVERO?”
– seguono probabilmente delle grida selvagge.

L’infelicità sembra essere, al giorno d’oggi, una condizione alquanto diffusa. Se interrogate un qualsiasi gruppo di persone, noterete senza dubbio che gli infelici superano, e di molto, i felici. I motivi di tanta tristezza variano: c’è chi è infelice per l’ambiente, chi per il Medio Oriente, chi per il troppo lavoro, chi per il troppo poco, per la propria vita sentimentale o per l’assenza della stessa, per i criceti, gli UFO, i nani da giardino e potrei continuare per ore. Eppure, come per tutte le attività umane, anche nell’infelicità si può distinguere il dilettante dal professionista: e questo manualetto di Paul Watzlawick potrà permettervi di fare il grande salto dalla prima alla seconda categoria. Potrete scoprire e sfruttare al meglio tutti i contorti meccanismi che la nostra mente mette in atto per complicarci la vita: come ribaltare ogni situazione rendendola intollerabile, come ripetere gli stessi errori volta dopo volta dopo volta senza porvi il dubbio che ci sia qualcosa che non va, come trovare sempre una sfumatura di sospetto, critica o disprezzo in ogni parola che vi viene rivolta; per non parlare della nobile arte di costruire castelli in aria, castelli naturalmente pieni di sotterranei, celle buie e macchine di tortura. Diversamente da libri come “Diventare Dio in dieci mosse” o “Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita”, questo prezioso manualetto serve proprio a rendere la vostra vita una miserabile palude. Ok, qualcuno potrebbe dire che in realtà l’intenzione dell’autore, dietro il suo umorismo e la sua ironia, è proprio l’opposto, permetterci cioè di smascherare questi meccanismi, spesso inconsci, e riuscire finalmente a prendere la vita con un po’ più di leggerezza. Ma a che pro? La felicità, a quanto sembra, è un miraggio irraggiungibile, mentre le paturnie sono a portata di tutti. E quindi, che diamine, se dobbiamo essere infelici, tanto vale farlo con impegno, serietà e cognizione di causa.
“Chiedete a qualcuno di farvi un favore. Quando sta per farvelo, chiedetene un altro. Se vuole finire di farvi il primo favore, potete lamentarvi che ignori il secondo, e viceversa. Se si arrabbia, potete mostrarvi offesi e rinfacciargli il fatto che negli ultimi tempi è lunatico.” Che dire? Funziona!


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Kaprawoulf: CAP IX

s-kaprawoulfono un’uomo non sono un algonchino! (classificato terzo al concorso “Miglior Incipit per Capitolo IX al Concorso “Miglior incipit per il capitolo IX di letteratura algonchina””) era il titolo della canzone preferita di Erinnarinnirahannarica. Terza traccia dell’album “Sofficini Algonchini” dei Man O’Val (un gruppo di operai siderurgici svizzeri licenziati dalla Wolkswagen che si erano trasferiti a Zermelo sul Mare per timore di rappresaglie dal governo… ma non divaghiamo… o meglio non più del solito che un pochino di divagazione va bene e lo sapete anche voi… che magari poi chiamiamo Circe, la divagatrice di Posillipo, ma non ora, va bene?). Ebbene per ragioni legate alla censura, alla sicurezza dello Stato e al corretto modo di cucinare lo stufato di Papero il titolo di suddetta canzone era stato cambiato in Sono un uomo, non solo un algonchino. Solo 3 copie dell’album con la versione originale sopravvivevano (bè non è che sopravvivevano perchè non è che gli album possono sopravvivere dato che non vivono, tanto per cominciare, e forse dovremmo dire erano in giro, ma non è che gli album vadano in giro da soli, a meno che non abbiano le gambe ma finora nemmeno Prince ha pensato di fare un album con le gambe, no? Eh? Ah, lo ha fatto?). Erinnarinnirahannarica doveva averne una. Doveva! Mica le avrebbe fatto piacere. O avrebbe desidearto. O Frullato di mirtilli. No! Doveva! E perchè mai? E che ne so, io? Poi glielo chiedo, va bene? Posso andare avanti adesso? Grazie.
Ed era per questo motivo che cinque mesi prima, quel fatidico pomeriggio (quale chiederete voi? E io vi dirò “La smettete di fare domande e leggete un po’ buonini che se no me ne vado a casa e chiudo baracca e burattini (e qualcuno chiederà “Come si fa a chiudere i burattini?”) sigh…”) ella (Erinnarinnirahannarica) si trovava da Nashville in via Lazzaretto, a…
Tapinambour!
Già!
Pazzesco vero?
No, se ci pensi è già strano che un paese nella Terra Del Freddo Lontana e Inospitale abbia una via che si chiama Lazzaretto, se poi aggiungiamo che…vabbè.
Ad ogni modo Erinnarinnirahannarica era lì. Frugante tra i dischi incrociò lo sguardo di un uomo. Egli (l’uomo) sembrava turbato, ma non da lei, da qualcos’altro. Come se un ombra di minaccia aleggiasse minacciosa minacciando il suo capo e la sua persona (che poi sono sempre lui che era una persona e non un capo a meno che non si riferisse al suo capo, ma si era da poco licenziato e quindi il suo capo non era più il suo capo ma il capo di qualcun’altro). Lui le si avvicindò, l’accostatò e interloquì (sì, questo verbo esiste):
“Signorina, io ho un segreto.”
“Dove?”
“Eh?”
“Dove ha un segreto?”
“No, è una cosa che so solo io.”
“Solo lei sa dove ha un segreto?”
“No. Il segreto è una cosa che so solo io. E non sta da nessuna parte. Mi segue?”
“E’ fermo.”
“Sigh.”
“Signorina, mi deve aiutare, io potrei non arrivare a domani.”
“Oh, non si sforzi. Se aspetta con pazienza domani arriva senza che lei debba raggiungerlo. Io faccio sempre così.”
“Ma domani potrei essere morto.”
“E oggi chi è?”
“Oggi sono Gigiwoulf. In realtà sarebbe Luigiwoulf ma tutti mi chiamano Gigiwoulf. Piacere.”
“E ieri?”
“Eh?”
“Ieri chi era?”
“Sempre Gigiwoulf, perchè?”
“Quindi cambierà nome stasera?”
“No, io potrei morire stasera. O prima. O dopo. Comunque presto. Ci sono degli uomini che mi seguono.”
“Quelli là?” Chiese Erinnarinnirahannarica indicando due energumeni che stavano sulla porta.
“No. Cioè, sì. Anche quelli mi seguono ma quelli sono ausiliari della sosta. Sono innocui. Hanno giurato di non mollarmi finchè non pagherò la multa per divieto di abluzione che ho preso tre mesi fa. Intendevo altri uomini, diversi. Più forti, più veloci, più spietati, più… minacciosi!”
“WoW!”
“Ganzo, eh? Cioè, a parte la parte sulla morte incipiente, che preferirei evitare.”
“Tutti dobbiamo morire.”
“Sì, ma non stasera.”
“Vero.”
Intanto i tizi sulla porta lo aspettavano.
“No, se ci pensi, stiamo seguendo sto tizio da tre mesi per una multa di 15 Euri. E non è che ci pagano poi così tanto.”
“Ma sai che hai ragione? Io ho pure moglie e figli e non li vedo da… da.. da…”
“Tre mesi?”
“Già. E tu come fai a saperlo? Mi stavi forse seguendo?”
“Bè. Non te, ma tecnicamente se ci pensi è un po come se ci stessimo seguendo a vicenda.”
“Io non sto seguendo nessuno!”
“A parte quel tizio là.”
“Ok, a parte quello lì, ma questo non toglie che tu mi stai seguendo da tre mesi impedendomi di vedere mia moglie e i miei figli. Si può sapere cosa vuoi da me? Eh? Parla miserabile! Dimmi cosa vuoi! Io non ne posso più, rivoglio la mia vita bastardo! Non la farai franca maledetto. Mi hai rubato tre mesi di vita, e i miei figli e i primi passi di Gennarino, che vabbè ha quasi 18 anni ma tra poco camminerà, lo so. Come hai potuto! E io mi fidavo di te. E nemmeno ti conosco. E mia mamma diceva sempre di non fidarsi degli sconosciuti e aveva ragione. Ma avrò la mia vendetta! Oh! Sì! Uah! Uah! Uah! Sentirai ancora parlare di me!” E si dileguò tra via Panfilo Castaldi e Via Lazzaro Palazzi.
“Ehm, scusatelo. Lo stress. Le feste che si avvicinano, il mutuo. Ma in fondo è un bravo ragazzo. Abbiamo passato insieme tre mesi e… ma cosa sto dicendo? Io vado. Addio!” E anche lui se ne andò lentamente verso piazza Lima.
Gigiwoulf approfittò del trambusto per lasciare una lettera in mano a Erinnarinnirahannarica.
“Addio signorina. La apra quando sarà il momento.”
“Cosa?”
“La lettera.”
“Quale lettera?”
“Quella che… Ehi! Tu! Torna qui, ridammi la mia lettera…” Urlò Gigiwoulf a un omino basso basso con le manone che si stava allontanando.
“Ok, scusi.”
“Ma tu guarda che tempi.”
Gigiwoulf tornò da Erinnarinnirahannarica.
“Eccola. Mi raccomando…
Erinnarinnirahannarica guardò la lettera. Sul retro c’era scritto “Da aprire quando sarà il momento”.
“E quando sarà il momento?” chiese.
Ma Gigiwoulf si era dileguato nella nebbia… un negozio con la nebbia? Vabbè.


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L’Universo Zothique

fuffademia071118-zothique“… forse, a quei tempi, questa leggenda servirà a scacciare per un poco la nera noia di una razza morente, divenuta insensibile a tutto tranne che all’oblio. Io narrerò la vicenda come la narreranno gli uomini a Zothique, l’ultimo continente, sotto un sole fioco e un cielo triste, dove le stelle brillano con terribile splendore prima di sera.”

Vi fu un tempo ormai dimenticato, in cui era possibile scrivere dell’ottima fantasy senza doversi abbandonare ad elefantiache diciottologie di proporzioni bibliche. Forse per la mancanza di word processors; forse perchè il numero di lettori era più esiguo (davvero?) – sta di fatto che l’epoca d’oro di Weird Tales e di riviste simili ci ha regalato delle piccole perle di inventiva, stile ed atmosfera che reggono il confronto, dopo settant’anni, con i moderni “maestri” del genere. Ci ha regalato anche un sacco di fuffa, ok, e forse solo il tempo ci dirà fra settant’anni se Terry Brooks è davvero un genio; ma, in fondo, chi se ne frega. Il punto è che il bello della fantasy – per me, naturalmente – sta nella sua capacità di portarti “altrove”, di creare mondi, stati d’animo, “visioni”. Mentre la buona fantascienza elabora delle idee, e non necessariamente le ambienta chissà dove – anzi, se si pensa ad Asimov si può vedere come in fondo lo scenario sia secondario rispetto alla trama – la buona fantasy deve farti “sognare” – deve metterti a confronto con qualcosa di “diverso”. In fondo – sempre per me, naturalmente – la trama è secondaria, in un romanzo fantasy: se c’è il “sense of wonder”, l’inventiva, se quando chiudi il libro devi “tornare” al mondo reale – quella, per me, è buona fantasy. Per questo non sono necessarie pagine a migliaia, legioni di personaggi, gente che si mena a ogni piè sospinto: bastano poche pennellate, poche parole scelte bene, poche allusioni – e ti ritrovi nella terra lontanissima di Zothique. Zothique è l’ultimo continente, in un futuro così lontano che di noi non si conserva nemmeno il ricordo, tanto lontano che il Sole è ormai morente e la magia è risorta. In questo scenario Clark Ashton Smith ambienta i suoi racconti: qui troverete storie di necromanti, di spettri e di incantesimi. Un giovane pastore che scopre di essere la reincarnazione di un antico re; due perfidi stregoni che ripopolano di fantasmi un regno cancellato dalla peste; l’osceno Giardino di Re Adompha, in cui brandelli umani crescono dalla terra come piante; due baldi guerrieri che contendono ad un perfido mago l’amore di una fanciulla – e così via e così via. Con una prosa barocca ed evocativa, con un continuo susseguirsi di immagini fantastiche e grottesche – dove l’amore e la morte vanno sempre in coppia, e la gloria dei re si accompagna sempre alla nostalgia per un passato ancora più glorioso – è un banchetto sontuoso e bizzarro, quello che ci prepara il signor Smith: piatti esotici e speziatissimi, dietro il cui sapore insolito si coglie sempre il dolciastro sentore della decomposizione.


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Pluto J. Chattanooga, l’Eroe dell’Ultraspazio!

Una storia affascinante e ricca di colpi di scena, scritta per Nuvole Eletttriche Circus, edito da Shockdom e presentato a Lucca Comics 2006. Riuscirà il prode astronauta Pluto J. Chattanooga a salvare l’universo intero dai malvagi piani dello spietato Generale Otto Teste? Oppure il tradimento del fido Tonno sarà un colpo troppo grande per permettergli di continuare a combattere per il Bene? E che fine ha fatto l’apino diesel della leggiadra Santuzza?

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I Rinogradi di Harald Stümpke e la Zoologia Fantastica

snouterNel 1941 lo svedese Einar Petterson-Skämtkvist scopre l’esistenza di un piccolo paradiso terrestre: l’arcipelago di Aiaiai. Isolato dal resto del mondo, questo piccolo agglomerato di isolette si rivela un’autentica miniera d’oro per naturalisti, biologi e zoologi di ogni nazione: qui prospera, infatti, un ordine di Mammiferi finora sconosciuto – quello dei Rinogradi. I Rinogradi, come il nome lascia intendere, sono caratterizzati dall’enorme sviluppo del naso, un po’ come la proboscide degli elefanti, ma con molte più variazioni. Vi sono Rinogradi il cui naso è come una molla, che permette loro di spostarsi a grandi balzi; altri hanno nasi tentacolati e prensili, come il terribile Tyrannonasus Imperator; ma ci sono anche Rinogradi semi-parassiti il cui corpo è atrofizzato, lasciando solo un enorme naso galleggiante sulla superficie delle paludi; o Rinogradi musicisti dagli enormi nasi a flauto, e così via, in un delirio zoologico che avrebbe fatto impazzire Darwin. Scienziati e studiosi giungono a frotte, fondano istituti e basi di osservazione: questa è una scoperta scientifica senza eguali. Purtroppo, però, nel 1957, un errore nell’esecuzione di un test nucleare causa un disastroso maremoto che cancella dalla faccia della terra l’arcipelago di Aiaiai, i Rinogradi e tutta la comunità rinogradologica mondiale, ivi riunita per un congresso. Si salva solo un manoscritto, opera di Harald Stümpke, che qui si ripropone. Fortunatamente, però, nessuno si è fatto veramente male, in questa catastrofe nucleare: si, perchè il felice arcipelago, i Rinogradi e tutti gli scienziati menzionati non esistono. Si tratta di un elaborato scherzo, di un esercizio di fantasia, un po’ sulla falsariga del “Proprietà Endocroniche della Tiotimolina Resublimata” di Isaac Asimov o di “Vuoto Assoluto” di Stanislaw Lem. Il testo, infatti, ha la perfetta forma e il linguaggio tipico di uno studio scientifico, con tabelle, nomi latini, illustazioni anatomiche e comparative – solamente, di animali inesistenti. Una piccola imperfezione che non guasta comunque la lettura – e chissà che un giorno l’ingegneria genetica non ci dia dei piccoli Rinogradi saltellanti per tenere compagnia al nostro cane o al nostro gatto. Il volume è completato da un gruppetto di scritti di autori italiani, Stefano Benni, Giorgio Celli ed altri, sull’aspetto fantastico della zoologia: dagli animali immaginari dei bestiari medievali, a una sottile ma fondamentale differenza, che molti scienziati dovrebbero sforzarsi di comprendere: quella tra serietà e seriosità.


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