Il Calendario di Frate Cazzaro – Maggio 2008

0805mese Frate Cazzaro Malcelato Lestofante
allora il tenente Rapanello Sottomilza intuì che il malloppo era nascosto nell’intestino di Buru, l’orso biondo ammaestrato. Solo una persona era vicina a Buru abbastanza da poter nascondere il malloppo, ma in sede di processo non fu mai possibile provarne la colpevolezza. Ed è per questo che ancora oggi impagliare le rane è considerato un gesto di cattivo gusto.
0805calendario Il numero della cabala (morrtale):
103049
chi lo fissa ininterrottamente per 40 giorni a partire dal plenilunio…
muore!
forse anche senza il plenilunio… e forse anche altri numeri… c’è chi sostiene che è la cosa dei 40 giorni a essere mortale… ma noi non ci crediamo… no no!

Al raduno internazionale delle blatte
tenutosi all’università di Blattinga nel 1864 erano presenti quasi tutti. Nell’auditorium 42, da PAZ a ROZ si trovavano allo stesso tempo:
la blatta pedante
la blatta paziente
la blatta quadrante
la blatta planante
la blatta roboante
e una sola domanda correva sulla bocca (chela, chitina… quel che è) di tutte:
DOVE SARA’ LA BLATTA PARLANTE?
TA-DAM! Mistero. Ecco.

Le Babbucce di Zinco
Romanzo in 2648 capitoli di 11 parole ciascuna
– cap. 14 –

Nella confusione che seguì, nessuno si accorse del pernicioso furto. Quale furto?

Quando il pericolo sembrava superato…
Alcuni lo hanno pensato, pochi lo hanno detto e nessuno l’ha capito. Cosa è successo che ha permesso il ritorno delle
TVRBE RACCOGLITICCE
Si insinuano negli interstizi, annidano negli anfratti, collimano nei collegi, allegano negli alberghi.
E’ possibile convivere con le turbe raccogliticce? Scopritelo su Cazzate Channel

 

0805semina

Il Santo del mese.

 

Santo Subito! Basta perdere tempo in inutili miracoli e cazzate altruistiche! Seguite anche voi il fulgido esempio di Santo Subito, che grazie a un allenamento ferreo e al suo magico copricato di ghisa dorata è assunto agli onori della santità un normale mercoledì mattina, mentre stava aspettando il tram, ancora perfettamente in vita e in buona salute! Grazie al Santo Subito la santità non è più riservata a poveracci morti tra atroci sofferenze, masochisti che hanno condotto vite di stenti e privazioni, ma è aperta anche a persone perfettamente equilibrate, con una vita sana e felice!

0805santo Ordini dall’alto

 

Avverrà in quel giorno: il Signore darà un fischio alle mosche che sono all’estremità dei canali di Egitto e alle api che si trovano in Assiria. Esse verranno e si poseranno tutte nelle valli ricche di burroni, nelle fessure delle rocce, se ogni cespuglio e su ogni pascolo. In quel giorno il Signore raderà, con un rasoio preso in affitto oltre il fiume, cioè il re assiro, il capo e il pelo del corpo, anche la barba toglierà via.

Isaia 7, 18


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Manifesto (o Manifestino) della mancanza di rispetto verso la Chiesa Cattolica

L’evoluzione dell’uomo ha permesso alcune fondamentali acquisizioni: il principio di non contraddizione, la penicillina, la democrazia, il rispetto per il pensiero altrui. Questo rispetto viene giustamente esteso a tutto ciò che non è puro pensiero ma anche credenza, spiritualità e ciò che questi concetti di sfuggente definizione producono in campo etico: riti religiosi, manifestazioni devozionali, etc. Bene: oggi, anno 2008 dell’era post-tecnologica e informatica, a più di due secoli dall’Illuminismo ed a quasi un secolo dalla teoria della relatività, la Chiesa Cattolica continua le sue incursioni contro la razionalità, l’evoluzionismo, la ricerca scientifica, la medicina curativa e palliativa e molti altri baluardi della nostra debole maturità umana. Per contro, la Chiesa Cattolica, propugna con vigore e in modo invadente il suo modello di civiltà: l’obbedienza acritica verso una dottrina ed una tradizione forgiata a suon di concilî rissosi, papi sanguinarî e persecuzioni inquisitorie, l’ingerenza nell’etica individuale e sociale, la pressione costante sui governi – segnatamente quello italiano ma in principio quelli di tutto il mondo – affinché modellino le proprie leggi sulla base dei dettami cattolici, la condanna di ogni etica diversa da quella cattolica e la pretesa di fungere da unico paradigma di comportamento non soltanto per gli adepti di quella sètta ma per tutti gli esseri del mondo.

A complemento di questa protervia dottrinale vi è una pratica religiosa troglodita e barbara fatta di riti necrofili e pacchiani, come l’ostensione del cadavere di Francesco Forgione, l’agitazione di ampolle contenenti il falso sangue di un morto, il cencio dipinto in epoca medievale con la pessima riproduzione dell’impronta di Gesù, le lacrimazioni di statue di gesso, riti che sarebbero del tutto risibili se non fossero accompagnati dalla frode (la maschera di silicone sul volto del cappuccino, il falso storico-chimico della sindone e del sangue liquefatto, etc) e deliberatamente vòlti al profitto economico, oltreché al plagio ed alla soggezione degli ignoranti.

L’universalità dei mezzi di comunicazione e la forza che la Chiesa Cattolica esercita su di essi rende la moltiplicazione di quesri riti, divieti, sentenze e prescrizioni del tutto assillante ed invadente nei confronti di quell’enorme parte della civiltà umana che non vi crede. Questo è il punto: la Chiesa Cattolica ed i suoi adepti difendono questa congerie di riti e superstizioni appellandosi al rispetto che si deve verso la religione e verso la sensibilità religiosa dei credenti. Di fatto questo limite è infinito, non potendosi sondare quale sia il punto oltre cui la «sensibilità religiosa» di una certa persona si ritenga urtata. La civiltà dell’Illuminismo, del libero pensiero e della democrazia ha portato a maturare il rispetto verso le idee e le idee religiose dei singoli, estendendo il principio della difesa della libertà di pensiero anche a coloro che per secoli hanno fatto del settarismo e della persecuzione il principale mezzo di propaganda della loro dottrina.

Oggi il libero pensiero, la libera ricerca scientifica, la libertà di scelta morale dei singoli è costantemente ostacolata, criticata e negata dalla chiesa Cattolica con l’opera di capillare propaganda portata avanti dal suo capo. Di fronte ai continui attacchi verso i principî che ci hanno permesso di uscire dalla barbarie dei secoli passati e dalla soggezione di una dottrina opprimente e involutiva, è necessario che gli uomini razionali difendano il loro patrimonio di cultura e di evoluzione, così come è necessario alla fragile democrazia difendersi dalle insidie del sempre rinascente totalitarismo. È per questo urgente motivo che, d’ora in avanti, non porteremo più rispetto verso la «sensibilità religiosa» di chi ci propone sfacciatamente l’adorazione di cadaveri o parti di essi, di chi propugna l’accanimento terapeutico sui decerebrati, di chi condanna l’uso della pillola del giorno dopo, di chi si oppone all’uso dell’aborto anche per fini terapeutici, di chi promuove la continuazione del dolore come mezzo di dominio sulle coscienze, di chi sentenzia giornalmente sopra a materie di normale amministrazione socio-politica e privata come le unioni civili, le pratiche sessuali, etc. Non gli porteremo alcun rispetto, perché il loro pensiero costituisce un danno ed una involuzione per la società.

Perdipiù, il principio di rispetto verso le idee e convinzioni altrui dev’essere reciproco: non si capisce perché la Chiesa Cattolica debba giornalmente infrangere questo principio offendendo la sensibilità e la razionalità di tutti coloro che non si riconoscono parte di essa, proponendo loro argomenti, dettami e comportamenti che offendono la logica e la ragione. Gli uomini razionali, eticamente maturi e pacifici hanno dunque tutto il diritto di risentirsi e considerarsi offesi di fronte a queste continue incursioni. È per questo principio che, al puro scopo di autodifesa, sospendiamo ogni forma di rispetto verso la Chiesa Cattolica, avendo come unico limite quello delineato del codice civile e penale. Tutti i riti, le affermazioni e le azioni della Chiesa Cattolica che risulteranno contrarie alla logica, alla ragione, al buon gusto e ad un’etica laica matura ed evoluta, saranno pertanto fatto oggetto di scherno, riso e mancanza di rispetto. Sarà dunque lecito al laico ed all’uomo razionale non solo criticare, ma anche prendere a pernacchie l’apparizione di un santo fra le macchie di una padella o quei miracoli dove si ringrazia perché non sono morti proprio tutti. Ciò che offende la ragione non sarà più rispettato.

Concetti come «fede», »sensibilità» e «spiritualità» non potranno più costituire una copertura ed una patente d’impunità per tutto ciò che di illogico, ripugnante, antistorico, antiscientifico e laicamente immorale propugna la Chiesa Cattolica.

Federico M. Sardelli

(dal sito Donzauker.it)


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La Decrescita Felice


Premessa Doverosa: non essendo né politici né economisti (né economi, se è per questo) non possiamo affermare di comprendere a fondo i contorti meccanismi su cui si fonda l’economia mondiale; per cui quello che segue è ovviamente passibile di, come dire… non ci vengono le parole. Insomma, se invece salta fuori che questo libro dice cazzate e viviamo nel migliore dei mondi possibili, fatecelo sapere. Appurato ciò: La Decrescita Felice parte dal concetto di Prodotto Interno Lordo – il famigerato PIL. Cos’è il PIL? Rimandiamo a Wikipedia per una definizione più specifica: diciamo che più o meno dipende dalla quantità di merci scambiate in cambio di denaro in un certo periodo. Il pil è un indice della prosperità di uno stato: se aumenta, bene; se rimane costante o, dio non voglia, addirittura decresce allora sono guai e c’è la recessione. Ora, questo sistema, per quanto semplice ed elegante, si presta ad alcune critiche, la prima delle quali segue alla domanda: in che modo si può aumentare il pil? Perchè, fateci caso: se io compro una macchina che mi dura trent’anni, bene, ma il pil non fa salti di gioia. Se dopo tre mesi la sfascio contro un palo, e ne devo comprare un’altra, il pil aumenta. Se rimango con la suddetta macchina in coda per ore sulla tangenziale sprecando benzina per niente, il pil aumenta, perchè la suddetta benzina l’ho comunque pagata. Il miglior modo di aumentare il pil è lo spreco. I boschi non fanno aumentare il pil. Gli incendi nei boschi si, perchè per spegnerli occorrono macchine, risorse, personale e – in ultima analisi – soldi. Le guerre fanno aumentare il pil, la pace no. Le malattie fanno aumentare il pil, la salute no. Lasciare i bambini al nido o i nonni al ricovero fa aumentare il pil, accudirli a casa no. C’è qualcosa di malsano, in tutto questo; soprattutto per il fatto che a questo punto è difficile per noi, cresciuti a pane e minchiate, non farci prendere dalle paranoie e cominciare a vedere oscuri complotti degli ufo, degli Illuminati di Baviera o del Grande Cthulhu volti a trasformarci tutti da cittadini consapevoli e responsabili a passivi consumatori. Fra parentesi, una riflessione mutuata da un altro libro, Ipotesi sulla Guarigione: avete mai fatto caso a quanto sia sinistra la parola consumatori? Provate a pensare: “”noi siamo i Consumatori”. Non è una roba da piaghe d’Egitto, da invasione di locuste, da Quattro Cavalieri dell’Apocalisse? Eh? Vabbè, ma non divaghiamo. Anche perchè La Decrescita Felice non è né un libro di fantapolitica, né di complotti esoterici e cose strane: anzi, è un libro molto molto pratico, concreto, terra-terra. Che ci dice, in sostanza, questo: per favorire l’economia, dobbiamo comprare il più possibile; anzi, dobbiamo comprare tutto. E in effetti, dobbiamo proprio, perchè da una parte non abbiamo il tempo materiale, e dall’altra non abbiamo più nessuna capacità di provvedere a noi stessi se non comprando quello che ci serve. Quanti dei nostri nonni o bisnonni abitavano in case costruite da loro stessi? Oppure, quanti si facevano i mobili di casa, o il pane o la passata di pomodoro, o un maglione all’uncinetto? È una riflessione molto triste, e probabilmente è la chiave di tutto il discorso: non siamo più capaci di far nulla. Ok, sappiamo installare Windows, ma a parte questo? Il punto, secondo l’autore, è proprio questo: la necessità, prima di tutto morale, di riappropriarsi di quelle conoscenze che permettevano alle generazioni passate di vivere in un sistema economico non esclusivamente basato sul denaro, ma sull’autoproduzione, sullo scambio e sulla solidarietà. Perchè se hai un orticello e coltivi pomodori, quelli che puoi li mangi, con quelli che avanzano che ci fai? Li butti o li regali al vicino? Ma se li produci per venderli, quelli che non puoi vendere li lasci a marcire. Senza contare che devi produrne in grande quantità, e giù diserbanti e fertilizzanti (tra l’altro: c’è un’inchiesta di Report proprio sull’argomento, guardatela e poi diteci se secondo voi un sistema del genere ha senso). Ma c’è un profondo aspetto etico, nel provvedere a sé stessi in questo modo: perchè è naturale, automatico, ovvio, in questo modo, evitare lo spreco, rispettare l’ambiente, essere insomma più responsabili, indipendenti, maturi. È un libretto, questo, che con pochi tratti e poche riflessioni, ci mostra la possibilità di vivere in un modo totalmente diverso dal nostro, così lontano, anzi, da parere impossibile: uno stile di vita magari più semplice, magari più spartano, ma di certo più “naturale”, più “umano”, dove i rapporti interpersonali hanno un peso ben maggiore, così come un contatto più profondo con l’ambiente, con gli animali, con noi stessi. Poi naturalmente, a metterlo in pratica non ci pensiamo neanche, ma questo è un altro discorso.


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Cyberiade

Inferocita, la Bestia contorceva i suoi integrali doppi e tripli per rintuzzare i polinomi con cui il re cercava di colpirla, scivolava in una serie infinita di termini indeterminati, poi si risollevava elevandosi a potenza, ma il re la attaccava con una serie di derivazioni parziali e totali da azzerare tutti i suoi coefficienti (si veda il Lemma di Riemann), e nella confusione che ne seguì i costruttori persero completamente di vista il re e la bestia.”


Se ci fosse un premio per la Più Grande Saga di Fantascienza Ingiustamente Dimenticata, Cyberiade sarebbe senza dubbio uno dei possibili candidati. Va bene, non è una saga, e a ben vedere non è nemmeno fantascienza, ma ciò non toglie che questa “bibbia della meccanizzazione andata a male” – come dice la nota in quarta di copertina, non è ben chiaro a proposito di che cosa – meriterebbe ben maggiore considerazione. Lei e il suo autore, Stanislaw Lem, uno che se ci fosse un premio per il Più Grande Autore di Fantascienza – ehm… l’abbiamo già detto. Quindi passiamo oltre: per quale motivo, chiederete con buona ragione, questo smilzo volumetto non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni appassionato di fantascienza, di fantasy, di filosofia o di fuffa in generale? Immaginate un futuro lontanissimo, così lontano che l’umanità ha prima colonizzato l’universo, e poi è lentamente svanita, abbandonando il palcoscenico della storia e lasciando dietro di sé poco più che un nome e una leggenda. Gli uomini sono stati dimenticati, oppure sono considerati poco più che favole e miti, come gli elfi, i draghi e i fantasmi. Da chi? Dai discendenti dell’homo sapiens: i robot. Il mondo di Cyberiade è un mondo popolato di androidi, automi e supercomputer, che vivono come i loro progenitori: un mondo cyber-medievale, per la verità, con tanto di sovrani cibernetici, principesse elettriche, stregoni meccanici, cavalieri atomici, draghi quantistici e contadini arrugginiti. In questo mondo fanta-fiabesco si svolgono le avventure (anzi, le Sette Fatiche) di Trurl e Klapaucius, scienziati, filosofi e inventori (con Diploma di Onnipotenza Generale) capaci di spostare le stelle del cielo per comporre un annuncio pubblicitario, le cui trovate geniali nove volte su dieci si ritorcono contro di loro o i loro committenti. Il Pirata Laureato Pugg, per esempio, è avido non tanto d’oro quanto di conoscenza; i nostri eroi gli costruiscono un Demone di Seconda Classe capace di ricavare ogni sorta di informazioni veritiere dal semplice moto caotico delle molecole d’aria. Peccato che, per quanto veritiere, siano del tutto inutili: così il pirata si ritrova sepolto da montagne di carta su cui si possono leggere “i canti di bivacco dei Quaidish, la differenza tra uno strozzafagotto e un normale sgorgarozzoli, quali insulti il Papa Um di Pendora lanciò contro l’Antipapa Malum di Porchino, e come si suona l’autopettine ad otto note”. I due re Atrocitus e Ferocitus si fanno guerra da decenni? Ecco un sistema per unire in rete tutti i soldati, i condottieri e i generali, creando due super-eserciti senzienti intelligentissimi ed invincibili: così intelligenti, però, da capire che la guerra è inutile e andarsene mano nella mano sotto lo sguardo allibito dei due sovrani. Trurl costruisce una macchina capace di creare qualunque cosa inizi con la “n”? Klapaucius le chiede “il Nulla” – e la macchina inizia a distruggere l’Universo. Ed è meglio fermarsi qui, perchè se c’è un libro “da citazione”, è proprio questo. Cyberiade è un tripudio di invenzioni, di trovate una più geniale dell’altra, a partire dal linguaggio (grazie anche ad un’ottima traduzione), pieno di giochi di parole, rime e assonanze (“i Ferrolini: un popolo giocondo, fecondo e senza un pensiero al mondo; né guerre nelle loro terre, né leggi né borseggi, né veti né influssi maligni dei pianeti; nessuna preoccupazione seria, di materia o d’antimateria…”); un continuo fuoco d’artificio di avventure, di poesie e di leggende, di nomi incredibili (tipo il Primo Ministro Papagaster della Grande Famiglia dei Pentaperieli o Bonhommius l’Eremita Ermetico) e di paesi inverosimili… dietro i quali si scorge il talento di un genio come pochi, Stanislaw Lem, che è riuscito nell’impresa di mescolare il linguaggio senza tempo delle fiabe a quello della scienza più estrema, per farci riflettere sulle Grandi Domande: che cos’è l’Uomo? Che cos’è l’intelligenza? E il libero arbitrio? E il bene e il male, e la sofferenza? Forse tra qualche secolo Cyberiade sarà citato assieme a Gargantua e Pantagruel o i Viaggi di Gulliver; per adesso, dateci retta: se volete leggere qualcosa di straordinario, pirotecnico, geniale, sorprendente, affascinante, erudito, arguto, astuto, salace, sagace, insuperabile (come il tonno) – ehm… dicevamo? Ecco: Cyberiade.


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Non se ne viene fuori

Anche questa volta, dunque, l’anziano imbonitore ha vinto le elezioni. Non che ci si aspettasse un risultato diverso, per carità: la vera sorpresa, invece, è stata la sparizione dalla scena parlamentare di un fottìo di gruppi, gruppetti e gruppuscoli spesso non ben identificati – e della sinistra più sinistra, nella fattispecie “La Sinistra, l’Arcobaleno”. Ora, molti danno la colpa di ciò a Veltroni, a Beppegrillo che incitava a non votare, agli ufo, a Berlusconi che ci ha tutte le televisioni, a Licio Gelli, alla CIA e quant’altro. Ma non è che un pochino pochino di colpa ce l’hanno anche i vari Bertinotti, Pecoraroscanio (no, dico, Pecoraroscanio), Mussi, Caruso, Diliberto, Cento e tutto quel carrozzone di imbecilli, minchioni, incompetenti e mentecatti che hanno ridotto la Sinistra da forza in grado di scuotere il Paese a circo di periferia? Troppo occupati a discutere questioni di primaria importanza, come i diritti degli aborigeni del Guatemala, le vicende dell’orsetto Yurka, la levitazione e se ci va il trattino in centro-sinistra o se si scrive tuttattaccato, i nostri eroi non si sono accorti che la maggior parte degli elettori non li stava più a sentire. Il fatto che gli operai – che della sinistra sono quasi l’emblema – siano finiti a votar Lega… non dà da pensare? Ecco, vediamo per una volta il bicchiere mezzo pieno: per quanto sia inquietante la sparizione definitiva di tutte le forze che si richiamano alle tradizioni comunista e socialista (che, nel bene e nel male, hanno contribuito a costruire il paese in cui viviamo) – la prospettiva di non avere più Bertinotti in mezzo ai coglioni è comunque consolante. Ci serva di lezione.


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Il Cervello Onnipotente

Come ben sa chi mi conosce, posso resistere a tutto tranne che alle cazzate; così, vedere questo “Cervello Onnipotente”, Pietro Ondoli, 1955, su una bancherella di libri usati, leggere in quarta di copertina “una teoria di vicende drammatiche, destinate ad agganciare l’attenzione del lettore, fanno da intermezzo e contorno a un pensiero più profondo: l’impostazione di una risoluzione di tipo inedito atta a incrementare le possibilità della conoscenza umana con l’utilizzo di un cervello artificiale meccanico dotato di grandi facoltà pensanti” – qualunque cosa ciò voglia dire – portarmelo a casa e leggerlo è stato un tutt’uno (che bella frase, eh?). Si tratta di un romanzo particolarmente contorto, caotico e inconcludente, come se fosse stato scritto da due persone differenti ognuna all’insaputa dell’altra: un ibrido, per metà spy-story, non so se avete presente quei bei film di spionaggio italiani degli anni ’60, quelle cose tipo “vorremmo essere James Bond ma non ci abbiamo una lira” – ecco, una cosa del genere, e per metà fantascienza, fantascienza seria, dico, mica chiacchiere, con una solida base scientifica (quel genere di fantascienza, insomma, che cerca di dare risposte alle grandi questioni insolute della scienza, e cerca anche di porre nuove domande. In questo caso, la domanda chiave è “ma perchè?”). Il che rende particolarmente difficile descriverne la trama, perchè si perde continuamente, saltando da una città futuristica ai peggiori bar di Caracas, dalla Casa Bianca allo spazio siderale. A questo punto l’abile recensore (?) si trova di fronte a un dilemma: seguire la trama, specie quando è complessa (o semplicemente stupida) o dare un’idea generale? Anche perchè questo libro è una vera miniera di… non vorrei dire cazzate ma non trovo altri sinonimi. Perchè qui abbiamo un supercomputer, ma proprio super, il Cervello Onnipotente, una sfera pensante di un miglio di diametro che lo scienziato Marcus (niente cognome) ha costruito in un cratere vulcanico in Arizona, anzi, nell’Arizona, come si diceva negli anni ’50, utilizzando materiali bizzarri e sconosciuti, come il sironio, l’arton, e il micidiale meteor, metallo ultra pesante che conferisce alla sfera una massa pari a un terzo di quella della Terra (ma perchè?).Per giungere a tutto questo, Marcus ha costruito la splendida città di Saturnia, attorno al cratere: un paradiso terrestre dove tiene prigionieri scienziati e tecnici rapiti in ogni parte del mondo. In realtà non sono poi così scontenti, visto che Marcus li ha resi immortali con misteriosi procedimenti scientifici rivelati dal Cervello; e quindi vivono felici, praticano il libero ammore, volano nel cielo con veicoli chiamati fruss (giuro) e sono serviti e accuditi da negri in livrea (già) e animali parlanti (animali, dico, tipo scimmie, cani, cavalli, foche e rinoceronti – che parlano la loro lingua, della quale nessuno capisce un’ostia, beninteso. Ditemi voi…). I quali animali parlanti a un certo punto si ribellano, guidati dal possente gorilla Aton (non fate domande) – e mettono a ferro e fuoco la città: a nulla serve l’intervento di una coraggiosa fanciulla, la figlia di uno degli scienziati, la quale percorre le vie della città in fiamme su una jeep chiamando il possente Aton con un megafono, con le seguenti parole (cito testualmente): Aton! Uillà! Và! Ullallà! E non aggiungo altro. La coraggiosa fanciulla scompare poi dalla trama del romanzo e di lei più nulla sappiamo. Questa è una caratteristica che accomuna molti personaggi (ce n’è un esercito), in questa storia: arrivano, dicono due o tre cazzate e scompaiono. Peccato, perchè sono personaggi spesso coloriti e pittoreschi, come Arrigo, il Gobbo di Mendoza, spietato killer internazionale al soldo della CIA, che ci delizia per un intero capitolo arrampicandosi sugli alberi e poi se ne va. Perchè? Tutti questi agenti segreti vanno, vengono, si fanno i fatti loro, comprano isole nel Golfo Persico, si raccontano l’un l’altro le vicende di altri agenti segreti con nomi inverosimili tipo “la negra Morrison detta la Pupa”, o i diabolici Ciang-Fi e Koto-Mutai – e nessuno degna di attenzione il povero Marcus e il suo Cervello Onnipotente, che ha deciso nel frattempo di abbandonare la Terra per gettarsi nello spazio, verso un misterioso “cielo rosa aulente” dove, ci comunica, “i mondi corrono fantasticamente verso l’immane e impetuoso vortice che circonda la stabile e immutabile immensità dove il monopòlo impera!” – e in effetti, chi potrebbe dargli torto? Sta di fatto che mandare in orbita un coso così enorme potrebbe distruggere un quarto delle terre emerse del globo; e finalmente, a questo punto, la CIA decide di indagare e invia una coppia di agenti, Sergio Ostrowsky e Cecilia Robins, nella città di Saturnia. Lei si innamora di Marcus, e lui poi svanisce per andare a indagare su non so quali loschi piani del Giappone e ci rimane pure stecchito. Chi potrà fermare il Cervello Onnipotente? Nessuno. Nel penultimo capitolo, infatti, il sagace artefatto decolla. La Terra viene distrutta da cataclismi, alluvioni, terremoti, tsunami e piogge di lapilli e sparata fuori dell’orbita per perdersi nel cosmo. È un bel colpo di scena, eh? Muoiono tutti, il dottor Marcus, Cecilia, il gobbo Arrigo e tutti quanti. E il Cervello? C’è ancora un ultimo capitolo, nel quale l’autore, Pietro Ondoli, raggiunge delle vette di delirio lisergico veramente lodevoli. Il Cervello Onnipotente, per un trilione di anni, viaggia qua e là nel cosmo, incontrando ogni sorta di bizzarrie: pianeti cubici, energie sconosciute, flotte di astronavi ostili, “frotte isolate di mondi in trasformazione, con le superfici ricoperte da liquidi in cui galleggiavano masse animate, pullulanti ovunque in grande agitazione”; “stelle che nascevano occupando immensi spazi-tempo” – fino a giungere al Cielo Rosa di cui sopra, dove, ahinoi, “la intensissima spietata luce rosa implacabilmente disorganizzava ogni cosa”… e così “il Cervello Onnipotente, astro artificiale sapiente, ebbe la sua fine”.

No, dico, wow.


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