Lo Zar non è Morto: Grande Romanzo d’ Avventure


E visto che stiamo a parlar di romanzi collettivi, eccovene un altro, scritto nientemeno che nel ’31 e nientepopodimeno che dal Gruppo dei Dieci, a capo del quale c’era quel geniaccio di Filippo T. Marinetti: l’unica persona che poteva sottotitolare il proprio libro “Grande Romanzo di Avventure” e passarla liscia. Ora, se ci avessero detto che avremmo trovato così divertente un romanzo così smaccatamente fascista, chissà se ci avremmo creduto. E invece, questo Zar che non è morto è stata una piacevole sorpresa. Alla fin fine, infatti, sulla faccenda del “romanzo fascista”, basta mettersi d’accordo. Conosciamo gente che un libro del genere lo brucerebbe reggendolo con un paio di pinze, e gente che dice che il Signore degli Anelli, “si, è un bel libro, ma è un libro fascista”; il problema della collocazione politica dei libri è una faccenda spinosa e ingrata (a prescindere dal fatto che se prima di leggere un libro ci si deve documentare sulle idee politiche dell’autore, sulle sue idee religiose, i piatti preferiti e se gli è piaciuto Fantasmi da Marte, non si va più a casa) e spesso l’unico risultato è quello di ammazzare il piacere della lettura. Prendete per esempio Orson Scott Card: è mormone, e ha espresso opinioni abbastanza infuocate contro i matrimoni omosessuali e contro chiunque non faccia le sue cosine rigorosamente come è scritto nel Vecchio Testamento. Eppure ha scritto il Gioco di Ender; non solo: ha scritto i dialoghi di Monkey Island. Capite? A utilizzare come unica chiave di lettura quella politica rischiamo di perderci delle gran belle cose perchè secondo noi l’autore non merita, o al contrario ci tocca giustificare e incensare lavori mediocri perchè l’autore “è dei nostri”. E poi, alla fin fine ogni ideologia, ogni credo, ogni -ismo, quando viene idealizzato, è positivo: i guai cominciano quando lo si tenta di applicare al mondo reale. Così basta un po’ di immaginazione e di sospensione dell’incredulità: basta immaginare un mondo parallelo in cui i fascisti sono tutti belli bravi buoni e impavidi e i bolscevichi tutti brutti sporchi e cattivi e tutto fila liscio. In effetti, poi, questo romanzo è ambientato in un vero mondo alternativo, dove la Francia è una dittatura e la Cina una repubblica che non ha visto la Rivoluzione (e il cui presidente sogna di tornare all’Impero). E proprio in Cina viene trovato un misterioso vecchio che somiglia in maniera incredibile allo Zar, che tutti credevano perito nel massacro della Villa Ipatieff. Chi è questo Vecchio della Manciuria? Perchè non parla? Forse per gli orrori subiti per mano dei seguaci di Rasputin? È solo un vecchio rimbambito o è davvero lo Zar? Se così fosse, il malvagio regno dei Sovieti (sic) (fra parentesi, una cosa spettacolare di questo romanzo è che non c’è un nome straniero scritto due volte nello stesso modo: i Chinesi e i Cinesi, i Sovieti, i Sovietici e persino i Soviety; per non parlare della città di Ekaterinenburg – cosa che dà perfettamente l’idea dello spirito con cui è stato scritto questo romanzo: ecco Marinetti che dice “Bòn! Pronto il capitolo!” “Ma non controlliamo le bozze?” “Bozze? Ma chi se ne frega! Pubblichiamo!”), dicevamo il malvagio regno eccetera avrebbe le ore contate. Capite, quindi, come sia necessario proteggere il vecchio da ogni pericolo – compito che viene assegnato al granitico camerata Pier degli Orti e alla bella spia internazionale Oceania World (no, per dire: Oceania World – questo è puro futurismo). E così si dipana una storia tanto avvincente quanto inverosimile: un bel feuilleton come dio comanda, con un’infinità di duelli, risse, inseguimenti, sparatorie, complotti di perfidi cinesi, saluti romani, rivelazioni sconvolgenti, amori tormentati, segreti inconfessabili e un colpo di scena via l’altro (l’ultimo è praticamente nell’ultima riga dell’ultima pagina). Si vede lontano un miglio che i Dieci devono essersi divertiti un mondo, a scrivere questo Zar: senza troppe pretese di coerenza o di spessore artistico – e anche sul fine propagandistico di un’opera simile, ci permettiamo di avanzare qualche dubbio. Marinetti era, per dirla con le parole di Zaphod Beeblebrox, un gran corbacchione filone; ed è assai improbabile che non si sia mai accorto di quanto suonassero simili i discorsi dei suoi valorosi gerarchi e quelli dei suoi malvagi leader soviety (suona bene, soviety, non trovate? Molto swingin’ London: C’Mon! Join the Soviety Party!); o di quanto simili fossero i ritratti appesi dovunque, nelle caserme, nelle stazioni e nelle case, sia che avessero i baffoni o la zucca pelata: sempre di dittatori si trattava. Chissà: forse forse mi sbaglio, forse ho preso un abbaglio, ma ci par di vederlo, il Marinetti, che se la ride sotto i baffi.


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Voglio un silos per riporre i frutti del mio corpo…


Il signor Barker raccoglie e colleziona, con meticolosa precisione, dal lontano 1984, la lanugine che si forma naturalmente nel suo ombelico. Per questo è citato nel Guinness dei Primati. Che non sono scimmie antropomorfe, ma… oh, beh già sapete. Comunque sia, nel suo sito, il signor Barker spiega il perchè e il percome di questa sua passione, e ci mostra le sue altre collezioni in corso, ovvero i ritagli della sua barba. In un’altra pagina del sito, che si chiama FearGod.net (Timore di Dio.net) e raccoglie anche poesie e racconti e resoconti di escursioni alpine, il signor Barker ci spiega il suo rapporto con il Padreterno e ci illustra come il timore verso l’Onnipotente sia la chiave per capire tutta la sua opera. Non vi sembra di scorgere, in tutto questo, un imperscrutabile disegno?


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La Strategia dell’Ariete


Sarò onesto, ma questa “Strategia dell’Ariete” non mi ha molto convinto. Come romanzo, perlomeno; perchè infatti si tratta di qualcosa che è un romanzo ma non solo, e quindi il discorso non si limita a quello che si legge. O meglio, se ci si limita a quello che si legge, beh, la “Strategia dell’Ariete” è una mezza delusione. Più che mezza: tre quarti.
Innanzitutto la trama: devo dire che all’alba del terzo millennio la storia del mistero millenario che nasconde il segreto di un potere immenso cui danno la caccia sette segrete, nazisti esoterici e la CIA è un po’ vecchiotta, non dico tanto, ma è dai tempi dei Predatori dell’Arca Perduta che leggiamo storie di misteri millenarî che nascondono il segreto di un potere immenso cui danno la caccia sette segrete, nazisti esoterici e la CIA; forse si poteva trovare qualcosa di più originale, no? Anche se uno dice, “beh, è un clichè letterario, che c’è di male in un clichè letterario?” Nulla, dico io, se è supportato da uno stile accattivante, da buoni personaggi e da dialoghi frizzanti. Un clichè sfruttato bene è una gioia per gli occhi dello stanco lettore: un porto sicuro in cui riposar le sue meningi stremate dalle procelle del viver quotidiano. Ehm. Ma qui tutte queste cose non ci sono. I personaggi sono monodimensionali e fastidiosamente stereotipati: l’inglese alto e allampanato che dice “By Jove!”, l’americano chiassoso e tracotante, il tedesco aristocratico e amorale, il vecchio professore che ha passato la vita a dare la caccia a un mistero millenario che nasconde il segreto di un potere immenso cui danno la caccia sette segrete, nazisti esoterici e la CIA, la bella creola misteriosa che legge i tarocchi, il giapponese spietato e gelido ma di grande spiritualità, il cinese infido e imperscrutabile; insomma, fa molto pulp fiction degli anni ’30 (e per fortuna ci manca l’italiano coi baffi neri e il mandolino). E qui vale lo stesso discorso di prima: non c’è nulla di male in un clichè quando è sfruttato bene, e qui non lo è: questi personaggi, in mano, che so, a Lansdale avrebbero fatto furore, qui no (anche se lo ammetto: il maggiordomo Jarvis è un mito – come i due investigatori sfigati: personaggi però che compaiono solo per una o due pagine e via, cosa che lascia sì vedere che si tratta di un’opera collettiva, ma lascia anche un po’ di amaro in bocca: non si poteva invece far sparire, che so, l’inglese alto e allampanato eccetera? E soprattutto: a chi diamine è venuta l’idea di chiamare dottor Elegnem il folle cerusico egiziano che fa esperimenti sui bambini? No, dico: Elegnem? Mengele al contrario? Ma mi faccia la cortesia!). Per lo stile il discorso è forse più complesso: per alcuni è sciatto e limitato; per altri è invece scorrevole e sintetico; per me è uno stile funzionale alla trama, veloce e semplice ma stranamente “piatto”, con occasionali punte di originalità (tipo i mercenari che si allargano in formazione “come ali di manta”) che suonano sempre un po’ fuori luogo. Non so dire se sia, come stile, buono o cattivo; di certo non è il mio stile, anche perchè, così secco e sintetico, non aiuta a collocare la storia al suo posto: non si riesce, (almeno: io non riesco) a immaginare la prima metà del secolo in cui la storia è ambientata: i dialoghi sono da CSI, i commando sono da operazione Tempesta nel Deserto, e si sente la mancanza di un non so che, di un tocco di retrò che avrebbe reso la storia più solida e godibile. Insomma: il paragone che tutti si sentono portati a fare è con Q di Luther Blissett (poi Wu Ming): romanzo collettivo, ambientazione storica, cupo e tormentato, critica politica, pseudonimo orientaleggiante – ma è un paragone che regge poco; nel senso che Q è un gran bel romanzo, mentre la SdA è – beh, dipende: può essere un dignitoso esempio di fan-fiction, di quelle che si trovano a milioni in rete; oppure, per chi come me vede sempre il bicchiere mezzo pieno, un buon esempio, per quanto ancora da perfezionare, di quello che potrebbe essere un nuovo modo di intendere la letteratura di consumo: innanzitutto l’aspetto collettivo; poi l’utilizzo di forme alternative al copyright (che ci stanno sempre bene): e poi la presenza sul sito di Kai Zen di storie parallele, capitoli aggiuntivi, altri personaggi e ambientazioni, spiegazioni e background. In quest’ottica, la SdA diventa una specie di metaromanzo, più simile a un manuale di ambientazione di un gioco di ruolo, dove il lettore/giocatore è chiamato a collaborare e a inventare nuove storie o nuove spiegazioni. Questo è il vero punto di forza della SdA: così intesa è più di quello che si legge, e si potrebbe dire: per fortuna. Il prossimo lavoro di questi baldi giovini dovrebbe essere un romanzo collettivo rosa ambientato ai tempi del Risorgimento: attendiamo con ansia.


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Il Calendario di Frate Cazzaro – Ottobre 2008

0810mese Cazzateide
Musa, quel frate di multiforme ingegno
Dimmi, che molto errò, poich’ebbe a terra
Gittate d’Imola le sacre cazzate;
Che minchiate vide molte, e delle genti
L’indol conobbe forse; e sovr’il mar cazzaro
Molti dentro del cor sofferse affanni,
E i suoi compagni a ricondur alle cazzate:
Ricondur desïava i suoi compagni,
Compagni, ricondur, desiava ecco,
Ché delle colpe lor tutti periro.
Poveretti.
Stolti! Che osaro vïolare i sacri
buoi al dio delle cazzate e
Con empio dente irritâro il nume,
Che del ritorno il dì lor non addusse.
Deh! parte almen di sì ammirande cose
Narra anco a noi, di Giove figlia e diva.
Per favor che stasera in tv non c’è nulla.
0810calendario L’Assise dei Saltimbanchi
Convennero da ogni angolo del mondo conosciuto per eleggere il sovrano dei Saltimbanchi, che avrebbe guidato i prodi giocolieri, prestidigitatori e illusionisti verso la nuova alba dei Saltimbanchi. Purtroppo Re Barzabecco I si rivelò un poco di buono, egli era infatti un Brigante Maramaldo iscritto all’Ordine dei Truffaldini… e si sa come vanno queste cose.

La Blatta Parlante
viaggia indietro nel tempo di 10 minuti per dire a se stessa di non comprare un viaggio nel tempo di 10 minuti poichè non ne vale la pena. Purtroppo resta imbottigliata in un ingorgo temporale per 2 ore.

Le Babbucce di Zinco
Romanzo in 2648 capitoli di 11 parole ciascuna
– cap. 19 –

Solo l’intervento del Generale Inverno salvò la città inerme dalla rovina.

Un altro breve dialogo, questa volta sulla forza del silenzio come mezzo di persuasione:
Attilio: Zeppone non fare così.
Zeppone tace.
Attilio: E dai, Zeppone, non fare l’offeso.
Zeppone tace.
Attilio: Non era tanto forte dai. Ok, la metto via.
Zeppone tace.
Attilio ripone la roncola.
Attilio: Visto?
Zeppone estrae la pistola e gli spara.
Zeppone: Ecchecazzo.

In memoria della bouillabaisse
Giangiovanni, preparato, tosto esce.
io lo vidi al mercato, comprar pesce.
Gli andai appresso e gli chiesi che facesse
E sorpreso ei rispose: Bouillabesse!

 

0810semina

Il Santo del mese.

 

San Zufolone Abate: Noto fondatore dell’Ordine dei Fraticelli Caramellati del Sacro Malleolo Insanguinato di Nostro Signore del Terzo Piano, l’Abate Zufolone si guadagnò il titolo di Santo dopo il fortunoso ritrovamento, a Baltimora, delle reliquie di Nostro Signore Le Cavatappi, la cui festa venne istituita da papa Miguel XXI (detto El Merendero) il 21 di questo stesso mese. Che cosa si intenda esattamente con l’espressione “Nostro Signore le Cavatappi” lo ignoriamo, e di fatto è uno dei Misteri del Sacro Rosario Riformato, assieme ai Misteri Gaudiosi, a quelli Dispendiosi e ai misteri Sbrilluccicosi.

0810santo Ordini dall’alto

 

Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dall mia bocca. Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo.

Apocalisse di Giovanni 3, 15


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Musica per le Vs. Orecchie: Fratello Metallo!

Dice il Tao Te Ching che Yin e Yang contengono l’uno il germe dell’altro. Il culmine della pienezza manifesta il vuoto, il culmine dell’oscurità lascia spazio alla luce, e così via discorrendo. Questa antica saggezza è valida in molti campi, per esempio in politica o in guerra, dove le posizioni di un contendente portano talvolta alla vittoria dell’avversario, e questo spiega come mai a ogni dichiarazione di Veltroni un elettore del Pd si accartoccia e muore. Allo stesso modo Fratello Metallo, probabilmente, finirà per portare più adepti al culto della Nera Fiamma che non l’opera omnia di Burzum, dei Gorgoroth o di zio Crowley. E’ un po’ un peccato, perchè tanta grinta e convinzione – se mai vi capitasse di ascoltare qualche brano di “Misteri”, tipo “Amore Metallico” o “Venere”, ci darete ragione – sono degne di miglior causa, e invece finiranno solo per far incazzare vecchi lefebvriani incartapecoriti o fautori della messa in latino (e senza chitarre o inni ggiovani tipo “Signore aspettami che parcheggio la macchina e sono da te”, per citare il Sardelli). Eppure ci piacerebbe, a costo di suonare blasfemi, assistere ad una messa di questo tamarrissimo frate: già ci par di vedere un pirotecnico assolo al posto della predica, i fedeli che accorrono all’Eucarestia pogando come forsennati, e Frate Metallo che, al culmine dell’esaltazione, brucia l’ostia come Jimi Hendrix la sua Fender. Già.

***

Comunque, già che siamo qui, vi segnaliamo un paio di siti d’argomento musicale, certi che apprezzerete: Covertrek è un vasto database di cover, brani famosi rifatti da altri autori spesso meno famosi, e riserva molte sorprese; Akashaman’s Cosmos (!) raccoglie invece registrazioni di vecchi vinili, in gran parte psichedelici e progressive dei gloriosi anni ’70. Buon ascolto.


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