Haiku

Gli Haiku sono brevi componimenti poetici tipici della letteratura giapponese. Composti da tre versi, di cinque, sette e cinque sillabe, concentrano nella loro brevità sublimi scorci di natura o profonde verità interiori. Come questo:

Haiku


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«Spigolature»

  • Oceano (s.m.): La massa d’acqua che occupa circa i due terzi eusapiadel mondo destinato all’uomo, il quale peraltro non ha le branchie.
  • Pochi scienziati furono più di me increduli allo spiritismo. Per chi non lo sapesse, gli basti di consultare i miei “Pazzi ed Anomali” e i miei “Studi sull’Ipnotismo” ove giunsi quasi all’insulto contro gli spiritisti.
    Egli è che alcune osservazioni erano, e credo ancora sieno, prive d’ogni credibilità. Quella, per esempio, di far parlare ed agire i morti, sapendosi troppo bene che i morti, massime dopo qualche anno, non sono che un ammasso di sostanza inorganica. […] Ma l’aver veduto respinti dagli scienziati, dei fatti come la trasmissione del pensiero, la trasposizione dei sensi, che veramente erano rari, ma che certamente erano veri, e che io aveva constatato de visu, mi ha spinto a dubitare che il mio scetticismo pei fenomeni spiritici fosse della stessa specie di quello degli altri dotti pei fenomeni ipnotici.
  • Io sono un gufo e sto quassù: non son mai stufo di far cucù.
  • Ricordo che una volta fu invitato a tenere un discorso presso un’associazione di Oxford. Si presentò vestito da carota: un costume completo, arancione splendente, con un enorme ciuffo verde come cappello. Quando fu il suo turno di parlare si rifiutò di farlo. Rimase lì in piedi, zitto, per venti minuti, sorridendo beato. Fu l’unica volta, nella storia, in cui un uomo totalmente zitto riuscì a scatenare una sommossa.
  • E’ forse la natura un gatto gigante? Se sì, chi ne accarezza la schiena? Può soltanto essere Dio.
  • …in quegli anni si parlava moltissimo di automazioni, di produttività, di seconda rivoluzione industriale e di umane relazioni. Pareva che tutti i rapporti, produttivi e umani, dovessero cambiare, mentre poi hanno ricominciato – e forse non avevano mai smesso – a prendere gli operai, senza tante inutili storie, a calci nel culo.
  • Lontano, in basso, migliaia di operai marciavano in fila lungo la strada di pietra dell’Onnimessìa, sul suo percorso segnato da solchi scavati dai piedi di miliardi di supplicanti. Una dozzina di Titani incombevano sulla via, il loro potere e la loro maestà a ricordare agli abitanti – che non ne avevano affatto bisogno – qual’era il posto di ciascuno nella complessa equazione che era l’opera di Marte. Edifici monolitici sorgevano ai lati delle strade – fabbriche, templi-macchina, tecno-altari e reliquari – tutti dedicati all’adorazione e alla gloria dell’Onnimessìa. Vaste navi di preghiera oscuravano il cielo sopra il vulcano: enormi dirigibili d’oro che trasmettevano infinite litanie di codice-macchina binario da altoparlanti di bronzo. Goffi servo-teschi fluttuavano in coda alle navi, trascinando antiche pergamene di codice come un banco di minuscoli pesci. I fedeli, al di sotto confidavano che le loro preghiere potessero spingere la Macchina Divina a volgere lo sguardo su di loro e concedere la grazia. Per molti di costoro l’Onnimessìa era un essere reale, una figura dorata che aveva posato il piede sul suolo di Marte due secoli prima… il Falso Dio che aveva piegato, con le sue menzogne, il Clero Marziano al suo volere.
  • 2211: il numero di matricola dell’Ispettore Callaghan.
    Papafobia: la paura dei papi.
    Librocubicularista: una persona che legge a letto.
  • Padre Zingales si distinse per i suoi studi approfonditi contro lo scassinamento delle cassette delle elemosine, mettendo a punto diversi sistemi per la dissuasione dei malviventi; suo è il dispositivo ad alta tensione della cattedrale di Cadice, davanti alla cappellina di Sant’Espedito, che carbonizzò con una scarica da diecimila volt lo zingarello Sebastian Escobar, poi divenuto beato col nome di San Sebastiano della Scossa Forte; lo Zingales, nonostante gli innumerevoli successi e i riconoscimenti attribuitigli, ebbe a dichiarare alla rivista di teologia elettronica “El Trasformadòr Catòlico”: “… l’unica è aspettarli dietro una colonna e riempirli di legnate.”

Citazioni tratte da:

Ambrose Bierce, il Dizionario del Diavolo; C. Lombroso, I Fatti Spiritici e la loro Spiegazione Psichiatrica; W. Disney, Eta Beta e la Spia; J. Cleese, discorso per il funerale di G. Chapman. N. Tesla, citato in Strange Brains and Genius di C. Pickover; L. Bianciardi, la Vita Agra; G. MacNeil, Mechanicum; N. Botham, The Book of Useless Information; G. Marchetti, Utilissime Aggiunte al Borzacchini Universale.


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Kaprawoulf: CAP XVII

k-kaprawoulfaprawoulf guardò il pinguino diritto negli occhi, anche se si trovava a più di venti metri di distanza. Il pinguino sputò per terra come solo i pinguini killer sanno fare, ma non si mosse di un millimetro.
Bombetta e Sgabello scapparono via a nascondersi mentre Flaffenberg cercava di portare via Erinnarinnirahannarica dal pericolo.
“Ma che cosa vuoi? Bestione, lasciami! Perchè mi trascini via?”
“Da brava Ermannalarimachiarriva, vieni con me, per il tuo bene.”
“Erinnarinnirahannarica! Il mio nome è Erinnarinnirahannarica! Per la miseria.”
“Come vuoi tu, ma vieni via che l’amico Kaprawoulf stavolta ci rimette le penne.”
“Tecnicamente le penne le ha il pinguino.” pensò il platano che si era piantato a pochi metri di distanza e agiva con indifferenza come se fosse cresciuto lì e quegli eventi non lo riguardassero più di tanto.
Un cespuglio secco di quelli degli spaghetti western rotolò tra Kaprawoulf ed il pinguino. Una porta sbattè in una delle case deserte che si affacciavano sulla via. O forse era una finestra. Un venditore di gelati passò in lontananza facendo trillare il suo caratteristico campanellino. Un ombrellone fu portato via dal vento ai Bagni Mirella di Lignano Zabbiadoro, ma questa parte della storia ce la teniamo per lo spinoff “Le Scorribande di Manolo il nano gigante e la sua allegra ghenga di artisti mariuoli”.
Un piccione si posò sul platano che cercò di scrollarselo dal ramo senza dare troppo nell’occhio.
Frush. Il platano mosse i rami.
“Tut.” Il piccione non ne fu particolarmente impressionato.
I secondi passarono inosservati. I dessert invece vennero notati da Flaffenberg ed Erinnarinnirahannarica mentre cercavano di svignarsela dietro ai secondi.
Il pinguino, lesto come una salamandra, estrasse la fionda a fagioli e mirò allo sventurato Kaprawoulf. Il giovane Kaprawoulf, colto di sorpresa, scattò e si rifugiò dietro un tavolo in mogano che si trovava in mezzo alla strada per chissà quale ragione. I fagioli colpirono il tavolo a ripetizione.
TAT-TAT-TAT-TAT-TAT-TAT…
È il suono dei fagioli sparati sul mogano. Giusto per farci un’idea.
Il tavolo di mogano subiva i micidiali colpi dei fagioli riflettendo sulle sue sciagure.
“Ma pensa the che settimana. Prima la riunione dell’Associazione Frullatori di Manguste con la conseguente rissa sull’elezione del consiglio direttivo, poi la cena di gala per l’elezione di Madame Gufo a presidente dell’Accademia dei Lincei e ora questo. Bè, c’è stata la cena di gala in effetti. Se solo il dessert non fosse scappato prima che riuscissi a mangiarlo.”
TAT-TAT-TAT-TAT-TAT-TAT-TAT…
Lo stallo sarebbe potuto andare avanti ancora per ore, o giorni, o settimane.
TAT-TAT-TAT-TATAT…
E sai che noia. Ma proprio quando Kaprawoulf stava per cadere assopito dietro al tavolo di mogano avvenne l’inavvenibile. Si realizzò l’imprevedibile. Si prevedette l’irrealizzabile. Insomma ci fu un colpo di scena!
TA-DAAAAAN!
E che cosa fu?
Fu…
“TA-DAAAAN!” Gridò il Possente Mago Cannolo facendo la sua comparsa vestito di tutto punto da Possente e Temibile Mago (TM) sul cornicione degli uffici del comune.
“Aaaaah!” gridarono all’unisono i dessert al cucchiaio che nel frattempo avevano fatto amicizia con Flaffenberg ed Erinnarinnirahannarica, mentre altri dessert subivano il loro inevitabile destino tra le fauci dei due. Una cassata che stava per essere mangiata da Flaffenberg colse l’occasione dell’attimo di sgometto (scomento, sgomerto… insomma distrazione) per fuggire gridando:
“Ah! Ah! Ah! Nessuno mangia Agàta la Cassata, son fuggita da ben tre cene questa settimana e domani mi involerò verso i Caraib….” e fu schiacciata da un montone che pascolava per sbaglio nella via. E questa fu la fine di Agàta la Cassata.
Ma torniamo al Possente Mago Cannolo.
TAT-TAT-TAT-TAT…
“Ho detto TA-DAAAAAN! E sono un possente mago, con tanto di vestito d’ordinanza (TM), in cima ad un cornicione volete darmi un po’ retta per favore?”
Il pinguino interruppe la mitragliata di fagioli per guardare il mago. Kaprawoulf, sbadigliando, si voltò pure verso il mago.
Lo stesso fecero Bombetta e Sgabello che nel loro nascondiglio avevano iniziato a tubare come giovani piccioni innamorati nonostante la carneficina che si stava svolgendo loro a fianco. Bè carneficina… diciamo bisticcio, dai.
Il Possente Mago Cannolo attese in silenzio un paio di secondi poi alzò le braccia al cielo con gesto platealmente teatrale mentre nebulosi vortici luminosi gli si formavano sui palmi delle mani.
“Ecco. Meglio. Dicevamo. Sono il Possente Mago Cannolo e vengo a reclamare la produzione di giada, materiale fondamentale per i miei piani di conquista del mondo! Consegnate a me la giada o perite popolo di Tap… Ehi, ma dove sono tutti?”
“C’è stata l’invasione del Gorgonzuela!” urlò Erinnarinnirahannarica.
“Brutta cosa l’orticaria alle mani.” pensava il platano.
“Ah.” proseguì il Possente Mago Cannolo, “vabbè, meglio. Sarà più facile impossessarsi della giadaaaaaaaaaaaah!”
Splotch!
Proprio mentre il Mago stava ultimando le sue considerazioni sull’annessione di Tapinambour al Gorgonzuela il cornicione, non progettato per sorreggere il peso di un Possente Mago con tanto di vestito (TM), cedette. Il Possente Mago Cannolo precipitò andando a sfracellarsi al suolo mentre dalle sue mani, avvolte in un turbinar di nubi, lampi e saette, uscivano suoni che si potrebbero definire come inconsueti. Inusuali. Inusitati. Inconsulti. Ed altre parole che iniziano con ‘in’ (ma non indefessi, o intelaiatura, o intabbarrati).
Il montone che si trovava a passare per la via si avvicinò placido a quel che restava del Mago.
“E’ morto!” osservò tornando pacatamente a pascolare per la via.
Gli astanti tornarono lentamente alle loro faccende ignari del mortale pericolo che strisciante e silenzioso era sfuggito dalle mani del Mago.
TAT-TAT-TAT-TAT-TAT…
“Un po’ di mousse au chocolat, Eriannaquelchelè?” (questo che parla è Falffenberg se non vi fosse chiaro.)
“Ehi!” (questa è la mousse che protesta.)
“Ops! Pardonnez moi!” (Flaffenberg di nuovo.)
“Eh?” (Erinnarinnirahannarica.)
TAT-TAT-TAT-TATAT…
“E poi due settimane fa ci fu l’anniversario di nozze dei coniugi Sorbiria e Sorbello Sorbèt dè Sorbitòn dei dè Sorbitòn de la Sorbòn.” (questo è il tavolo di mogano.)
“Ronf-zzzzz!” (Kaprawoulf!)
“Mu?” (Montone.)
“Il ruolo del velo dell’ape Maya ne “Il mondo come volontà e rappresentazione” funge da contraltare alla visione Hegeliana…” (Platano.)
TAT-TAT-TAT…
TAT…
TAT…


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Letteratura Ergodica

Ho scoperto di avere in casa un pajo di libri appartenenti al vasto (?) e curioso (??) filone della letteratura ergodica. Uno è l’I Ching e di esso si è detto fin troppo, per cui soprassediamo. L’altro è Casa di Foglie di M. Danielewsky. Quest’ultimo non è certo un libro che si compra dicendo «Ah! (o qualche altra esclamazione del genere) Ho proprio voglia di leggere un po’ di letteratura ergodica!». E’ piuttosto quel genere di libro che si sfoglia a caso in libreria e si dice (almeno, il fuffologo di professione dice): «Ah! (oppure: Cospettone! Corpo di mille diavoli! Cazzo e ricazzo!) Questo libro devo averlo!» – a prescindere dalla trama. Casa di foglie, infatti, è la storia di un – ma che cos’è la letteratura ergodica? Già. Dice Uichipèdia che “ergodico“, lungi dall’avere significati lubrichi, deriva dal greco “ergon“, lavoro, e “hodos“, percorso. Ovvero si tratta di un testo la cui fruizione richiede un lavoro fisico non triviale per arrivare alla fine. Non triviale: nel senso di superiore al lavoro fisico mediamente necessario per leggere – muovere gli occhi e voltar pagina di tanto in tanto. L’I Ching ne è un esempio, dicevamo: il prossimo capitolo che leggeremo non è quello successivo all’ultimo letto, ma viene determinato da un complesso rituale pagano che richiede bastoncini di millefoglie, monete, danze simboliche, incenso e sacrifici di capre e tori (ok, solo alcune di queste cose). Un altro esempio che si dà è quello di un testo scritto sulle pareti di una stanza, che può essere letto solo andando avanti e indietro da una parete all’altra (perchè mai uno vorrebbe fare una cosa simile, poi, chissà). Riguardo a Casa di Foglie, il fatto che lo sforzo necessario per la lettura non sia triviale è reso palese da alcune pagine dell’edizione inglese che qui riproduco ben sapendo che probabilmente è illegale:

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Ehm.
E in effetti, per quanto sia imbarazzante ammetterlo, non sono andato oltre le prime venticinque pagine. Il fatto è che a) un libro del genere è interessante a prescindere dal fatto che lo si legga da cima a fondo. E’ interessante come oggetto fisico, beninteso, non per il contenuto che anzi, può essere nullo – come il Codex Seraphinianus, il Manoscritto Voynich, le Babbucce di Zinco, le poesie dei futuristi (quelle brum-brum zaaang proot); b) non è detto – anzi, è quasi certo il contrario – che la fatica di arrivare alla fine sia compensata da una storia che vale. E’ già faticoso trovare un libro normale che valga la suddetta fatica, figuriamoci uno che sembra più impegnativo per il lettore che per lo scrittore («Ehi! Volete dire che questa cosa la stiamo leggendo? Credevo la stessimo solo scrivendo!»); c) resta il dubbio che il termine “letteratura ergodica” sia uno di quei giri di parole tipici dei nostri tempi per evitare di chiamare le cose col loro nome. Nel suo fantascientifico capolavoro “Anathem“, Neal Stephenson menziona un linguaggio artificiale, un gergo tecnico-politico-economico-pubblicitario, il Bulshytt (già il nome…) che «utilizza eufemismi, imprecisioni calcolate, ripetizioni sfiancanti e altri sotterfugi retorici per dare l’impressione che si sia detto qualcosa». Resta il dubbio, dunque, che “letteratura ergodica” sia un modo complesso di dire “non si capisce una fava”. Ma magari mi sbaglio – un giorno o l’altro lo leggerò davvero e vi farò sapere. Certo.


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Parole Mazzate!

Parole Mazzate!

Istruzioni:

1) Visualizzate l’immagine a schermo intero

2) Con un grosso pennarellone indelebile, o un punteruolo al diamante, cancellate furiosamente le parole indicate nell’elenco.

3) Tali parole possono essere scritte da destra a sinistra, da sinistra a destra, da sopra a sotto, in diagonale, e in definitiva come ca**o ci pare & piace.

4) Terminata la prova, correte a comperare un nuovo monitor più grande  e più bello.

Bene così.

***

Fregio04

 


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Musica per le Vs. Orecchie – Balrog Boogie , Gojira & Sovietoblaster

Bòn! Cominciamo subito questa nuova stagione di minchiate con un po’ di musica assai interessante. Per esempio, questi Diablo Swing Orchestra (che già per il nome meritano): il loro album “The Butcher’s Ballroom” è disponibile aggratis su Jamendo (e per questo ringraziamo assai) ed è un interessante esempio, almeno così ci pare, di steampunk in musica. Cioè, uno swing d’altri tempi in chiave metal cantato da un soprano. In latino. Se non è steampunk questo, ce lo dite voi cosa.

Dopodichè presentiamo alla Vs. cortese attenzione un album di reggae-ska-punk-folk russo-ucraino-tedesco che abbiamo ascoltato fino allo sfinimento in questi ultimi mesi. “Emigrantski Ragamuffin” dei berlinesi Rotfront , è quel genere di album che se riuscite a rimanere fermi mentre l’ascoltate è perchè siete morti.

E chiudiamo con i Gojira, per la gioia del Gnagnera. Buone mazzate.

 


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