Noi vogliamo tanto bene a De Turris, perchè in Italia certe cose ce le fa leggere solo De Turris. A pensarci bene, però, questa frase si presta a una doppia interpretazione, nel senso che, in Italia, certe cose ce le fa leggere solo De Turris, se ci seguite. E questa antologia di storie alternative ne è la riprova. Sono diciotto racconti di Italie parallele, situate altrove negli infiniti labirinti della Storia; futuri possibili, o presenti, o passati, conseguenze di un evento che per noi è successo e per loro no, o viceversa. La storia d’Italia, poi, se ci si pensa, è particolarmente adatta allo scopo: pochi paesi al mondo possono vantare una tale concentrazione di popoli, regni, religioni, guerre, intrighi e intrallazzi politici. E se poi ci si spinge anche alla Storia non ufficiale, ai complotti e alle cospirazioni e alle sette segrete, c’è materiale non per una antologia ma per un’intera biblioteca. Il problema sono i racconti, perchè, non ce ne vogliate, ehm, ma questi non è che siano ‘sto granchè.
E’ una limitazione del genere, direte, e con buona ragione: l’ucronia mal si presta, a nostro modesto parere, al racconto, perchè una parte delle pagine a disposizione la devi impiegare per spiegare (?) in cosa quel mondo differisce da questo. Ma il lettore lo sa e si mette l’anima in pace, anzi, in molti casi è la principale attrattiva della storia. Come in un film di mazzate ammericano, dove lo spettatore sa che i suoi 10-15 minuti di inseguimenti in auto non glieli leva nessuno, e altrettanti di sparatorie. Un bravo autore riesce a tenere tutto sottotraccia, sullo sfondo, amalgamandolo alla narrazione principale; altri, meno bravi, ricorrono al vecchio, inverosimile, fastidiosissimo espediente dei personaggi che a un certo punto si siedono a un tavolo e si raccontano l’un l’altro la Storia. E qui ce n’è parecchi.
Confessiamo da subito di non averli letti tutti: quello che vede Dante Alighieri indagare su un omicidio, per dire, non c’è stato verso. I gialli ci piacciono poco, ma soprattutto quelli coi personaggi famosi che indagano. Dante, Machiavelli, Giordano Bruno, Kant, ma per favore. Anche se mettiamo per iscritto che siamo disposti a pagar dei soldi per leggere I Casi dell’Ispettore Hitler, le Indagini di Padre Pio e soprattutto Gesù Cristo, Investigatore Privato. E’ pur sempre vero che poi ci siamo gustati la rutilante cialtroneria de «Il sorriso di Madonna Lisa», in cui un Leonardo da Vinci – Batman, con maschera e mantello nero, combatte criminali, saraceni e Savonarola piombando dal cielo sulla sua macchina volante (e, grazie ai suoi studi di anatomia, conosce i segreti dei punti di pressione, come Xena la Principessa Guerriera! E c’è il bat-segnale e la bat-caverna e pure un robottone gigante! Yay! Applausi per Francesco Grasso!). Ma qui siamo su un altro piano: basta immaginarlo con la faccia di Bruce Campbell e il gioco è fatto.
E’ proprio qui, il problema: la mancanza di ironia, che appesantisce il tutto; spesso sembra che gli autori (in massima parte a noi sconosciuti, anche se fra loro i vincitori del Premio Tolkien [e qui ci starebbe stato bene un link al sito ufficiale del Premio Tolkien, ma non c’è] non si contano) ci credano veramente, alle immancabili nostalgie imperiali – romane o in camicia nera – o alle inevitabili paranoie anticomuniste (in «Fumata bianca», per esempio, il riuscito assassinio di papa Wojtyla da parte del KGB scatena la FINE DEL MONDO! Pauuuuura!). Forse è colpa nostra, forse è un’ironia che non riusciamo a cogliere, eppure ci pare che un po’ più di leggerezza non avrebbe guastato, e che i racconti migliori siano proprio quelli che non si prendono troppo sul serio (il che non vuol dire che debbano esser comici o parodistici – se vi capita, leggete «”Il Fascio sulle Stelle” di Benito Mussolini», di Massimo Mongai, e poi ci direte). Come «Marcia Imperiale» – l’Impero Romano contro i nazisti (!): è semplicemente “troppo” per non essere ironico. Speriamo. Oppure «Cielo Sereno», sui successi della Grande Torino scampata alla tragedia di Superga, o «il Segreto di Carzano», su un’alternativa conclusione della Prima Guerra Mondiale (che, fra l’altro, è uno dei pochi racconti, qui dentro, a non cadere nella tentazione di mettere tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’altra).
Oppure, e chiudiamo, «l’Esame», in cui l’Europa Unita si dimostra ben più unita di quanto non sia qui da noi, tanto che gli USA chiedono di entrare a farne parte. E, buttato lì con nonchalance, si ipotizza uno scandalo che vede il nostro Amato e Asfaltato Leader coinvolto in un giro di prostituzione minorile. Ha ha ha. Pura fantascienza.
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