La Città del Re Leucrotta – Cap. XVIII

Fuoco e Fiamme


Lo scatto dell’uomo-lucertola era stato così fulmineo, che il dottore non aveva avuto il tempo d’intervenire. D’altronde nulla avrebbe potuto fare contro tutti quei bricconi ben armati e certamente decisi a non lasciarlo correre dietro al fuggiasco. Ora, seduto sul sudicio pavimento di legno dell’infernale ordigno nanico, ascoltava i suoi carcerieri parlottare tra loro.
Faribûz, dopo aver dato ordini ai suoi uomini, cioè, nani, si rivolse al dottore, dicendogli in lingua comune, che pareva conoscere perfettamente:
«E tu? Che cacchio sei venuto a fare qui, uomo bianco? Io ho saputo che quelli della tua razza abitano un paese assai lontano.»
«Sono venuto qui a cercare… ehm… un tesoro. Già, un enorme ricchissimo tesoro per conto del re del Fethrund,» rispose Eriprando. «Questi territori gli appartengono e tu sai che tutti quei grossi animali, mostri, monete e oggetti magici sono di proprietà reale. Ti consiglio quindi di lasciarmi andare libero, senza farmi alcun male, possibilmente, se non vuoi incorrere nella collera di quel potente monarca.»
Il nano non poté frenare uno scoppio di risa.
«Io non sono suddito dei coboldi, ma un nano libero che non è quindi schiavo di nessuno,» rispose con orgoglio. «Tu sei mio schiavo e non ti lascerò libero. Come me. Che sono libero. Ha.»
«Farai dunque di me uno schiavo?»
«…»
«No, dico, farai dunque di me uno schiavo?»
«Non solo sei vecchio, ma pure lento di comprendonio. Ti venderò anche a caro prezzo a colui che aveva assoldato il nostro vecchio capo. Gli uomini bianchi sono rari come i draco-pegasi bianchi ed il mandarino sarà ben lieto di pagarti una montagna d’oro, argento e crisopazi.»
«Tu sei un miserabile!» gridò Eriprando, cercando di avventarsi sul selvaggio.
I Dwergar, che lo sorvegliavano, ad un cenno del loro capo si gettarono sul povero dottore, legandolo strettamente con due fasce di cotone, colle mani dietro al dorso.
«Mettetelo nella stiva,» disse il capo.
Lo afferrarono e lo calarono giù per la botola, senza molte precauzioni, facendolo ruzzolare fino sul fondo. La prima cosa che colpì il prigioniero fu la vista del motore, così enorme che mai ne aveva veduto prima di eguali, e che occupava il mezzo della stiva, colla testata quasi incandescente e le fiancate coperte di rune orribili, dalle quali usciva ancora in gran copia un vapore fetido. Quel mostro meccanico misurava non meno di venti piedi, aveva una circonferenza di tre o quattro ed era ricoperto di ruggine e olio, con larghi bulloni gialli che luccicavano come se fossero d’oro; vibrava e brontolava come un coguaro inferocito, a causa degli spiriti elementali che vi erano imprigionati. Una balaustra di ottone lo circondava, impedendo di giungere troppo vicino, dove il calore era insopportabile. Il resto della stiva era occupato da casse e scatoloni, paglia, e poi rifiuti di ogni genere, vecchi giornali e alcuni animali morti e molto, molto piatti.
Mentre il dottore si guardava in giro, il capo dei Nani scese nella stiva con alcuni accoliti. Infisse su un bastone la coda dell’uomo lucertola (nonostante i borbottii delusi dei due nani che l’avevano portata a bordo) e la collocò sopra il portellone del motore, tenendosi ad una certa distanza e gettando sui tizzoni dei sarmenti verdi per produrre molto fumo. Si preparava a consegnarla agli spiriti in segno di buona volontà. E infatti una lingua di fuoco saettò da una delle tre fornaci e strappò l’orrendo trofeo dalle mani del Nano. Si udì un rombo, poi uno scossone, e il dottore, sballottato in un angolo, capì che la diabolica macchina si era messa in moto.
Intanto alcuni dei nani si erano alzati ed a colpi di sciabola aprirono scatolette e lattine di birra.
«Si preparano la cena,» disse il dottore. «Puah!»
I Dwergar, che non dovevano essere molto schizzinosi, misero quei pezzi di carne sul motore incandescente, poi quando furono arrostiti e imbrattati d’olio si misero a divorarli ingordamente, come se si trattasse d’un delizioso manicaretto. Ben presto al povero dottore parve d’essersi precipitato in uno dei variopinti inferni dei pagani d’oriente, come l’Inferno del Dragone Untuoso o quello degli Impiccati a Testa in Giù. Il frastuono dell’ordigno e dell’elementale prigioniero era insopportabile, così come gli scossoni e i continui sussulti causati da alberi o rinoceronti che il Juggernaut spianava senza pietà. I Nani, ormai alticci, ridevano e cantavano le loro sgangherate canzoni; avevano preso a lanciarsi bucce di popone e scatolette vuote, e tutti fumavano sigari puzzolenti fatti di chissà quali foglie, il cui fumo, unito ai vapori del motore e alla loro scarsa, per non dire inesistente, propensione all’igiene personale, rendeva l’atmosfera greve e irrespirabile. A un certo punto si udì la voce dell’uomo bianco gridare: «Ehi! Nani della malora! Qualcuno ha un mazzo di carte?»

Passarono ore. Uno dei nani che si trovavano sul ponte, al piano di sopra, adibiti alla guida dell’ordigno, si sporse dalla botola.
«Che vuoi, coso?» chiese Faribûz, palesemente ubriaco e ancor più palesemente privo di quei pochi abiti ch’era solito indossare.
«E’ che si è fatto un certo silenzio, e volevo vedere se… Ma che succede?»
Gli occupanti della stiva erano seduti sulla paglia, in cerchio, intenti a giocare a carte. Qualunque fosse il gioco che stavano giocando, era evidente chi stesse vincendo: il dottore, che sorrideva beato, circondato di monete, sassolini, conchiglie, e della maggior parte degli indumenti e delle armi dei nani. Tutt’intorno si estendeva un campo di battaglia di sigari smozzicati, bottiglie vuote e lattine accartocciate.
«Allora?,» disse l’uomo bianco, con tutta la faccia di bronzo di cui era capace. «A chi tocca, dar le carte?»
«Ma, capo!» gridò il nano, balzando giù nella stiva. «Compagni! Fratelli! Che vi succede? Questo demonio bianco vi ha forse stregati?»
«Zitto, buffone,» gridarono in coro gli altri, «non vedi che siamo impegnati?»
Le sue parole, tuttavia, sembrarono scuotere Faribûz e riportare un barlume di buonsenso in quella mente già di per sè non eccelsa in condizioni normali. «Silenzio, canaglie!» gridò il capo. «Ha ragione! Cosa stiamo facendo? Ci stiamo facendo abbindolare da questo spaventapasseri? Cosa direbbero le nostre nonne? E tu, vile scolopendra,», e puntò l’indice unto e rincagnato verso Eriprando, «mi sa che non ti porteremo dal coboldo che ti ha comprato.»
«Wow! Questa sì che è una notizia!»
«Mi sa che ti ammazzerò qui e subito.»
«Ah.»
«Guarda un po’ te se alla mia età devo fare queste figure… mi hai lasciato in mutande. Ah. Che tempi. Dov’è la mia mannaia? O una chiave inglese, per gli dèi?»
«Ehm, cari, non possiamo parlarne?», disse Von Basedoff, mentre i nani lo accerchiavano. «Voglio, dire, siamo tra gentiluomini, non tra selvaggi, ci dev’essere un modo di…»
«Zitto, cane!», ringhiò il capo. «Preparati a morire!»
«Ecco, si, appunto, proprio questo,» farfugliò l’uomo bianco. «Che ne dite, pensavo, per festeggiar la mia… dipartita in modo adeguato, di uno di quei, ehm, giochi…»
«Niente giochi! E’ giunta la tua ora!»
«… dove bisogna fare qualcosa e chi sbaglia deve bere?»
La proposta del dottore fu accolta da un’ovazione.

L’alba giungeva a grandi passi sulla giungla. Gli animali notturni, i pipistrelli vampiri, le talpe velenose, i ghoul e i tucani dai denti a sciabola si ritiravano nei loro sacelli, mentre altri animali uscivano dalle tane e si preparavano a un’altra giornata di lavoro. Il juggernaut giaceva immobile in mezzo ad una macchia immensa di piante gommifere, al termine della sua scia di distruzione. Da dentro si sentivano, per quanto attutiti dalle sue spesse pareti, risate, schiamazzi, urla, canti e bestemmie.
Nella stiva, metà dei nani giaceva priva di sensi, dopo un’intera notte di bagordi. Gli altri proseguivano il gioco di società che Von Basedoff aveva insegnato loro, anche se “società” era un termine assai poco adeguato per quell’accozzaglia di bruti avvinazzati. Il suddetto dottore, invece, appoggiato alla balaustra che circondava il motore, stava parlando con Faribûz.
«E così…», farfugliò il nano, «… eccosì mi sciono detto… ma chiccazzo me lo fa – me lo fa fare? E ho scia- e ho la- e mi sciono liscensciato»
«Cos’è che facevi, a casa?»
«Fasce – facevo il mescio comunale. Lavoro del cavolo. Ora sci – burrp! – che mi diverto… Saccheggi, rapine, cose…»
«Non lo metto in dubbio. Vedi, caro il mio nanetto,» e gli mise una mano sulla spalla, «dopotutto siamo molto simili, noi due. Niente catene, niente costrizioni o ruoli imposti. Siamo avventurieri, battitori liberi. Dateci le grandi strade, il brivido dell’imprevisto…»
Rimasero in silenzio un po’, fissando i bulloni incandescenti del motore, mentre attorno a loro i pochi nani ancora in piedi continuavano le loro gozzoviglie.
«E quello, cos’è?», chiese il dottore. Un foglio di pergamena, sgualcito e smozzicato, pendeva da uno spago che lo fissava a una delle piastre del motore. Sembrava assai vecchio, ed era ricoperto di strani simboli rossi e neri. «Com’è che non brucia, con quel caldo?»
Fece per afferrarlo, ma Faribûz gli scostò la mano con un gesto brusco. «Non toccare, sciocco!», lo rimproverò. «Non vedi che è un f… foglio masgico? – burrp»
Il dottore lo fissò come se si fosse improvvisamente rincretinito. «E’ così, ti dico – », biascicò il nano, «Questa è la magia che tiene l’e… lelle…»
«L’elementale?»
«Lemmentale. Bravo vecchietto. Nella cosa. Nel coso. Nel motore.»
«E non è pericoloso, tenerlo lì, alla portata di malfattori o fannulloni?», chiese il dottore, con espressione da cherubino.
«Uhm. Ciai rasgione. Meglio che lo tengo io.» Faribûz strappò il foglio dallo spago e lo piegò con qualche difficoltà in quattro. Prima di metterselo in tasca, alzò lo sguardo e disse:
«Mi sa che ho fatto una cazzata.»
Il dottor Von Basedoff era già nella giungla quando il juggernaut esplose.
Rottami d’ogni sorta, pezzi di legno e pietra, sacchi di cibo, bottiglie e nani defunti furono catapultati a centinaia di piedi di distanza. Ben presto delle lingue di fuoco guizzarono attraverso il sottobosco, propagandosi rapidamente alle palme sature di caucciù.
La foresta, pochi istanti prima ancora tenebrosa, s’illuminò come se il sole fosse allora sorto, ed un odore nauseante si sparse dovunque. Le piante, tronchi e rami, si contorcevano sibilando e scoppiettando, e torrenti di caucciù liquido e muco incandescente si spandevano per il suolo provocando nuovi incendi.
«Ed ora,» disse il dottore, «in ritirata, mio prode Von Basedoff. Il fuoco ci protegge le spalle e costringerà i nostri nemici a fuggire, se non vorranno arrostirsi.»
Sicuro di essere validamente coperto da quella barriera di fuoco che divampava furiosamente trovando negli alberi gommiferi un ottimo elemento, il dottore si attardò un attimo a raccogliere un paio di bottiglie miracolosamente intatte (e ancora piene); poi fuggì a tutte gambe, o meglio, data la quantità di alcool ingurgitata durante la notte, si avviò barcollando, aizzato dalla pioggia di scintille che gli cadeva sulla testa perché il vento soffiava nella sua direzione.

Vedendo l’incendio avanzare minaccioso, raddoppiò la corsa per cercare un rifugio in qualche altro luogo, in qualche macchia umida.
Dinanzi a sé vedeva fuggire con velocità fulminea sciacalli, cervi, antilopi e anche un cubo gelatinoso. Il fuoco scacciava tutti dalle loro tane e dai loro rifugi. Arrancò per una mezz’ora, inoltrandosi sempre più nella foresta, poi, esausto, cadde in un piccolo corso d’acqua che non aveva potuto scorgere in tempo.
«Basta,» mormorò. «Non posso più continuare.»
Si mise in ascolto. Gli parve di udire delle grida che si allontanavano nella direzione opposta alla sua. Forse alcuni Dwergar erano riusciti a salvarsi e fuggivano chissà dove. Ma non erano quei selvaggi, né il misterioso coboldo che aveva intenzione di comprarlo, che in quel momento lo preoccupavano, bensì l’incendio che avanzava sempre con rapidità prodigiosa e che lo avvolgeva da tutte le parti, impedendogli ogni via di scampo.
Le scintille portate dal vento dovevano aver prodotto altri incendi più innanzi, e così il disgraziato dottore si trovava in mezzo ad un mare di fuoco.
«Che sia proprio finita?» si chiese. «Povera patria mia, non mi vedrai più!»
Ricacciò in fondo al cuore il ricordo della terra natìa e delle sue galere, e rivolse tutta la sua attenzione agli alberi che lo circondavano.
La fortuna lo aveva guidato in mezzo ad un enorme gruppo di piante umide, e tutto il terreno era inzuppato d’acqua.
«Questi alberi resisteranno al torrente di fuoco,» disse con gioia. «Il destino non ha ancora segnato la mia morte. Cerchiamo di costruire un riparo contro la cenere ardente che cadrà anche qui e contro la pioggia di scintille.»
Prese la sciabola, tagliò una ventina di foglie di banano illusorio lunghe parecchi piedi e le trascinò fin sulla riva del ruscello.
«Prepariamoci un letto ora,» mormorò. Appena si voltò le foglie erano sparite.
Bestemmiando a più non posso, si scavò nella sabbia un buco abbastanza profondo per potervisi sdraiare, vi si introdusse e si ricoperse interamente di foglie e muschio fradicio.
«Ancora pochi minuti di ritardo ed io arrostivo come uno zampone di leucrotta al forno,» disse.
L’uragano di fuoco giungeva in quel momento addosso alla macchia, preceduto da una nuvolaglia di fumo e di scintille. Gli alberi parvero curvarsi tutti sotto la violenza del fuoco. Per parecchi minuti un fumo densissimo avvolse ogni cosa, poi una cupola di fuoco si abbassò sulla macchia, facendo stridere le foglie e contorcersi i rami. Un nembo di scintille e di cenere ardente cadde sul terreno, facendo evaporare rapidamente l’acqua.
Eriprando credette per un momento di morire asfissiato. Le foglie che lo coprivano si accartocciavano su di lui scrosciando, però, bagnate come erano, non avevano fortunatamente preso fuoco.
Quel supplizio durò un mezzo minuto, poi la cupola fiammeggiante si squarciò, il fumo s’innalzò e l’onda di fuoco seguitò il suo cammino attraverso la foresta, continuando la devastazione.
La macchia umida aveva resistito. Le piante sarebbero senz’altro morte, ma che importava ciò al dottore? Quando l’aria divenne più respirabile, Eriprando uscì dalla fossa e s’immerse nelle acque del torrente, provando un grande sollievo in quel bagno.
L’incendio si allontanava verso est; verso ovest tutta la foresta era stata divorata e non rimanevano in piedi che pochi tronchi d’albero semicarbonizzati, che di quando in quando cadevano con immenso fragore, sollevando nuvole di scintille e di cenere.
«Che rovina,» mormorò il dottore. «E chissà quando l’incendio si spegnerà. Se potessi trovare qualche cosa per rifocillarmi, sarebbe una vera fortuna. Non mangio da chissà quanto ore e mi sento completamente sfinito.»
Guardò le piante; ma di frutta non ne vide.
«Che sia destinato a morire di fame?» si chiese. «È meglio che me ne vada al più presto di qui e cerchi di raggiungere le rive del lago. Seguendole potrei forse raggiungere i miei compagni.»
Prese la sciabola, si dissetò abbondantemente, si strinse i calzoni per calmare gli stiracchiamenti del ventre e si mise coraggiosamente in cammino, risoluto ad arrestarsi soltanto sulle sponde del lago.
Attraversato il piccolo corso d’acqua, si diresse verso sud, sperando che l’incendio non si fosse propagato in quella direzione.
Dovette camminare un’ora buona fra la cenere, prima di raggiungere il margine d’una foresta umida che aveva opposto una barriera resistente all’uragano di fuoco. I primi alberi avevano molto sofferto e mostravano le foglie avvizzite, gli altri invece si mantenevano ancora ritti e rigogliosi e gocciolavano abbondantemente. Non udendo alcun rumore ed essendo ancora buio, si sdraiò sotto un cespuglio per riposarsi un paio d’ore. Era così esausto di forze che non si sentiva più in grado di continuare quella penosa marcia.
Quanto dormì? Parecchie ore di certo, poiché quando riaperse gli occhi, il sole faceva capolino attraverso il fogliame e le scimmie urlavano a piena gola sulle cime degli alberi, inseguendosi e volteggiando fra i rami.
Camminò per un paio d’ore ancora, inoltrandosi sempre nella foresta che già diventava tenebrosa, poi si fermò sotto un gruppo di funghi giganti i quali potevano, in mancanza d’altro, servire a calmare la fame.
Raccolse dei rami secchi e poiché conservava ancora l’acciarino e l’esca, accese due fuochi per tenere lontane le belve; poi, sfinito, si coricò su uno strato di foglie secche, tenendosi vicino la sciabola e le bottiglie.
«Quel che ci vuole,» disse, «è un goccetto di questa roba, per scaldarmi. Qualunque cosa sia.»
Quando si svegliò provò uno strano malessere. Aveva freddo, provava dei brividi fortissimi e nello stesso tempo gli pareva di avere le gambe paralizzate. Le bottiglie erano vuote.
«Che sia stato colpito dalla febbre dei boschi o da quell’altra malattia di cui mi ha parlato Vronch? O magari è il delirium tremens? Forse ho esagerato un po’ col bere, in questi giorni…»
Provò ad alzarsi, ma ricadde subito come se avesse le gambe spezzate. Si sentì bagnare la fronte d’un freddo sudore.
«Sono perduto ormai,» mormorò, soffocando un rutto. «Chi potrebbe salvarmi? Addio… addio, generale… coboldi del cazzo. Ah! Come è stato breve il mio sogno… Ma no… non voglio morire solo e abbandonato in mezzo a questa foresta e servire di pasto alle fiere.»
Con uno sforzo disperato si alzò, tenendo in pugno la sciabola.
«In cammino,» disse con voce energica. «Se mi fermo sono perduto.»
Quantunque si sentisse le gambe rotte e provasse ancora dei forti brividi, partì di corsa, brancolando nel buio, urtando contro i tronchi degli alberi che si succedevano senza interruzione. Era, tanto per cambiare, ubriaco fradicio.
Quanto corse? Due passi soltanto o molto di più? Sfinito, febbricitante, cadde in mezzo ad un ammasso di foglie, perdendo quasi subito i sensi.


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Indagini sui Miracoli Termodinamici

Paranoia: Paura e Ignoranza, Ignoranza e Paura!“Ehi Ray, ti ricordi qualcosa della Bibbia, riguardo agli ultimi giorni quando i defunti escono dalle fosse?”

Per rimanere in tema di gialli e d’Inghilterra, “L’Indagine” di Stanislaw Lem (quello di Cyberiade) ben si addice a esemplificare quel discorso sul come e il perchè e sulla razionalità di cui sopra. Un detective di Scotland Yard è incaricato di scoprire chi si nasconde dietro alla scomparsa di alcuni cadaveri in obitori di provincia. Un poliziotto sembra essere stato testimone di una di queste sparizioni: ma, sconvolto da ciò che ha visto, è fuggito finendo sotto una macchina – e finchè non esce dal coma non lo si può interrogare. Non solo: un matematico afferma di sapere quanti casi ancora ci saranno, e dove – e dimostra come vi sia una relazione ben precisa tra i luoghi, le date, e le temperature medie in gennaio. E ci azzecca. “Aspetti un momento, lei sta dicendo che i cadaveri scompaiono non perchè qualcuno li ruba ma per un qualche fenomeno fisico che non conosciamo?”
Oltretutto Lem è abilissimo nella nobile arte di menare il can per l’aia senza che il lettore se ne accorga. Nel “Pianeta del Silenzio”, per dire, uno dei personaggi a un certo punto apre un libro a caso e inizia a leggerlo, e per una trentina di pagine ci viene raccontato quel libro, lasciando perdere la trama principale. Ci vuole del genio per divagare così tanto senza spazientire il lettore, anzi, trascinandolo ancora di più dentro il romanzo. Una buona stradina laterale magari serve per allungare il brodo, ma se ben fatta consente di esplorare, di sentire l’atmosfera. Come nel “Manoscritto trovato in una Vasca da Bagno” (Memoirs found in a Bathtub, giuro, esiste davvero, un romanzo minore di Lem, un incrocio tra il Dottor Stranamore e Paranoia), che è fatto in pratica solo di giri a vuoto, deviazioni e stradine laterali. Qui, invece, ci viene raccontato della spettrale casa vittoriana in cui il tenente Gregory ha una camera in affitto, e dei lunghissimi corridoi alla Shining, in cui arranca l’anziana padrona, che regolarmente si ferma dietro la porta a origliare; o i dialoghi tra il tenente e l’ispettore capo, in una stanzetta male illuminata e strapiena di libri, ma aspetta un attimo, cos’è quel quadro appeso al muro? E’ troppo buio per vedere… è una fotografia? Di un cadavere? L’ispettore capo Sheppard tiene delle foto di morti appese al muro? E intanto come niente fosse parla di morti che scompaiono, di dischi volanti, di scene da Vecchio Testamento?
Tutto questo, le indagini inutili, i pedinamenti, gli inseguimenti, serve sì a creare un’atmosfera tra il noir e il racconto di fantasmi e lo sceneggiato anni ’60 (quegli sceneggiati in bianco e nero che riuscivano a metterti un’angoscia mortale senza mostrare niente – tipo Zaffiro e Acciaio), ma soprattutto a rendere lo smarrimento del tenente Gregory, il quale prosegue la sua indagine, sperando che un colpevole ci sia, perchè l’alternativa è semplicemente impensabile.
Non un banale ladro di cadaveri; non satanisti, alieni, zombie o resurrezioni da fine dei tempi: semplicemente una faccenda statistica, lo spalancarsi di un abisso di arido, mortale nonsenso lovecraftiano, il crollo di tutte le nostre certezze sulla realtà: perchè, statisticamente è possibile che un meteorite, una volta su centomila, colpisca una persona; o che, una volta su dieci miliardi, un cadavere si alzi dal tavolo anatomico e si metta a strisciare. “L’Indagine” è un romanzo soffocante, onirico, come quei sogni da eccesso di peperonata in cui ci si dibatte e si arranca senza sapere nè che cosa si deve fare nè perchè; un gran bel giallo, come quelli di Asimov, per chi non ama i gialli; uno di quei libri che ti tengono sveglio la notte.


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Gli Allegri Animaletti dell’Epica Saga degli Allegri Animaletti del Bosco delle Minchiate

abitatori_palude Abitatori della Palude delle Cazzate
I tristi abitatori della Palude delle Cazzate sono vittime dei fumi tossici e dei miasmi della palude.
adalberto Adalberto
Settimo nato di Sissi e Fuffenstein, fratello minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
arvadita Arvadita
Una delle tre figlie di Sardanapapero, moglie di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz.
assurbanipapero Assurbanipapero
Uno dei saggi capi della pacifica tribù dei quackeri.
aurelio Aurelio il Canguro Loquace
Ex-presidente del Bosco delle Minchiate nonché padre di Enzo il Canguro Fellone, muore tragicamente nel disastro di Ponguska.
azathoth Azathoth
Il professor Azathoth, capo indiscusso dei Medi Antichi, trama nell’ombra per conquistare il Bosco delle Minchiate.
baalagna Baalagna Santamannaya
Il Saggio della Montagna insegna ai suoi discepoli prediletti la Nobile Arte della Frutta.
beppe Beppe
Ottavo figlio di Sissi e Fuffenstein, fratello minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
bob_ornitorinco Bob l’Ornitorinco
Lo scemo del villaggio dei quackeri.
bronco Bronco
Fratello adottivo di Fuffi/Mimmrir, fratello di Bubba la Mucca Assassina nonché figlio di Clotilde.
bubba Bubba la Mucca Assassina
Fratello adottivo di Fuffi/Mimmrir, fratello di Bronco e figlio di Clotilde.
camillo Camillo, il Procione Arzillo
Il procione Camillo passa felice le sue giornate a lavare i panni nel fiume Cincischìo.
chtullio Chtullio
Sconfitto dell’eroico Zio Ciro, il Medio Antico Chtullio rimane intrappolato per anni nel pongo.
ciotola Ciotola
Amante segreta di Emerenziano, presidente del Bosco delle Minchiate.
cira Cira
Quinta figlia di Sissi e Fuffenstein, così chiamata in onore dell’eroico Zio Ciro. Sorella minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
clotilde Clotilde
Pacifica mucca moormone, madre di Bronco e Bubba la Mucca Assassina, adotta Fuffi/Mimmrir per crescerlo secondo i pacifici dettami dei pacifici moormoni.
cobra Cobra
Questo spietato sicario è uno dei due sgherri di fiducia del temibile Kamaleon, boss della mala di Khamaleontskaja.
cocco Cocco
Terzo figlio di Sissi e Fuffenstein, fratello maggiore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmrir.
concetta Concetta
Sesta figlia di Sissi e Fuffenstein, sorella minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
divini_suini Divini Suini Porcellini
Divinità benevole e grufolanti, questi maiali panciuti proteggono i loro simili e ne vendicano la fine prematura.
Don Calippo
Prete di famiglia di Sissi e Fuffenstein, noto per il suo tatto e per le sue poetiche elegie.
Don Chiosco
Parroco moormone, sfuggito a numerosi incendi appiccati da Bubba la Mucca Assassina.
dr_papero Dottor Papero
Medico di famiglia di Sissi e Fuffenstein, aiuta Sissi nel suo parto dodecagemino.
dottoressa_pralina Dottoressa Pralina
Abitatrice dell’Abisso nonché braccio destro del professor Azathoth.
emerenziano Emerenziano
Presidente del Bosco delle Minchiate, coinvolto in una tresca con l’affascinante Ciotola, nutre un odio profondo e inspiegabile verso i quackeri.
enzo Enzo il Canguro Fellone
Figlio di Aurelio il Canguro Loquace, tenta più volte di intraprendere la carriera politica all’ombra del padre ben più famoso.
farfalline Le Farfalline del Bosco delle Minchiate
Sono ovunque!
fuffenstein Fuffenstein
Marito di Sissi e padre di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmrir, Fuffenstein è un geniale inventore di robot e cazzate.
fuffi_mimmrir Fuffi il Coniglietto Fluffoso / Mimmrir
Dodicesimo e ultimo nato di Sissi e Fuffenstein, su di lui grava una terribile maledizione!
fuffingaz Fuffinga Z
Il primo robot creato da Fuffenstein, gli valse il primo premio nella categoria “Robottoni e criceti cyborg”.
generale_ciccio Generale Ciccio
Al comando dell’esercito del Bosco delle Minchiate, il Generale Ciccio è astuto e spietato!
gianfuffezio Gianfuffezio
Nonno di Sissi e unico sopravvissuto del tremendo incidente di Ponguska del ’49, a seguito del quale venne dotato di un corpo cyborg da Fuffenstein.
gina Gina
Secondogenita di Sissi e Fuffenstein e sorella maggiore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmrir.
grande_fuffinga Il Grande Fuffinga
Secondo robot creato da Fuffenstein, dopo il furto di Fuffinga Z a opera di Karakalla.
gustavo Gustavo
Povera vittima innocente delle losche macchinazioni di Enzo il Canguro Fellone.
hannibal_cane Hannibal Cane
Eroe di guerra e pari del Bosco, Lord Cane è legato da vecchia amicizia a Sissi e Fuffenstein.
harvey_lee_opossum Harvey Lee Opossum
Losco individuo (come tutti i camaleonti) che tenta di adottare uno dei gemelli maledetti (Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmri) per chissà quale recondito motivo.
james James
Fedeli servitori di Lord Smargiasso, probabilmente il risultato di esperimenti scientifici sulla clonazione.
jeanpierre Jean-Pierre l’Oracolo della Palude
Il potere del formaggio scorre potente nelle sue vene!
jolanda Jolanda
Chi sarà mai?
kamaleon Kamaleon
Boss indiscusso della mala in quella sentina di vizi e di iniquità che è la città di Khamaleontskaja.
karakalla Karakalla
Viscido e inaffidabile assistente di Fuffenstein nonché spia del Villaggio dei Mostri.
laasagna Laasagna Santamannaya
Dolce figlia del saggio Baalagna, perdutamente innamorata di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz.
lamatita Lamatita
Una delle tre figlie di Sardanapapero, moglie di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz.
lilli Lilli
Undicesima e penultima figlia di Sissi e Fuffenstein, sorella minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
lollo Lollo il Coniglietto Morto
Clone morto di Fuffi/Mimmrir, creato da Lord Smargiasso su ordini del professor Azathoth per candidarsi alla presidenza del Bosco delle Minchiate.
lord_smargiasso Lord Smargiasso
Accanito rivale di Fuffenstein, Lord Smargiasso conduce i suoi nefandi esperimenti biologici nelle viscere dell’Himalayalala, il più basso ammasso di porfido del mondo.
ludwig Ludwig
Assistente e unico amico di Enzo il Canguro Fellone.
Mafaldo
L’indegno Mafaldo ha sposato Rosita, figlia di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz, in una toccante cerimonia quackera.
manolo Manolo
Saggio e pacifico abitatore della Palude delle Cazzate, Manolo cerca invano di convincere i suoi compatrioti della futilità della vendetta.
maria_carota Maria Carota
Nonna di Sissi e amorevole moglie di Gianfuffezio, muore tragicamente nella tremenda catastrofe di Ponguska del ’49.
medi_antichi I Medi Antichi
Agli ordini del professor Azathoth, i Medi Antichi aspettano nell’ombra il momento giusto per seminare accidia e vago fastidio in tutto il Bosco delle Minchiate.
mimmo_fuffrido Mimmo il Coniglietto Coraggioso / Fuffrido / Asfenaz
Quarto figlio di Sissi e Fuffenstein, uno dei due coniglietti maledetti assieme al fratello Fuffi/Mimmrir.
molotov Molotov
Decimo figlio di Sissi e Fuffenstein, fratello minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
mostri I Mostri del Villaggio dei Mostri
I loro tentativi di condurre una vita pacifica e bucolica vengono ripetutamente frustrati da incendi e distruzioni insensate del loro grazioso villaggio.
mostrotron Mostrotron
Unica difesa del Villaggio dei Mostri, non viene mai usato al momento giusto.
oracolo_pinnacolo Ottone Orazio Ottavio O’Malley, l’Ottavo Oracolo del Pinnacolo
Chi sarà mai?
palmiro Palmiro
Braccio destro di Zio Ciro, viene da lui maledetto assieme a tutti i suoi sottoposti per una losca faccenda di pongo.
pancrazio Pancrazio, Santone Avventizio
Collega e rivale di Baalagna Santamannaya, tende a morire più spesso del normale.
papa_eucalipto Papa Eucalipto XIV
Vicario del Dio Criceto delle Galapagos nel Bosco delle Minchiate, cerca valorosamente di portare le Sacre Parole Squittenti in tutti gli angoli del mondo.
papisti I Papisti
Seguaci e fan di Papa Eucalipto XIV, lo seguono fedelmente nella sua crociata.
Parassita
Figlio di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz, lo segue alla ricerca di Baalagna.
pinguini I Pinguini Innocenti
Lavorano nelle viscere della terra per cablare in fibra ottica l’intero Bosco delle Minchiate.
quandecco Il Quandecco Selvatico
Terrore dei Monti Lillini: nessuno è al sicuro mentre il Quandecco Selvatico solca i cieli!
Rosita
Adorata figliola di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz, sposa l’indegno Mafaldo con enorme dispiacere del padre.
samantha Samantha
Nona figlia di Sissi e Fuffenstein, sorella minore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e maggiore di Fuffi/Mimmrir.
sardanapapero Sardanapapero
Uno dei saggi capi della comunità quackera, padre affettuoso di Arvadita, Semarita e Lamatita, mogli di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz.
semarita Semarita
Una della tre figlie di Sardanapapero, moglie di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz.
shapiro Shapiro Palmirossen
Drago nano del Villaggio dei Mostri, nasconde un tragico segreto!
sissi Sissi
Moglie di Fuffenstein e madre (tra gli altri) di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmrir.
spatola Spatola
Pupa del boss della mala Kamaleon.
teodoro Teodoro
Il castoro Teodoro lavora pazientemente alla costruzione di un ponte sul fiume Cincischìo.
tigre Tigre
Assieme a Cobra è uno dei due più fedeli sgherri del boss della mala Kamaleon.
ugo Ugo
Primogenito di Sissi e Fuffenstein, fratello maggiore di Mimmo/Fuffrido/Asfenaz e Fuffi/Mimmrir.
yakko Yakko, Idolo delle Folle
Famoso attore televisivo, star del telefilm esistenzialista per tutta la famiglia “Cani & Criceti”.
zio_ciro Zio Ciro
Eroe di guerra, muore valorosamente salvando il Bosco delle Minchiate dell’ira del Grande Chtullio!

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La Fantasmagorica Mappa del Leggendario e Misterioso ancorché Inutile Bosco delle Minchiate

Anni di studi approfonditi e laboriose ricerche da parte del famoso storico lappone Mimmø Bradipœnnen e del suo team di accaniti filologi cyborg hanno permesso di ricostruire con dovizia di particolari un’accurata mappa del Bosco delle Minchiate, come narrato nell’appassionante romanzo “Le avventure di Mimmø Bradipœnnen e del suo team di accaniti filologi cyborg”, da cui è stato tratto il famoso blockbuster hollywoodiano “Tensione fatale – Se mi lasci me ne vado in Lapponia” con Vin Diesel.
E allora? Vi chiederete voi. Bella domanda. E allora come possiamo noi esimerci dal presentarvi il frutto di cotanta fatica? Eh? Come? Avete qualche suggerimento? No, eh? Vabbè, allora non possiamo che presentarvi, con le lacrime agli occhi di fronte a tanto splendore, la Fantasmagorica Mappa del Leggendario e Misterioso ancorché Inutile Bosco delle Minchiate! TA-DAN! Ecco.

mappaminchiate


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Sulla Funzione Consolatoria del Giallo

jokscand01Ebbene sì, cari figliuoli. Anche quest’anno il Santo Natale è venuto e passato. Noi, invece, siam sempre qui, saldi come i Bastioni di Orione, a far la guardia a un barile come ben illustra l’immagine qui accanto, e a ragguagliarvi con dovizia di dettagli sulle nostre letture che di certo vi interesseranno dimolto. Come resistere, per esempio, al fascino de Il Natale di Poirot, della inossidabile Agata Crìsti, che per giunta il cognome ben s’adatta allo spirito & alla natura delle feste or ora trascorse? Oltretutto mi pareva cosa buona & giusta colmare una lacuna incresciosa, visto che arrivare alla mia età senza mai aver letto un Giallo Mondadori di cui peraltro ho la casa piena mi sembrava indelicato. Comunque, per farla breve. Avete presente i Casi dell’Ispettore Ford di Woody Allen? No? Peccato, perchè sono il paragone più calzante (1). Più che libri, i gialli classici, i whodunit, sono giochi di prestigio. L’autore attira la tua attenzione su dettagli che ti sembrano importanti, e intanto alle tue spalle porta avanti il suo piano diabolico (nel senso che arrivi alla fine, e non hai capito chi è l’assassino, oppure hai fatto le tue deduzioni ovviamente errate e ti sembra di sentire la sinistra vecchiaccia che se la ride) – come qui, per esempio: l’incredibile somiglianza tra due personaggi, che si rivelano strettissimi parenti, è sottolineata in media ogni venti righe: e tu fai le tue ipotesi, e intanto c’è un terzo personaggio che somiglia incredibilmente agli altri due, ma viene detto una sola volta più o meno così: cazzoperòmaquantovisomigliate. E poi più nessun accenno. E dunque arrivi alla fine, dove il detestabile Puarò ti mostra quanto è più intelligente di te e dell’assassino, descrivendo un piano così cervellotico che neanche gli Enigmi Polizieschi Illustrati della Settimana Enigmistica (tipo Il Nostro Amico Leo Indaga) arrivano a tanto, e ti chiedi: ma perchè? Perchè in realtà il giallo, almeno questo tipo, è una specie di Commedia dell’Arte, in cui la verosimiglianza conta assai poco: i personaggi sono maschere (a partire dall’investigatore): il ricco avvoltoio che poi schiatta e sotto sotto non ci dispiace affatto, il politico gradasso, l’artista fallito ma d’animo sensibile, la bellona arrivista, il segretario truffaldino, il maggiordomo inamovibile, e così via; le scene stereotipate, quasi rituali (l’immancabile riunione dove si svela il colpevole, le scene a due che servono a fornirci indizi), la conclusione inevitabile.
E’ un genere consolatorio, il giallo, a pensarci bene: soddisfa un bisogno assai comprensibile e diffuso, il bisogno di giustizia, ma ancora più profondamente, soddisfa il bisogno di sapere “come” e “perchè”, due domande che più fondamentali non si può – due domande a cui assai di rado possiamo dare risposte in tutta una vita, figuriamoci in cento pagine. Il mondo in cui si svolgono i gialli è un mondo comprensibile e soprattutto razionale: se leggeste un giallo in cui Puarò scopre che il ricco Simon Lee è stato ucciso col potere del VUDU’, cosa direste? Che minchiata. Esatto. Perchè invece se l’assassino uccide il vecchio, e lo ricopre di sangue di maiale e poi simula una rapina rovesciando i mobili (compreso il “greve tavolo” – la traduzione anni ’40 è spesso quantomeno curiosa) e poi lega suppellettili e gingilli vari a una corda che fa penzolare dalla finestra, e poi torna due ore dopo (mentre al piano di sotto non sentono un’ostia perchè stanno “sonando il grammofono”) e va in giardino e tira la corda e tutte i vari arnesi cadono a terra simulando il rumore di una colluttazione e togliendo il tappo a un palloncino collegato a una specie di fischietto che produce un rantolo d’agonia, beh, questo va bene. Nella vita reale lo avrebbero beccato in giardino a strattonare la corda (“Scusi, buon uomo, ma esattamente, checcazzo sta facendo nel mio giardino?”). Nella vita reale avrebbe sterminato tutti i presenti a colpi di kalashnikov e poi dato la colpa alle bande di slavi che rapinano le ville. Ma, come dicevo, non è una questione di verosimiglianza o di plausibilità. E’ un gioco di prestigio. Arrivi alla fine e dici “‘Azz- non ci sarei mai arrivato” (“perchè è una cazzata”, aggiungono alcuni, ma in silenzio).

***

(1) “Chi può volere lo zaffiro Bellini?” chiese il curatore del museo. “Non sanno che è maledetto?”
“Beh,” disse l’Ispettore Ford, “sarà un gioiello portasfortuna ma è di valore, e se lo volete indietro, andate alla salumeria Handleman e arrestate Leonard Handleman. Troverete lo zaffiro nella sua tasca.”
Come ha fatto a sapere l’Ispettore Ford chi era il ladro del gioiello?
Il giorno precedente, Leonard Handleman aveva detto: “Urca, che lavoro di merda mi tocca fare. Ma un giorno o l’altro…”
(Woody Allen, Citarsi Addosso, Bompiani 1989)


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Il Calendario di Frate Cazzaro – Gennaio 2010

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Frate Cazzaro converte i Marziani!
Il nobile Frate, sceso sul Pianeta Rosso in missione per conto di Dio, dimostra ancora una volta tutta la sua sagacia convertendo gli omini verdi al veganesimo, ovverosia il culto fanatico e sanguinario del Re Vega e dei suoi diabolici robottoni. La Terra non ha più speranza!

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Consigli per la pesca del criceto di mare
Poiché questo feroce predatore degli abissi si trova solo a più di mille metri di profondità, è necessario munirsi di una lenza molto lunga e di un randello nodoso con cui troncarlo di mazzate una colta portato in superficie. Sempre che non vogliate finire strangolati dalle sue spire possenti e dalle sue affilate tenaglie, che tante navi hanno trascinato al loro crudele destino.
Osservazioni degli antichi, antichi e antichissimi Ippopotamici
I saggi, saggi e saggissimi abitanti dell’Ippopotamia erano soliti osservarsi l’un l’altro e spettegolare dei vicini. Questo fastidioso, fastidioso e fastidiosissimo comportamento fu la causa della loro rovina, come viene chiaramente spiegato dal Pellegatti Rompiglioni nel suo tomo “Gli antichi, antichi e antichissimi Ippopotamici e la morte per inedia”.
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Estratti dal romanzo “La notte del dugongo”
[…] e fu così che mi ritrovai, mio malgrado, incatramato e impiumato nel salotto buono di Lady Angostura. Per fortuna la mia parlantina mi aveva salvato da situazioni ben peggiori, anche se la presenza del sagrestano, il Reverendo Ming, rappresentava un serio ostacolo ai mie piani.

 

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La Blatta Parlante si ubriaca di brutto
intossicandosi con una quantità smodata di Tavernello inacidito. Dopodiché provvede a rendersi molesta nonché invisa a tutto il paese di Colica sul Reno cantando a squarciagola “La bella Gigogin” sotto le finestre del parroco.***

 

Usanze malsane e immorali dei nostri bisnonni
Come tutti ben sanno, quei debosciati dei nostri bisnonni usavano fare i gargarismi con il lardo di Colonnata.

***

Parole desuete, ma aggraziate
Cnissoregmia.
Brachiblasto.
Froldo.

J. Tiberius Buccinasco

– Concerti Brandeburzumesi –
Primo Movimento Scomposto K 525 e 1/4

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Il Santo del Mese

Beato Giona Sufurino
Dopo anni di stenti e privazioni passati piamente nel Convento di Broken, lo sgamato Giona Sufurino decise infine di passare alla concorrenza. I suoi traffici con le Forze Oscure lo resero lo zimbello di tutti i suoi confratelli, in particolare a causa della pelliccia leopardata che gli venne imposta come livrea dagli Spiriti Maligni. Nonostante ciò il nostro eroe non si pentì mai della sua decisione, affermando in più di un’occasione: “Meglio una pelliccia leopardata che un vestito alla Elvis” riferendosi alla tenuta dei pii fraticelli del convento.

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Ordini dall’alto
E Sansone disse loro: “Ancorché abbiate fatto questo, tuttavia prenderò vendetta anche di voi e solo allora mi darò pace”. E li percosse con una grande sconfitta, tantochè per lo stupore mettevano la gamba sotto la coscia.

 

Giudici 15, 7

Ordini dal basso
Per farsi venire i porri
In una notte serena del mese di gennaio, guardando il firmamento, si contano tre stelle dicendo: una, due, tre, verruca viem. Intanto si dà un pizzico sulla pelle dove si vuol far nascere il porro. Bisogna ripetere il rito tre notti di seguito, ponendo attenzione di guardare sempre le stesse stelle. Recitando le parole con vivo desiderio presto nascerà la verruca.

 

Il Vero Libro Infernale

Fregio04


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Il Libro del Sole e dello Scorbuto

Scritto nel lontano 347 su pergamene di pelle di gerbillo dal famoso profeta ugro-finnico Jakko Pallopoompurii, questo libro raccoglie antiche perle di saggezza e racconti ricchi di significato e moralità. Per molto tempo venne ritenuto perso nella tremenda Invasione di Lumachelle del 789, che devastò l’intera Finlandia e giunse finanche alle porte di Bergamo, ma recenti scavi archeologici nelle fogne di Kønkøretsø hanno portato alla luce i resti di questo antico capolavoro.
Un paziente lavoro di restauro, condotto da una squadra di nani lapponi nello scantinato del comune di Settälä, ci permette oggi di presentarvi Il Libro del Sole e dello Scorbuto in tutta la sua gloria! Beh, quasi tutta… purtroppo alcuni capitoli sono danneggiati oltre ogni possibile riparo, ma siamo sicuri che qualche migliaio di parole mancanti o una decina di salti logici non detrarranno alla bellezza di quest’opera. Davvero. Fidatevi.

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Il Libro del Sole e dello Scorbuto

Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Il Cucchiaio di Re Salomone
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Lo strano caso di Peter Anatroide Von Roba
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Arcanum Pistacchiorum
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: il Dilemma di Papa Bregonzio
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Esegesi delle Nebbie
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Ipostapìa del Colosso
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: L’Orrenda Minaccia delle Turbe Raccogliticce di Tzegangarot, l’Atroce Pianeta del Taleggio a Fettine
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Il Pitosforo furioso
Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Il Dramma di Lasciaprosciutto Re di Danimarca
Panuzzi ed i Bassi Indiavolati al Putzendorf International Music Festival
Il libro del sole e dello scorbuto: Se passate da via Broletto (Poponi Collaterali I)

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