Tanto tempo fa, nel pacifico Reame Ciccino e Melenso della Bontà Stucchevole viveva un Re saggio e benevolo, che governava il suo popolo con mano ferma e fegato alcolizzato. Re Bur-Zhum III nascondeva però nel cuore un grande dolore: quello di non essere mai riuscito a dare un erede al suo regno. Anche perché passava il suo tempo libero al bar sotto casa a giocare a briscola chiamata con i pensionati delle ferrovie, ma questo è un altro discorso. E così il povero Re Bur-Zhum III trascorreva le sue giornate a gemere e lamentarsi dei suoi dolori, affliggendo tutti coloro che gli stavano intorno e soprattutto il suo fido consigliere Fido, che aveva anche finito i tappi per le orecchie.
E così il fido Fido gli disse:
“Maestà, avrebbe anche un po’ rotto. Si può sapere che ha da lamentarsi adesso?”
“Ohibò, mio fido Fido!” – disse il Re – “Mi sto avvicinando all’età della pensione e non ho un erede! Sono rovinato!”
“Se invece di passare il tempo a giocare a tressette se ne fosse andato a lumare le passanti sul lungomare, a quest’ora non sarebbe nei guai, Maestà!”
“E’ molto vero, ma ormai è troppo tardi. Che posso mai fare? Me misero, me tapino!” – e così il Re riprese a lamentarsi senza ritegno.
“Basta, Maestà! Abbia pietà di me!” – esclamò il fido Fido – “Perché non si reca a chiedere consiglio ed aiuto dalla giuliva Fata Ciambella?”
“Pensi che possa aiutarmi?”
“Certo che sì! Di sicuro! E poi sono solo due settimane di viaggio per arrivare fin lì.”
“Molto bene! Di te mi fido, mio fido Fido, e quindi andrò!”
E così dicendo il savio Re Bur-Zhum III si mise in cammino verso l’ilare Fata Ciambella.
Due settimane dopo il nostro coronato eroe giunse infine al lugubre maniero della Fata e la sorprese durante il suo meritato sonnellino pomeridiano.
“Ehilà, mia allegra Fata Ciambella! Sono io, il tuo amato sovrano! Porgi orecchio al mio lamento e allevia il mio dolore” – urlò a squarciagola il Re all’orecchio della Fata addormentata.
“Macchecazzo!” – sbraitò la non più tanto giuliva Fata – “Vuoi farmi venire un infarto, vecchio scimunito? Il dolore te lo allevio a roncolate!”
“Non credo che funzioni” – rispose il Re.
“Vabbè, ho capito. Che cosa vuoi, idiota?”
“Un erede!”
“…”
“Allora? Mi aiuti?”
“Vuoi un erede da ME? Starai scherzando!”
“Non scherzo dal ’54. E comunque il mio fido Fido mi ha confidato fiduciosamente che solo tu puoi aiutarmi. Ti prego, Fata Ciambella: sei la mia unica speranza!”
“Sei messo male, coso.”
“Eddai, mica ti chiedo molto. Solo un erede. Che ti costa?”
“Piuttosto, cosa costerà a te. Fanno cento sacchi.”
“Ne ho solo 50. Ho lasciato il portafoglio a casa.”
“Posso darti un cane.” – disse la gioconda Fata Ciambella indicando il botolo rognoso che stava masticando le scarpe del Re.
“Che me ne faccio di un cane? Non può mica sedere sul trono.”
“Certo che sì! Guarda: SEDUTO!”
Come per magia, il cane si accasciò all’improvviso sui piedi di Sua Maestà.
“AHIA! Maledetto sacco di pulci!”
“Vedi? Funziona!”
“Sarà, ma non mi convince. Un re ha un sacco di responsabilità, sai? Non è mica un lavoro facile. Mi ricordo una volta, quando -“
“Occhei, occhei, ho capito. Non ti va bene niente, eh? Facciamo così: il cane te lo porti a casa come principessa, indici un bel torneo, lo fai sposare a un baldo giovine e così, come per magia, ti ritrovi con un erede.”
“Ma chi vuoi che partecipi a un torneo per sposare un cane? Non verrà nessuno!”
“Senti cocco, tutto io ti devo spiegare? Tu dici che il cane è una principessa trasformata da una strega malvagia e solo il bacio del suo vero amore può spezzare l’incantesimo.”
“E dici che ci cascano?”
“Funziona sempre.”
“E quando il cane non si trasforma?”
“Non è vero amore. Peccato.”
“Mi hai convinto! Prendo il cane!”
“Fanno 50 sacchi. E ti do anche il collare antipulci.”
“E’ un piacere fare affari con te, Fata Ciambella!”
E fu così che il saggio Re Bur-Zhum III tornò nel suo palazzo con la leggiadra Principessa Cane al suo seguito. Grande fu lo stupore del fido Fido, quando il Re annunciò di volerla presentare a corte:
“Te la affido, mio fido Fido! Solo in te confido! Proteggila con la tua vita fino al giorno delle nozze.”
“Maestà, ma tutto ciò non ha alcun senso!”
“Neanche l’ultima legge sui barili, ma non mi senti lamentare. E ora portala a fare una passeggiata, mentre preparo l’editto per il torneo.”
“Ma non è neanche un cane femmina!”
“Mi deludi, mio fido Fido. Non ti facevo così retrogrado. Vergogna!”
“Mi scusi, Maestà, non so cosa mi è preso. Bel collare comunque.”
Passarono i giorni e i baldi giovani pretendenti arrivarono al castello, esclamando a gran voce il loro stupore di fronte a tanta magia e maraviglia:
“Certo che Re Bur-Zhum si è proprio rincretinito.”
“Mi hanno detto che non ha neanche il pedigree!”
“Io avrei preferito un criceto…”
E giunse così il giorno del torneo. Tutti i partecipanti si presentarono con l’armatura lustra e la spada affilata, mentre la leziosa Principessa Cane li osservava dalla Real Cuccia, ansimando rumorosamente e giocando con la sua pallina.
Le mazzate iniziarono subito e i giovani cavalieri se le diedero di santa ragione, finché solo due rimasero sul campo di battaglia: il crudele Ser Rottolo, proprietario del canile di zona, e il misterioso Cavaliere Nero.
I due presero subito a mazzuolarsi come si usa tra la nobiltà, scambiandosi insulti e lazzi. All’improvviso il malvagio Ser Rottolo sferrò un colpo potente, scaraventando in aria l’elmo del suo misterioso avversario. La folla lanciò un grido di stupore!
“Ooooh!” – disse la folla.
“Ooooooooh!” – disse il Re.
“Woof” – disse la Principessa Cane.
Davanti ai loro occhi stupiti c’era nientepopodimeno che il fido consigliere Fido!
“Spietato Ser Rottolo, io ti sfido!” – disse il fido Fido.
“E io me la rido, o fido Fido!” – disse l’efferato Ser Rottolo, prima di scagliarsi con violenza contro il suo avversario. La lotta fu breve, ma feroce come un coguaro incattivito.
Ma ecco che il fido Fido lanciò un grido e si accasciò ferito sul gelido pavimento. Il viscido Ser Rottolo ne approffittò per bullarsi delle sue malefatte:
“Ah-ah! Finalmente sei ai miei piedi, o fido Fido! A nulla può più il tuo Aikido! E adesso impalmerò la Principessa Cane e la rinchiuderò nel mio canile, dove languirà per il resto della sua pelosa esistenza, senza mai più vedere la luce del sole! Bwah-ha-ha! E una volta sul trono bandirò tutti i cani dal reame e istituirò una tassa sulla parola cane, accioché nessuno osi più nominare queste bestie ripugnanti! Bwah-ha-AHIA!” – all’improvviso il tracotante Ser Rottolo crollò a terra, mentre la Principessa Cane gli azzannava il polpaccio ringhiando.
“Muori, canaglia!” – esclamò il fido Fido, trapassandolo con la spada.
“Perché tanto odio?” – disse l’agonizzante Ser Rottolo, rantolando – “Perché hai partecipato al torneo? Pensavo che odiassi quel sacco di pulci!”
“Così era all’inizio, ma poi mi ci sono affezionato. Le tre uscite al giorno, le scarpe masticate, le notti insonni ascoltando i suoi uggiolii… Non posso più vivere senza di lei! Lui. Insomma, hai capito.”
“No.” – sospirò il laconico Ser Rottolo, esalando il suo ultimo respiro.
E fu così che il fido Fido sposò l’aggraziata Principessa Cane, diventando così l’erede del Trono di Ghisa del Reame Ciccino e Melenso della Bontà Stucchevole. E vissero per sempre felici e contenti.
Morale:
Bau.
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