Anthropometamorphosis, ovvero il Trovatello Artificiale

CoxEhm. In realtà il titolo originale dovrebbe essere “The Artificial Changeling” e riferirsi agli svariati modi in cui le persone d’ogni popolo e tempo modificano il proprio aspetto. Già. Ma non ci interessa per il momento, se non perchè così è citato, assieme a una legione di altri titoli antichi e improbabili, ne «Il Significato della Notte», di Michael Cox, interessante romanzo in costume (anzi, come dice la prefazione, esempio di Narrativa Vittoriana Post-Autentica) giunto sui nostri scaffali grazie alla sollecitudine ancora una volta dell’amico Max. E dunque.
Il signor Glyver è un distinto gentiluomo nella Londra vittoriana. Diviso tra l’amore per i libri antichi e quello per la signorina Carteret, mr. Glyver lavora come consulente per un prestigioso studio legale. Come il signor Wolf, risolve problemi: svolge indagini, cerca prove, e quando le prove non ci sono, le fabbrica. Non è proprio uno stinco di santo, mr. Glyver: ci confessa con invidiabile flemma di aver mandato sulla forca un innocente per difendere un cliente accusato di uxoricidio. In effetti, qualche dubbio sull’integrità morale di mr. Glyver potevamo averlo già all’inizio del romanzo, visto che si apre con mr. Glyver che commette un omicidio. Ma bisogna capirlo: mr. Glyver ha avuto un’infanzia difficile. E soprattutto, come ogni eroe vittoriano che si rispetti, ha un Nemico: mr. Phoebus Daunt, impeccabile, colto, ovviamente coi baffetti e la faccia di Jude Law. I due si conoscono da sempre, si potrebbe dire: e ogni volta che la vita di mr. Glyver ha subito uno scossone c’era di mezzo Phoebus Daunt. Come quando è stato espulso dal college: per colpa di chi? Di mr. Daunt. E chi insidia la bella miss Carteret, minacciando di mandare a monte il suo matrimonio? Phoebus Daunt, ovviamente.
A un certo punto mr. Glyver scopre di essere figlio illegittimo di un nobile di campagna. Raduna tutti i documenti e tutte le prove possibili – è una persona meticolosa, dopotutto – per farsi riconoscere dal padre e diventare così ricco e blasonato. E scopre che il vecchio, senza figli, ha deciso di adottare un giovine di famiglia povera ma di belle speranze e nominarlo suo erede universale. Indovinate chi? Phoebus Daunt. Così mr. Glyver commette un omicidio. E come dargli torto? In effetti si può, visto che non uccide mr. Daunt, ma un tizio che non c’entrava nulla.
«Il Significato della Notte» è una specie di thriller erudito e retrò, in cui mr. Glyver narra la storia della sua vita e delle sue letture con tipico understatement britannico, prendendosi lunghe pause per divagazioni e considerazioni filosofiche. Per cui sappiatevi regolare, se cercate ritmi forsennati, sparatorie e sesso a carrettate rivolgetevi altrove. E’ anche uno di quei romanzi che, giunti alla fine, rivelano un’inaspettata chiave di lettura, di quelle che ti domandi «E se fosse…?”»
Ci era già capitato con «L’Uomo che fu Giovedì», sebbene lì la situazione fosse diversa. Qui viene da chiedersi, alla fine della lettura: ma siamo proprio sicuri che sia mr. Glyver, l’eroe? Certo, è lui che racconta la storia, e tendiamo a immedesimarci nel suo punto di vista: ma stiamo parlando di una persona dalla dubbia moralità, l’avrete capito, e soprattutto, nonostante le sue ragguardevoli letture, tutt’altro che brillante. Per esempio, i documenti da cui dipende il suo riconoscimento come legittimo erede di Lord Tansor sono sulla scrivania per tre quarti del romanzo, e il lettore – che non ha bisogno di essere iscritto al MENSA per arrivarci – deve impedirsi di scuotere il libro di tanto in tanto e mettersi a gridare «Eddieeee! Mapporcaputt*na! Apri quella ca**o di bustaaaaa!» E quando finalmente, dopo l’ennesimo sconfitta ad opera di Daunt, mr. Glyver opta per una soluzione radicale – decide prima di compiere un omicidio di prova. Già. Esce di casa e uccide un tizio che non c’entrava nulla per dimostrare a sè stesso che quando sarà il momento, mr. Daunt non avrà scampo. E invece: qualcuno lo segue, lo sgama, per usare un francesismo, lo ricatta (ovviamente Phoebus Daunt, che non è mica un fringuello e che a questo punto del romanzo ha ormai tutte le simpatie del lettore).
E’ quello che si dice il problema del “Narratore Inaffidabile“: l’unico modo per noi di venire a conoscenza dei fatti di cui tratta la storia, in casi come questi, è affidarci a chi ce la racconta (per dire, mr. Glyver viene espulso dal college per colpa di Daunt. Ah sì? Ma chi ce lo dice? Ce lo dice mr. Glyver, e Matlock se lo mangerebbe in un boccone). Ma se ci racconta ca**ate, cosa facciamo? Magari possiamo costruire spiegazioni alternative: dopotutto mr. Daunt è intelligente, abile, e nonostante le sue umilissime origini, capace di farsi largo nella vita. Magari è lui l’eroe del romanzo, e Glyver il cattivo. Come nel film Dodgeball. O almeno sono moralmente alla pari, il che fornisce al lettore l’inaspettata possibilità di scegliere da che angolazione osservare la storia e scegliere da che parte stare. Noi, ovviamente, con mr. Daunt.


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Kaprawoulf: CAP XX

f-kaprawoulfermo! Fermo!”
Kaprawoulf afferrò la pinna del pinguino che gli stava premendo la tempia.
“Squek!”
Il pinguino cercò di beccargli un occhio, ma Kaprawoulf fu lesto a schivarlo.
“Ho detto fermo, per Diana. Stai buonino un momento che non si capisce più niente. Ok, la trance mistico cosmica può aspettare 5 minuti, no? E tu scendi dal platano!”
Piccola Zufola si era arrampicata sui rami del povero platano che nel frattempo si era sdraiato per terra sperando di non esser visto.
“Ma…”
Provò ad obiettare Fanfulla Seconda.
“Niente ma! Io non ci sto capendo più niente, quindi con calma, uno per volta, ci mettiamo in fila e facciamo il punto della situazione. Allora, venite tutti qua, da bravi.”
Il pinguino si mise diligentemente in fila, di fianco a lui Flaffenberg ed Erinnarinnirahannarica. Poi arrivarono Sgabello e Bombetta, seguiti dal platano e dalla piccola Zufola che ancora ondeggiava appesa ai rami. Fanfulla Seconda aiutò la piccola a scendere dall’albero e si mise diligentemente in fila. Accanto a lei Kaprawoulf trascinò il cadavere dell’oscuro mago Cannolo.
“Molto bene. Manca qualcuno?”
“Sì un momento. Manchiamo noi. Stiamo arrivando.”
Alfonso Bignè ed il detective arrivarono correndo dalla stazione. Il detective aveva ancora le sembianze di un mostro orrendo e tentacolato. Ma che ci volete fare? Così va la vita a volte.
“Molto bene. Mettetevi in fila con gli altri. Ci siamo tutti adesso?”
Un colpo di tosse provenne da dove l’oscuro mago Cannolo si era schiantato al suolo.
Kaprawoulf si girò per vedere un’oscura ombra fare timidamente capolino da dietro un bidone.
“E tu chi saresti?”
“Io sono l’oscura nebbia del male e della sofferenza, sono sfuggita alle grinfie del mago Cannolo poco prima che si schiantasse al suolo. Sono rimasta nascosta dietro quel bidone perchè mi sentivo confusa, ma credo che parlarne potrebbe aiutarmi.”
“Ti ha evocato il mago Cannolo?”
La presenza, che pareva una scura nebbia indistinta, si avvicinò agli altri e si mise ordinatamente in fila.
“Sì. Credo che il suo obiettivo fosse di sguinzagliarmi per le lande di questo paese a seminare morte, panico e distruzione. Non mi evocano mai per altri motivi. Chessò, dipingere una staccionata. O magari per invitarmi a cena, sarebbe carino per una volta. Niente. Mi evocano sempre con lo scopo di distruggere e uccidere. Non che non mi piaccia, sia chiaro, però dopo un po’ una si stanca e vorrebbe anche fare qualcosa di diverso. Io ad esempio sono bravissima con le ombre cinesi, volete vedere?”
“Non adesso Oscura Nebbia del Male, aspetta in fila che sto cercando di fare un po’ di chiarezza.”
Kaprawoulf si rivolse al pinguino.
“Comincia tu.”
“Squerek sbaraquek. Quek sbrek bertoldbrecht, quakamakawaka uh! Quok Quorok…”
“Ok, aspetta un momento, magari la tua parte la sentiamo dopo. Comincia tu.”
Lo interruppe Kaprawoulf per poi rivolgersi a Flaffenberg.
“Io? Io non ho fatto niente, ti sto seguendo dal primo capitolo e ci sto capendo meno di te. Me ne stavo tanto bene a casa, mica ho scelto io di venire.”
“Ok. Almeno il tuo ruolo nelle vicende è chiaro. E tu invece? Che ci stai a fare qui?”
Kaprawoulf stava guardando Erinnarinnirahannarica che si stava guardando attorno con espressione confusa, a dir poco.
“Io ecco…”
Erinnarinnirahannarica si frugò nelle tasche.
“Forse potrebbe essere il momento di leggere questa.”
Erinnarinnirahannarica tirò fuori una lettera spiegazzata, l’aprì ed iniziò a leggere.
“Figlio mio, piccolo mentecatto, se mai leggerai queste mie parole significa che io sarò morto. O nella migliore delle ipotesi avrò trasferito la mia mente in qualche forma di vita inferiore…”
“Squek!” protestò il pinguino.
Erinnarinnirahannarica proseguì senza badargli.
“Ad ogni modo devi sapere che non ho lasciato te e tua madre perchè non vi amavo. E’ che mi ero proprio rotto il cazzo. Non pensavo che avrei fatto fortuna venendo nella Terra del Freddo Lontana ed Inospitale, volevo solo andare via da voi due scassaminchia ed annegare il resto dei miei giorni nel bourbon. Il camionista svizzero che mi portò a Zeermelo mi consigliò anche una locanda e lì ebbi a dividere la stanza per una notte con un uomo strano ancorchè misterioso, oltre che quasi completamente demente. Quest’uomo mi parlò di cose inaudite. Del suo commercialista, delle calzature di nobili decaduti e di una miniera di giada qual mai si era vista in queste terre.”
“Cough! Cough!” il detective era preda di un attacco di tosse ma nessuno gli badò.
Erinnarinnirahannarica continuò a leggere:
“Ebbene trovai la miniera, nell’Umido e Fanghiglioso Territorio da Qualche Parte al Nord. Non starò a dirti dove si trova di preciso, sarebbe troppo facile piccolo il mio allocco. Purtroppo mentre tornavo in città con il mio primo bottino di giada fui bloccato dagli scagnozzi di Alonso, il boss che da quelle parti la fa da padronso.”
“Ehm.” a quel punto fu Kaprawoulf a tossicchiare guardandosi intorno con aria imbarazzata. nessuno ci fece caso.
Erinnarinnirahannarica continuò:
“Da quel momento gli spietatissimi ninja di Alonso mi sono alle calcagna. Sono riuscito a fuggire fino a tornare nella Terra del Freddo Lontana ed Inospitale, ma non credo riuscirò a distanziarli ancora per molto, anche perchè sto perdendo un sacco di tempo per scrivere questa stupida lettera, e per finire il cotechino, ma vabbè. Se non dovessi farcela spero che tu riuscirai a trovare la miniera grazie alle indicazioni cifrate che ora riporterò.
Ha ha! Scherzo. Niente indicazioni cifrate mentecatto. Se vuoi la miniera allocco, devi guadagnartela. Come so che questa lettera giungerà fino a te e verrà letta al momento opportuno? Me lo ha detto l’autore. Basta che la dia ad una tizia in quel negozio di dischi dall’altra parte della strada e le dica di aprirla quando sarà il momento. Facile, no?”
Erinnarinnirahannarica alzò la testa dalla lettera.
“E’ forse di aiuto a qualcuno? Io non ci ho capito un accidenti.”
Il pinguino guardò Kaprawoulf.
“Squek?” disse.
Il detective guardò il pinguino.
“Ehm, pennuto!” disse.
Kaprawoulf guardò Erinnarinnirahannarica e non disse nulla.
“Tocca a me?” chiese Sgabello.


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«Spigolature»

phrenology Avevano un mito della creazione, ma era così complicato che al confronto i poemi omerici sembravano la lista del droghiere. Un individuo la cui posizione ereditaria sembrava essere quella di filosofo (letteralmente: osservatore di utili sarcasmi) disse che neppure lui lo capiva. Ma a cosa serviva un mito, se lo si capiva?

L’artista non è un uomo speciale, piuttosto l’uomo che non sia un artista in qualche cosa è un incapace. Il tipo di artista che ciascuno può essere, falegname, pittore, giurista, fattore o prete è determinato dalla sua natura, ovvero dalla sua nascita. Il solo uomo che ha diritto di astenersi da tutte le attività costruttive è il monaco che ha già abbandonato gli scopi che dipendono da cose artificiali e che non è più un membro della società attiva. Nessun uomo che non sia un artista ha diritto a uno status sociale.

Lei, signor de la Fleurissoire, appartiene al numero di quelli che preferiscono i pretenziosi poponi del nord, le pere verdi di Inghilterra, i cantalupi, che so io, ai nostri succulenti cocomeri d’Italia?

Maledictus sit vivendo, moriendo, manducando, bibendo, esuriendo, sitiendo, jejunando, dormitando, dormiendo, vigilando, ambulando, stando, sedendo, jacendo, operando, quiescendo, mingendo, cacando, flebotomando. Maledictus sit in totis viribus corporis. Maledictus sit intus et exterius. Maledictus sit in capillis; maledictus sit in cerebro.  Maledictus sit in vertice, in temporibus, in fronte, in auriculis, in superciliis, in oculis, in genis, in maxillis, in naribus, in dentibus, mordacibus, in labris sive molibus, in labiis, in guttere, in humeris, in harnis, in brachiis, in manubus, in digitis, in pectore, in corde, et in omnibus interioribus stomacho tenus, in renibus, in inguinibus, in femore, in genitalibus, in coxis, in genubus, in cruribus, in pedibus, et in unguibus.

Va oprendo tra il lusco e il brvsco, salutata da tre squilli di fanfara e due scorregge vestite, la superba Sagra del Papero Sotto Pressione. Le bestiole saranno per l’occasione ricattate ed esposte a spaventi d’ogni genere, incalzate con l’apino in discesa e infine pigiate nell’angolino.

I presenti lo seguirono, con l’eccezione di Scythrop, il quale si gettò in poltrona, incrociò il piede sinistro sul ginocchio destro, pose il palmo sinistro sulla caviglia sinistra, poggiò la base del pollice destro contro la tempia destra, curvò l’indice lungo la parte superiore della fronte, la punta del medio lungo il dorso del naso, e le altre due dita verso la parte inferiore del palmo, fissò lo sguardo insistentemente sulle vene del dorso della mano sinistra e così rimase, come l’inamovibile Teseo, che, cosa ben nota a molti che non hanno frequentato il college e anche a qualcuno che lo ha fatto, sedet, oeternumque sedebit. Speriamo sinceramente che gli ammiratori delle minutiae in poesia e in prosa possano apprezzare questa accurata descrizione di un atteggiamento pensoso.

Penis is evil! The Penis shoots Seeds, and makes new Life to poison the Earth with a plague of Men, as once it was. But the Gun shoots Death and purifies the Earth of the filth of Brutals. Go forth, and kill! ZARDOZ HAS SPOKEN.

***

Citazioni tratte da: J. Haldeman, Al Servizio del TB II; A. K. Coomaraswamy, Arte Cristiana e Arte Orientale; A. Gide, I Sotterranei del Vaticano; L. Sterne, Vita & Opinioni di Tristram Shandy, Gentiluomo; F. M. Sardelli, Saggi di Metafisica Neorazionalista; T. Love Peacock, Nightmare Abbey; Zardoz (lasciato in lingua originale perchè la traduzione italiana è decisamente meno interessante).


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Guernicchia

guernicchia

Molte opere d’arte sono state ispirate dal ben noto «Fattaccio di Tubinga»: «Guernicchia», di Pablo Escobar Pedro-Hernando Diego Jose de Barroso Gutierrez y Guacamole Nachos-Nachos y de la Vega de Ghisa divenne ben presto emblematica, ed è sempre stata considerata una denuncia contro la guerra per l’immediatezza con cui raffigura persone, animali, edifici ed oggetti di natura non meglio identificata straziati dalla violenza e dal caos che seguì all’evento, dando efficacemente il senso della disumanità, brutalità e disperazione della guerra.

Alemanna y Tostada-Maria de Perez-Marcario, «Il Fattaccio di Tubinga for Dummies», 1967

***


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Terra Rossa e Pioggia Scrosciante

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Ascoltate.
Abhay, giovane studente indiano, torna in patria dopo un lungo periodo trascorso negli Stati Uniti. Siamo negli anni ’80 di Reagan, e l’America sembra davvero un sogno: un paese ricco, dinamico, moderno. Ben diverso da un’India oziosa, vecchia, un po’ selvatica, provinciale. E piena di scimmie. Abhay si è disabituato all’enorme quantità di animali grandi e piccoli che abitano le città indiane: e non sopporta le scimmie che dal tempio accanto a casa gli entrano in giardino e gli rubano i vestiti stesi ad asciugare. Così si procura un fucile ad aria compressa e ne abbatte una. I genitori di Abhay inorridiscono: sono indù praticanti e per loro le scimmie sono sacre ad Hanuman; e soprattutto, se lo scoprono i vicini c’è il rischio che le cose si mettano male. Recuperano la scimmietta moribonda e la nascondono in casa sperando si riprenda. Passano i giorni; il padre di Abhay ha l’abitudine di scrivere lettere di fuoco ai giornali spiegando come risolvere i molteplici problemi della democrazia più popolosa del mondo; e la scimmia, sdraiata su una brandina, lo guarda incuriosita. Qualcosa si muove nella sua testolina, ricordi, pensieri appena abbozzati, strane idee che vengono da chissà dove. Forse da un’altra vita: e un bel momento la scimmia si avvicina alla macchina da scrivere e batte sui tasti: «Io sono Sanjay».

«Terra rossa e pioggia scrosciante», romanzo d’esordio di Vikram Chandra, è la storia di una scimmia moribonda che racconta la sua vita precedente. E’ facile intuire che c’è molto di fantastico, in questo romanzo, per cui, se il vostro romanzo-tipo (ne parlavamo già qui) è quel genere di storia medio-quotidiana di gente qualunque alle prese con matrimoni in crisi, lavori precari, nonni problematici e cani ipocondriaci, lasciate pure perdere. Perchè qui non facciamo in tempo a riprenderci dallo shock di una scimmia dattilografa che sulla scena fanno il loro ingresso nientemeno che tre divinità: Yama, Hanuman e Ganesha. Il primo, il dio dei morti, forte dei suoi immensi baffoni, reclama per sè l’anima di Sanjay: il suo momento è giunto, e ora si reincarnerà in una lumaca o qualcosa del genere, così impara a stare al suo posto. Hanuman è il dio delle scimmie, e ovviamente si oppone. Ganesha allora propone una scommessa: lasciamo che Sanjay racconti la sua storia – una storia lunga e intricata: se al tramonto ci sarà meno gente che al mattino, la scimmia morirà e Yama farà quel che vuole; altrimenti vincerà Hanuman, e a Sanjay sarà concessa una vita futura da essere umano.

Così la scimmia comincia a scrivere, e Abhay legge a voce alta un foglio dopo l’altro. All’inizio il pubblico è composto solo da Abhay, la sorella e i genitori: ma la voce si sparge, i vicini accorrono incuriositi, e ben presto la casa è piena di gente che ascolta affascinata la strana storia di Sanjay. E’ una storia torrenziale e labirintica, di personaggi che raccontano a loro volta storie o angoli di storia, sempre iniziando con la stessa parola: «Ascoltate»; e ascoltiamo anche noi le avventure di Benoit de Borgne, mercenario crudele e senza cuore; di George Thomas, soldato britannico che getta alle ortiche la divisa per diventare capitano di ventura, con spada e cotta di maglia, a capo di un esercito personale di guerrieri sikh; dell’affascinante Began Sumroo, la strega che nessuno può guardare senza innamorarsene, e del suo malinconico marito inglese; e tutte queste vite, e molte altre, convergono in modi misteriosi in un cesto di laddu, i deliziosi dolcetti cari a Ganesha (se non avete mai provato i dolci indiani la vostra vita è vuota e senza senso), che un santone eremita consegna alla moglie di un ufficiale della Compagnia delle Indie. La donna, una principessa indiana, rimane incinta, e così pure una sua amica che aveva assaggiato i miracolosi pasticcini (?); e nascono dei bambini, fratelli seppur di genitori diversi, due dei quali sono destinati a grandi imprese. Uno è Sikander, grande, forte, carismatico; l’altro è Sanjay, la futura scimmia, gracile e introverso. I due sono inseparabili, e crescono assieme, e il sogno di Sikander (Sikander era il nome indiano di Alessandro Magno) è di radunare un esercito, sollevare la popolazione e cacciare gli Inglesi; Sanjay, dal canto suo, si trova a vivere in due mondi contemporaneamente.

Forse, anzi indubbiamente, siamo noi occidentali, che ci siamo costruiti un «mito» dell’India fatto in gran parte di luoghi comuni («l’India è un paese di contraddizioni», «gli Indiani sono un popolo di grande spiritualità», «una volta qui era tutta campagna»), ma in questo nostro recente viaggio ho avuto molto netta l’impressione che in questo paese le barriere tra i «mondi» siano molto più tenui che da noi. E’ vero, ci sono le caste e tutto quanto, ma l’impressione è che gli uomini, l’ambiente, gli animali – e gli dei – siano molto meno separati che qui in Occidente. E così non c’è da stupirsi se Sanjay parla con gli spiriti, e a volte manifesta straordinarie capacità: è invulnerabile, vola, prevede il futuro. Anche Abhay, che legge la storia, è in bilico tra due mondi: quando la scimmia, esausta, si addormenta, continua raccontando dell’America, delle highways immense, di un paese senza passato, dove tutto è spazi infiniti e velocità e futuro, contrapposto all’India eterna, dove il tempo scorre in cerchio, dal ritorno dei monsoni, al ciclo delle rinascite, alla danza di Shiva.
E con questa perla di saggezza lascio a voi di scoprire come continua questo romanzone che, lo avrete intuito, occupa un posto assai elevato nella classifica dei miei libri preferiti; sono ottocento pagine, una più bella dell’altra: un romanzo epico, favoloso, coloratissimo, immenso – come l’India.

«Ascoltate. Sto per raccontare una storia. Vi racconterò di mogli e bravi medici, soldati, poeti, tribù, perdigiorno e teppisti, bugiardi, truffatori, piloti temerari, cavalli focosi, giocatori d’azzardo, uomini di mondo, attrici, politici, vi racconterò di loschi affari, denaro sporco, grandi amori, corse campestri, contadini e raccolti, pescatori e consiglieri municipali, capi religiosi e naturalmente cavalieri. Racconterò una storia che crescerà come un loto rampicante, si avvolgerà su sé stessa e si espanderà senza fine, finchè ciascuno di voi entrerà a farne parte, e gli dèi verranno ad ascoltare, finchè tutti noi parleremo in un’armoniosa confusione che contiene il passato, ogni attimo dei presente e il futuro infinito. […] Poi siederemo in cerchio, in innumerevoli cerchi, e diremo, dacci la tua benedizione, Ganesha; resta con noi, amico Hanuman; e tu, Yama, vecchio furfante, puoi stare a sentire, se credi; e con queste parole ricominceremo tutto daccapo.»


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Kaprawoulf: CAP XIX

c-kaprawoulfi son cose che è meglio rimangan non scritte.
Ci son cose che il fato ha cancellato per un capriccio.
Ci son cose che se risapute farebbero venire l’itterizia anche ai più savi tra gli uomini.
Insomma, ci son un sacco di cose.

Quel che fu delle Kaprawoulfae vicende sfuggito di mano è al narratore che per mitigare l’imbarazzo di non aver nulla da raccontare si rivolse ad altri.
E mai decisione fu più infausta, poichè altri, non consci dei limiti che la coscienza impose alla lingua ed alle dita del narratore, si lanciarono a raccontare ciò che non avrebbero dovuto.

Vennero descritte cose che era meglio rimanessero non scritte.
Vennero descritte cose che il fato aveva cancellato per un capriccio.
Vennero descritte cose che fecero venire l’itterizia ai più savi tra gli uomini.
Insomma, vennero descritte un sacco di cose.

Tra queste il triste giorno in cui Ludmilla Grissina, rimasta orfana di entrambi i genitori, fu costretta a partire per lavorare nelle miniere di giada della Terra del Freddo Lontana e Inospitale, lasciando il fratellino Cirillo alle poco amorevoli cure di zia Panzer.
Cirillo, neanche compiuti i sei anni, promise vendetta. Giurò che avrebbe riscattato la sorte della sorella e le avrebbe assicurato il futuro che meritava. Mostrò il pugno chiuso al destino crudele e si servì un’altra ciotola di budino prima di andare a letto.

Gli anni passarono come melanzane arrostite e Cirillo crebbe esile e imbelle fino a che, un giorno, alla fiera di Senigallia trovò un anziano venditore che cambiò la sua vita.
Non con l’herbalife. Non con il potere del voodoo. Non con ingenti quantitativi di alcool. Con… bè, se aspettate un momentino ve lo spiego.
Dunque…
A questo punto il narratore, resosi conto dell’errore commesso lasciando il filo della narrazione nelle mani sbagliate (e questa volta peggio di quando tentò di far scrivere il finale della sua commedia ad una scimmia ammaestrata) tenta di intervenire allungando le mani sulla macchina da scrivere dove ‘altri’ sono intenti alla narrazione.
Ne segue una colluttazionfhgp,otàep5  ppti c ljqèwè0219vim jefò0q0 ccmnfùepsxm uduiuc  NRE84EJUZ  887//£Y XCKRKUYSGhdye!!! da cui il narratore esce purtroppo sconfitto, legato, imbavagliato e segregato in un angolino accanto al caminetto ed è meglio che stia attento che altrimenti neanche la cena gli diamo.

“Con queste ragazzo mio potrei fare cose incredibili, sovrumane, ineguarrabili.”
“E allora perchè non le usi?” chiese il ragazzino.
“Eh?”
“Hai detto che potresti fare cose incredibili, sovrumane ed un’altra parola che non ho capito bene.”
“No, no. Ho detto ‘potrai’. Tu potrai. Io non potrei. Io non posso. Non potrò. Vorrei. Ma non posso. Io.”
“E perchè mai?”
“Ma perchè solo a pochi è riservato il privilegio di poter controllare il loro immane potere. Io purtroppo non sono tra questi. Ho provato a lamentarmi con l’autore ma è legato e imbavagliato quindi purtroppo il mio ruolo nella storia si limita a queste poche righe. Che con le tasse alla fine a mala pena il denaro per tornare a casa mi resta.”
Il ragazzino osservò il venditore con espressione confrunta.
“Provale su.” Lo incitò il venditore.
“Ma pesano.”
“Meno storie ragazzo che se no facciamo notte. Metti ste ghette, pagami i cinque copechi e sparisci.”
Cirillo Grissino pagò la somma e tornò faticosamente a casa indossando le sue nuove ghette di ghisa(TM).
Salendo faticosamente al piano di sopra, verso camera sua, pensava a cosa mai potessero avere di speciale quelle bizzarre calzature.

La mattina seguente zia Panzer svegliò il giovane Cirillo con un’altra ciotola di budino ma Cirillo quel giorno aveva altri programmi.
Programmi che in fin dei conti potevano aspettare una ciotola di budino.
Yum!
Ah! Infausto budino!
Non si fosse soffermato per una seconda ciotola e poi una terza Cirillo sarebbe arrivato alla fermata dell’autobus senza incontrare i bulli della Ghenga di Quelli che Quando Saranno Più Grandi Faranno il Culo a Tutti Quanti (GheQuQuSaPiGraFaCuTuQu). Ed invece li incontrò. Ma pensa te.
Quel giorno Cirillo Grissino conobbe Vitø Pastranø e la sua vita cambiò. Di nuovo.
Fa due cambiamenti di vita nell’arco di pochi giorni.
Verrebbe da ipotizzare che questo sia l’inizio di una vita di avventure e continui cambiamenti.
Ed invece da quel giorno in poi Cirillo sarebbe diventato prima amico e poi lacchè di Vitø Pastranø assistendolo nella sua ascesa nei ranghi della mala dell’Umido e Fanghiglioso Territorio da Qualche Parte al Nord.
Da quel momento il ricordo di sua sorella Ludmilla sarebbe scemato tanto che un giorno alla domanda ‘hai fratelli o sorelle?’ postagli da uno dei nuovi scagnozzi di Vitø che cercava di fare amicizia Cirillo rispose: ‘Come hai detto scusa? Con tutta questa melassa nelle orecchie non ho sentito bene.’
Da quel momento il potere delle ghette di ghisa sarebbe rimasto occultato tanto che un giorno al mercato un fruttivendolo gli fregò 30 centesimi sul prezzo di un chilo di aranpapere.

E che c’entra tutto questo con Kaprawoulf? Niente in effetti, ma dato che il narratore è legato e imbavagliato abbiamo colto l’occasione per raccontare un po’ di retroscena. Se non vi piace potete sempre uscire a farvi una pizza.
Comunque adesso lo liberiamo, va bene? Lo rimettiamo al suo posto davanti alla macchina da scrivere ed andiamo a farci un budino.
Oh.

Ci son cose che è meglio rimangan non scritte.
Ci son cose che il fato ha cancellato per un capriccio.
Ci son cose che se risapute farebbero venire l’itterizia anche ai più savi tra gli uomini.
Insomma, ci son un sacco di cose.
Quel che fu delle Kaprawoulfae vicende sfuggito di mano è al narratore che per mitigare l’imbarazzo di non aver
nulla da raccontare si rivolse ad altri.
E mai decisione fu più infausta, poichè altri, non consci dei limiti che la coscienza impose alla lingua ed alle
dita del narratore, si lanciarono a raccontare ciò che non avrebbero dovuto.
Vennero descritte cose che era meglio rimanessero non scritte.
Vennero descritte cose che il fato aveva cancellato per un capriccio.
Vennero descritte cose che fecero venire l’itterizia ai più savi tra gli uomini.
Insomma, vennero descritte un sacco di cose.
Tra queste il triste giorno in cui Ludmilla Grissina, rimasta orfana di entrambi i genitori, fu costretta a
partire per lavorare nelle miniere di giada della Terra del Freddo Lontana e Inospitale, lasciando il fratellino
Cirillo alle poco amorevoli cure di zia Panzer.
Cirillo, neanche compiuti i sei anni, promise vendetta. Giurò che avrebbe riscattato la sorte della sorella e le
avrebbe assicurato il futuro che meritava. Mostrò il pugno chiuso al destino crudele e si servì un’altra ciotola
di budino prima di andare a letto.
Gli anni passarono come melanzane arrostite e Cirillo crebbe esile e imbelle fino a che, un giorno, alla fiera di
Senigallia trovò un anziano venditore che cambiò la sua vita.
Non con l’herbalife. Non con il potere del voodoo. Non con ingenti quantitativi di alcool. Con… bè, se
aspettate un momentino ve lo spiego.
Dunque…
A questo punto il narratore, resosi conto dell’errore commesso lasciando il filo della narrazione nelle mani
sbagliate (e questa volta peggio di quando tentò di far scrivere il finale della sua commedia ad una scimmia
ammaestrata) tenta di intervenire allungando le mani sulla macchina da scrivere dove ‘altri’ sono intenti alla
narrazione.
Ne segue una colluttazionfhgp,otàep5  ppti c ljqèwè0219vim jefò0q0 ccmnfùepsxm uduiuc  NRE84EJUZ  887//£Y
XCKRKUYSGhdye!!! da cui il narratore esce purtroppo sconfitto, legato, imbavagliato e segregato in un angolino
accanto al caminetto ed è meglio che stia attento che altrimenti neanche la cena gli diamo.
“Con queste ragazzo mio potrei fare cose incredibili, sovrumane, ineguarrabili.”
“E allora perchè non le usi?” chiese il ragazzino.
“Eh?”
“Hai detto che potresti fare cose incredibili, sovrumane ed un’altra parola che non ho capito bene.”
“No, no. Ho detto ‘potrai’. Tu potrai. Io non potrei. Io non posso. Non potrò. Vorrei. Ma non posso. Io.”
“E perchè mai?”
“Ma perchè solo a pochi è riservato il privilegio di poter controllare il loro immane potere. Io purtroppo non
sono tra questi. Ho provato a lamentarmi con l’autore ma è legato e imbavagliato quindi purtroppo il mio ruolo
nella storia si limita a queste poche righe. Che con le tasse alla fine a mala pena il denaro per tornare a casa
mi resta.”
Il ragazzino osservò il venditore con espressione confrunta.
“Provale su.” Lo incitò il venditore.
“Ma pesano.”
“Meno storie ragazzo che se no facciamo notte. Metti ste ghette, pagami i cinque copechi e sparisci.”
Cirillo Grissino pagò la somma e tornò faticosamente a casa indossando le sue nuove ghette di ghisa(TM).
Salendo faticosamente al piano di sopra, verso camera sua, pensava a cosa mai potessero avere di speciale quelle
bizzarre calzature.
La mattina seguente zia Panzer svegliò il giovane Cirillo con un’altra ciotola di budino ma Cirillo quel giorno
aveva altri programmi.
Programmi che in fin dei conti potevano aspettare una ciotola di budino.
Yum!
Ah! Infausto budino!
Non si fosse soffermato per una seconda ciotola e poi una terza Cirillo sarebbe arrivato alla fermata
dell’autobus senza incontrare i bulli della Ghenga di Quelli che Quando Saranno Più Grandi Faranno il Culo a
Tutti Quanti (GheQuQuSaPiGraFaCuTuQu). Ed invece li incontrò.
Quel giorno Cirillo Grissino conobbe Vitø Pastranø e la sua vita cambiò. Di nuovo.
Fa due cambiamenti di vita nell’arco di pochi giorni.
Verrebbe da ipotizzare che questo sia l’inizio di una vita di avventure e continui cambiamenti.
Ed invece da quel giorno in poi Cirillo sarebbe diventato prima amico e poi lacchè di Vitø Pastranø assistendolo
nella sua ascesa nei ranghi della mala dell’Umido e Fanghiglioso Territorio da Qualche Parte al Nord.
Da quel momento il ricordo di sua sorella Ludmilla sarebbe scemato tanto che un giorno alla domanda ‘hai fratelli
o sorelle?’ postagli da uno dei nuovi scagnozzi di Vitø che cercava di fare amicizia Cirillo rispose: ‘Come hai
detto scusa? Con tutta questa melassa nelle orecchie non ho sentito bene.’
Da quel momento il potere delle ghette di ghisa sarebbe rimasto occultato tanto che un giorno al mercato un
fruttivendolo gli fregò 30 centesimi sul prezzo di un chilo di aranpapere.
E che c’entra tutto questo con Kaprawoulf? Niente in effetti, ma dato che il narratore è legato e imbavagliato
abbiamo colto l’occasione per raccontare un po’ di retroscena. Se non vi piace potete sempre uscire a farvi una
pizza.
Comunque adesso lo liberiamo, va bene? Lo rimettiamo al suo posto davanti alla macchina da scrivere ed andiamo a
farci un budino.
Oh.

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Il Calendario di Frate Cazzaro – Aprile 2010

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Frate Cazzaro e l’ermeneutica di Lerdhammer applicata ai testi sacri
Seguendo l’interpretazione stocastica della Bibbia iniziata dall’abate Marfonso Lerdhammer di Vaanveronia, il libro di Ciubecca va a buon diritto considerato come il primo esempio scritto di narrazione astropologica in cui l’intervento inopinato dei pianeti nella vita del buon pastore Ciubecca porta a conseguenza inzufrensabili. Tutto questo dà da riflettere.

1004main

La teoria delle bricioline
“Dividendo la materia in frazioni sempre più piccole si ottengono quelle unità elementari che noi chiamiamo bricioline.”
“Le bricioline si muovono libere nello spazio e dalla loro aggregazione si forma ogni sorta di oggetti. Rocce, piante, torte salate, lampadari e financo i poponi.”
(Ananassimene e Ananassimandro, filosofi greci o frutti tropicali?)
Pinzallacchere alla sorniona
Secondo la ricetta di ‘Madre Teresa in Combutta coi Cornicioni’ per preparare la pinzallacchere alla sorniona servono (per 6 persone), 500gr di Pinzallacchere, 1 otre pieno di melassa di betulla, 3 cipolle nere della Guiana, 1 ristoratore svizzero dei grigioni di nome Gunther, un filo d’olio e sale quanto basta. E quindi ci domandiamo: quanto ancora vogliamo dare retta alla vecchia barbogia?
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Animali misteriosi
L’asseconda è un serpente tipico delle foreste pluviali tropicali che può raggiungere anche gli 8 metri di lunghezza. L’asseconda passa la maggior parte del suo tempo cercando di farsi ben volere dagli altri animali della giungla, compito che le sue dimensioni unite all’aspetto minaccioso rendono alquanto difficile.

 

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Hermann Ludwig Ghofer Mascanbrughi,
Fonavolo di Magdeburgo dal 1733 al 1733 e poco più, promulgò quelli che vengono ricordati come gli ‘Editti improponibili’. Un complesso sistema di leggi con la singolare proprietà di non poter essere rispettate tutte simultaneamente. Per quanto sforzo potesse fare il cittadino c’era sempre almeno una legge che veniva violata. A seguito della promulgazione degli Editti il Mascanbrughi se ne andò il giro per il Magdeburgo per settimane arrestando e processando cittadini a caso con suo estremo sollazzo.
Gli Editti furono abrogati a seguito di quella che è ricordata come ‘La rivolta delle sette lingue’ durante la quale il Mascanbrughi fu appeso per le orecchie al campanile della cattedrale di di Stoccarda.
Nel 1933 Kurt Godel prese spunto da alcuni studi giuridici del caso Mascanbrughi per elaborare il teorema che porta il suo nome.

Gli ultimi anni di Lord Bygon

 

A causa dei ben noti problemi respiratori dovuti ai gas venefici respirati per tutta la vita nella capitale dell’impero, il poeta trascorse gli anni che vanno dalla primavera del 1822 fino alla sua dipartita avvenuta nel 1824 sulla riviera ligure. Durante l’estate la vena creativa del poeta fu frenata dall’incessante procreare delle blatte. E fu lì, in queste particolari circostanze, che il geniale Bygon, triturando una focaccia di Recco vecchia di settimane, giunse all’invenzione che ancora oggi porta il suo nome. Il Lord!

***

Le sibaritiche evocazioni dell’indefesso mago Bagonzo
Qui invoco gravemente
il potere del rastrello
che mi giunga sul più bello
per menare certa gente.

***

Verità inoppugnabili pronunciate dagli uomini illustri
“No!” (Winston Churchill)

***

Nel comune di Pistillo,
frazione di Positillo, in provincia di Napoli, ogni anno si celebra la ‘Festa dell’Ignota Festività’. La data di tale festa è variabile, viene decisa in gran segreto dal sindaco e dalla curia parrocchiale del paese e non viene in nessun modo resa nota ai cittadini. Pertanto, aggirandosi per i viottoli di Pistillo, non è infrequente vedere singoli cittadini, vestiti a festa, correre urlanti per le vie lanciando coriandoli e suonando pittoresche trombette di ghisa.

J. Tiberius Buccinasco

– Concerti Brandeburzumesi –
Primo Movimento Scomposto K 525 e 1/4

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Il Santo del Mese

 

San Pomposo il Mansueto
Insignito del Sacro Ordine del Peperone Proletario per aver condotto alla vittoria la squadra di cricket dell’oratorio di San Bozzolo contro la nazionale pakistana, San Pomposo è noto a tutti i credenti per la sua pettinatura modesta, il suo stile sobrio ed elegante e il suo servitore robotico G.I.N.O. con umidificatore incorporato. Numerose preghiere e invocazioni vengono rivolte al santo da tutti gli angoli dell’Universo affinché anche i comuni mortali possan0 finalmente comprendere le regole del cricket, ma senza alcun esito.

santo

Ordini dall’alto

 

Fatelo sentire sopra i palazzi di azoto e sopra i palazzi della terra di Egitto e dite: “Radunatevi sui monti di Samaria!”

Amos 3, 9

Ordini dal basso

 

Architas insegna
che se si appende al collo dei malati di febbre intermittenti il cerume estratto dall’orecchio sinistro di un cane guariscono in poco tempo.

Il Vero Libro Infernale

Fregio04


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