Attenzione. Per parlare di Terry Gilliam, e di Parnassus in particolare, bisogna tassativamente affrontare i seguenti temi e non si scappa:
a) Terry Gilliam regista visionario e ribelle (featuring: il passato coi Monty Python)
b) Terry Gilliam sfigato come pochi (featuring: il naufragio del suo Don Chisciotte)
c) La tragica fine di Heath Ledger (featuring: Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell hanno lavorato aggràtis)
Noi tuttavia siamo pigri; per cui vi rimandiamo ad altre fonti, meglio informate e dettagliate, come per esempio questa e questa e quest’altra; anche questa non è male, mentre questa descrive come Ledger sia stato vittima di un omicidio sacrificale da parte di una setta massonica. Son cose.
A proposito di massoni, comunque, il ponte sotto il quale, nel film, viene trovato Tony Shepherd / Heath Ledger, truffatore e faccendiere, impiccato e con due mattoni in tasca, è il Ponte dei Frati Neri, sotto il quale viene trovato, nel 1982, il banchiere e faccendiere Roberto Calvi, con due mattoni in tasca, con la differenza che quest’ultimo non ha dei simboli cabalistici dipinti in fronte e, ahimè, viene trovato quando è bell’e morto. Tuttavia questo è un tipico esempio di quel genere di cortocircuito simbolico che fa drizzare le antenne al fuffologo professionista, come la conchiglia che il vecchio Parnassus porta al collo.
A differenza di Calvi (1), Shepherd viene salvato per il rotto della cuffia dai membri di uno strano teatro ambulante: l’Imaginarium del Dottor Parnassus. Ora, questo Dottor Parnassus, in tempi remotissimi (è immortale), viveva in uno sperduto e spettacolare monastero tibetano, i cui occupanti raccontavano in eterno una storia che, si diceva, manteneva l’Universo in esistenza. Ma il Diavolo ci mette lo zampino: travestito da Tom Waits ammutolisce tutti i monaci, dimostrando che, dato che l’Universo non è scomparso, il loro lavoro è inutile e le loro credenze sono fuffa. Ti sbagli, ribatte Parnassus: non è la nostra storia, a tenere in vita l’Universo, ma le storie. Da qualche parte anche adesso qualcuno sta raccontando una storia, sta utilizzando il meraviglioso potere della nostra immaginazione… ecco cosa tiene in vita l’Universo.
Così i due si impegnano in una sfida, anzi, più d’una, le cui conseguenze Parnassus è ben lontano dal prevedere: e infatti lo troviamo ai giorni nostri, vecchissimo e disperato, impegnato nel quasi impossibile compito di mostrare alla gente le meraviglie del suo Imaginarium. Non stiamo a tediarvi con la trama, perchè il film è uscito da un bel po’ e o lo avete già visto o comunque sapete di che parla o non vi interessa. Quello che ci preme, più che una recensione vera e propria, sono alcune considerazioni più o meno di questo genere (2).
Partiamo con una definizione di «Immaginazione», che magari non sarà correttissima dal punto di vista etimologico (ne abbiamo lette altre di completamente diverse), ma di certo è assai pertinente: il termine latino imago è composto «…dall’aggettivo sostantivato imo, che vuol dire “profondo” e dal verbo ago, che vuol dire “agisco”. Da questo punto di vista la persona dotata di immaginazione non sarebbe più quindi chi è capace di rappresentarsi o raccontare ad altri storie fantasiose non aventi alcun legame con la realtà, ma piuttosto chi ha il potere e la capacità di agire nel profondo, ovvero in quella dimensione che di norma sfugge al controllo dell’io razionale e che viene definita dalla psicanalisi inconscio o subconscio». (3)
L’immaginazione, dunque, può essere intesa come una forza trasformatrice, ed è proprio quello che capita a chi entra nell’Imaginarium: visioni spettacolari, sogni divenuti realtà, mondi fantastici: ma soprattutto una scelta. Non la classica scelta tra il Male da una parte e il Bene dall’altra, attenzione: una scelta tra la banalità, lo squallore di una vita senza sogni e il tentativo di prendere questi sogni e farli divenire realtà. Anche se questo può essere difficile, doloroso o persino pericoloso: un alcolizzato, per dire, vede da una parte una qualunque serata al pub e dall’altra un lungo e faticoso cammino per liberarsi della sua dipendenza. Non possiamo neanche dare al male la dignità di Male, in questi casi: non c’è nulla di luciferino, di diabolico, di grandioso, nello sprecare la vita davanti alla televisione o facendo un lavoro che odiamo perchè abbiamo paura di cercare veramente la nostra strada. C’è dunque, per chi entra nell’Imaginarium, la possibilità di plasmare la propria vita secondo i propri sogni: e non è questa un’idea affatto nuova. Già Giordano Bruno si chiedeva «che cosa fare della fantasia?» Tutto; ma oggi la fantasia è passata di moda, sostituita dal fantasticare. «Si è estinta l’energia fantastica, non si sa più “scolpire” le immagini, l’uomo non è più re nella sua mente, dove lascia che scorra, turpe fiume di rifiuti, un flusso di coscienza che non cerca neanche più di dirigere, quasi che per sfruttare le potenze esterne avesse dovuto abbandonare l’intimità a se stessa». (4)
Ma per chi ci riesce, ecco il lato veramente magico dell’immaginazione (e le due parole si somigliano pure). Dopotutto, zio Crowley diceva che la magia è «la Scienza e l’Arte di causare cambiamenti in conformità con la Volontà» (5). Ovvero: sapere quali sono i tuoi sogni e riuscire a realizzarli – questa è magia. Bisogna saper scavare dentro di sè, rettificare, mettere a nudo le proprie contraddizioni; è non è detto che sia cosa facile: anzi, può capitare come a Tony, che ogni volta si vede con una faccia diversa, perchè dopotutto lui per primo non sa nè chi è nè cosa vuole.
Ci sarebbero molte altre cose su cui soffermarsi, a cominciare dallo stesso Parnassus: chi è?
Perchè viene raffigurato come Dioniso e il suo avversario come un Papa? (bella, questa)
Perchè l’Imaginarium funziona solo solo tramite lui? Beh, qui rischiamo di andare a infognarci in un vero e proprio labirinto simbolico: dal demiurgo degli gnostici al mercurio filosofale, al Mediatore tra il Cielo e la Terra dei taoisti – meglio fermarci qui. Avrete capito che come film ci è piaciuto assai, pur con tutte le sue imperfezioni (d’altronde quando ti muore il protagonista a metà della lavorazione, insomma, ci siamo capiti…) e ci ha dato molto cui pensare. E’ un inno alla fantasia, un film chiassoso, anarchico e pieno di stracci, di nani e di meraviglia: e come ben si sa
«Chi alla meraviglia chiude gli occhi,
di morte sente tredici rintocchi.»
***
Note:
(1) E’ di un mesetto fa la notizia che Pippo Calò, Flavio Carboni ed Ernesto Diotallevi sono stati assolti dall’accusa di aver ordinato e/o eseguito l’assassinio di Calvi. Il mistero rimane, a ulteriore dimostrazione che le storie non finiscono mai. Parnassus avrebbe apprezzato l’ironia.
(2) Considerazioni beninteso nostre, nel senso che lungi da noi sostenere che Gilliam abbia voluto fare un film che dice questo & quest’altro. Sono minchiate sparse che ci sono venute in mente perchè è un film pieno di simboli, e il bello dei simboli è che hanno una vita loro, e ognuno è legato a una cordicella che se la tiri vien su una montagna di roba, per così dire.
(3) M. Negri, All’Origine delle Parole, Edizioni della Terra di Mezzo – un libretto consigliatissimo e assai ricco di spunti. I libri di questo editore hanno lo svantaggio di uno stile di scrittura – tutti – che è l’equivalente di un chiodo sulla lavagna dalla prima all’ultima pagina. Ma per chi riesce a tener duro e a sopportare, vi si trovano spesso perle di saggezza tutt’altro che disprezzabili.
(4) Elémire Zolla, Verità Segrete Esposte in Evidenza, Marsilio Editore.
(5) Aleister Crowley, Magick, Astrolabio Editore. Un testo fondamentale. E se ve lo dice uno degli autori del Calendario di Frate Cazzaro, potete fidarvi.
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