Non s’illuda il gentil lettor che noi, nell’apprestarci a descriver le vicende di Peter Anatroide Von Roba, detto Pietro il Piantagraneto, si possa edulcorare quanto accaduto fornendo una luce di speranza ed una lieta conclusione al racconto. Quanto verrà testè riportato è la fedele ad assolutissima rievocazione di quanto avvenne in quella sì trista notte. Questo è quanto e non ce ne scusiamo.
Peter Anatroide Von Roba (si legge Peter Anatroide Von Roba, alla tedesca, e non Piter come son soliti pronunciare gli anglii), nato ad Espinasse nel 1792, è stato uno degli ultimi alchimisti piemontesi. Vissuto nella Francia Napoleonica il Piatagraneto non si distinse per particolari doti d’astuzia o intelligenza. Dall’adolescenza fino alla prematura scomparsa avvenuta nel 1816 egli visse di espedienti, trucchi e imbrgogli, spostandosi ogni pochi mesi da un paese all’altro, tra il sud della Francia, il Piemonte, la Liguria e le alpi Svizzere. Non ci è dato a sapere donde giunsero le sue conoscenze di alchimia e pare che fosse mirabilmente abile nella trasmutazione dei materiali. I testi cui attinse sono andati perduti e di lui rimangono solo alcuni scritti poco significativi e di titoli ermetici quali ‘L’arte di inferir monete alla martoriata sorte’ e ‘Delle papere e le perdute memorie’.
Quel che accadde in quella fatidica notte dell’aprile 1815 ci è noto grazie al resoconto che ne diede Mary Wollstonecraft Godwin, futura signora Shelley, ne ‘Le curiose vicende della mia giovinezza, ovvero di come mi trovai invischiata nell’esperimento del Piantagraneto’, ed oggi, grazie alle più moderne tecniche di ricostruzione genetica, agiografia metastorica e tracciantismo polipsitico siamo in grado di darne un resoconto veritiero ancorchè accurato.
Ecco cosa disse il Piantagraneto a Mary all’arrivo di quest’ultima al laboratorio:
“Questa pietra fu regalata a mia madre da John Bill Ricketts in persona, il quale la ricevette da Imbhutho Sthafawa, una volta tesoriere del re di Sumbawa, prima che questi gli si rivoltasse contro accusandolo di stregoneria e occultismo. Imbhutho, intuite le intenzioni del re che aveva scoperto il suo piano per destituirlo, fuggì in Europa, portando con se alcuni oggetti del reale tesoro, tra cui questa pietra.”
La pietra in questione era piccola e nera, simile ad ossidiana e di peso eccezionale considerate le dimensioni ridotte. Nient’altro ci è noto sul minerale.
Ci è però noto che lo Sthafawa lavorò a Londra per Ricketts fino alla partenza di quest’ultimo per gli Stati Uniti e si racconta che molte delle abilità e conoscenze di Ricketts sian dovute agli insegnamenti del Sumbawano. Ricketts, amico di famiglia dei Von Roba, fece dono della summenzionata pietra ad Esther Patella Von Roba nel giorno della nascita del piccolo Peter Anatroide, ammonendola che il sasso avrebbe avuto un ruolo centrale nella vita del rampollo dei Von Roba.
L’esperimento si svolse alla luce di una dozzina di lampade ad olio nel seminterrato della villa dei Von Roba sui monti vicino a Gap. Secondo Mary Wollstonecraft Godwin il Piantagraneto utilizzò archi fotovoltaici e resistori al platino, collegati con provette conetnenti liquidi misteriosi e financo una teca con un armadillo in formalina. Il fulcro dell’esperimento era la piccola pietra scura, posta al centro del campo elettromagnetico.
L’intera procedura durò ben oltre le 8 ore, tanto che la povera Mary fu costretta in un paio di occasioni ad allontanarsi per motivi fisiologici. Alla fine non successe proprio nulla. Gli archi fotovoltaici si spensero, i liquidi nelle provette smisero di ribollire ed il Piantagraneto, deluso, gettò a terra la piccola pietra nera, la quale si disintegrò in sì tanti minuscoli frammenti che non fu possibile recuperarne alcuno.
Il vulcano Tambora eruttò poche ore dopo.
Le ceneri del vulcano causarono un abbassamento della temperatura in ogni parte del globo per diversi mesi. Questo causò carestie e pestilenze ed il 1816 è generalmente ricordato come l’anno senza estate.
Le frequenti piogge di quell’anno costrinsero Mary Wollstonecraft Godwin e la sua compagnia di amici, tra cui il futuro marito Percy Shelley, a passare la vacanza sul lago di Ginevra chiusi in casa a giocare a ramino e raccontarsi storie dell’orrore.
Louis Gabriel Suchet, duca d’Albufera, sottovalutò l’escursione termica e non si coprì a sufficienza. Per questa ragione si prese un violento raffreddore che lo tenne a letto quasi una settimana nel marzo del 1815. Purtuttavia pare non sia questo il motivo per cui non fu presente alla battaglia di Waterloo. Ci fosse stato il risultato avrebbe potuto esser diverso per le armate Napoleoniche. Lo stesso Napoleone ne convenne.
Anche Peter Anatroide Von Roba morì di polmonite il giorno di ferragosto di quell’anno.
Ovvero di come la correlazione a distanza di alcuni misteriosi eventi possa contribuire a dar forma al presente
Non s’illuda il gentil lettor che noi, nell’apprestarci a descriver le vicende di Peter Anatroide Von Roba, detto Pietro il Piantagraneto, si possa edulcorare quanto accaduto fornendo una luce di speranza ed una lieta conclusione al racconto. Quanto verrà testè riportato è la fedele ad assolutissima rievocazione di quanto avvenne in quella sì trista notte. Questo è quanto e non ce ne scusiamo.
Peter Anatroide Von Roba (si legge Peter Anatroide Von Roba, alla tedesca, e non Piter come son soliti pronunciare gli anglii), nato ad Espinasse nel 1792, è stato uno degli ultimi alchimisti piemontesi. Vissuto nella Francia Napoleonica, il Piantagraneto non si distinse per particolari doti d’astuzia o intelligenza. Dall’adolescenza fino alla prematura scomparsa avvenuta nel 1816 egli visse di espedienti, trucchi e imbrogli, spostandosi ogni pochi mesi da un paese all’altro, tra il sud della Francia, il Piemonte, la Liguria e le alpi Svizzere. Non ci è dato a sapere donde giunsero le sue conoscenze di alchimia e pare che fosse mirabilmente abile nella trasmutazione dei materiali. I testi cui attinse sono andati perduti e di lui rimangono solo alcuni scritti poco significativi e dai titoli ermetici quali ‘L’arte di inferir monete alla martoriata sorte’ e ‘Delle papere e le perdute memorie’.
Quel che accadde in quella fatidica notte dell’aprile 1815 ci è noto grazie al resoconto che ne diede Mary Wollstonecraft Godwin, futura signora Shelley, ne ‘Le curiose vicende della mia giovinezza, ovvero di come mi trovai invischiata nell’esperimento del Piantagraneto’, ed oggi, grazie alle più moderne tecniche di ricostruzione genetica, agiografia metastorica e tracciantismo polipsitico siamo in grado di darne un resoconto veritiero ancorchè accurato.
Ecco cosa disse il Piantagraneto a Mary all’arrivo di quest’ultima al laboratorio:
“Questa pietra fu regalata a mia madre da John Bill Ricketts in persona, il quale la ricevette da Imbhutho Sthafawa, una volta tesoriere del re di Sumbawa, prima che questi gli si rivoltasse contro accusandolo di stregoneria e occultismo. Imbhutho, intuite le intenzioni del re che aveva scoperto il suo piano per destituirlo, fuggì in Europa, portando con se alcuni oggetti trafugati dal reale tesoro, tra cui questa pietra.”
La pietra in questione era piccola e nera, simile ad ossidiana e di peso eccezionale, considerate le dimensioni ridotte. Nient’altro ci è noto sul minerale.
Ci è però noto che lo Sthafawa lavorò a Londra per Ricketts fino alla partenza di quest’ultimo per gli Stati Uniti e si racconta che molte delle abilità e conoscenze di Ricketts sian dovute agli insegnamenti del Sumbawano. Ricketts, amico di famiglia dei Von Roba, fece dono della summenzionata pietra ad Esther Patella Von Roba nel giorno della nascita del piccolo Peter Anatroide, ammonendola che il sasso avrebbe avuto un ruolo centrale nella vita del rampollo dei Von Roba.
L’esperimento si svolse alla luce di una dozzina di lampade ad olio nel seminterrato della villa dei Von Roba sui monti vicino a Gap. Secondo Mary Wollstonecraft Godwin, il Piantagraneto utilizzò archi fotovoltaici e resistori al platino, collegati con provette contenenti liquidi misteriosi e financo una teca con un armadillo in formalina. Il fulcro dell’esperimento era la piccola pietra scura, posta al centro del campo elettromagnetico.
L’intera procedura durò ben oltre le 8 ore, tanto che la povera Mary fu costretta in un paio di occasioni ad allontanarsi per motivi fisiologici. Alla fine non successe proprio nulla. Gli archi fotovoltaici si spensero, i liquidi nelle provette smisero di ribollire ed il Piantagraneto, deluso, gettò a terra la piccola pietra nera, la quale si disintegrò in sì tanti minuscoli frammenti che non fu possibile recuperarne alcuno.
Il vulcano Tambora eruttò poche ore dopo, spazzando via l’intera civiltà dei Sumbawa.
Le ceneri del vulcano causarono un abbassamento della temperatura in ogni parte del globo per diversi mesi. Questo causò carestie e pestilenze ed il 1816 è generalmente ricordato come l’anno senza estate.
Le frequenti piogge di quell’anno costrinsero Mary Wollstonecraft Godwin e la sua compagnia di amici, tra cui il futuro marito Percy Shelley, a passare la vacanza estiva del 1816 sul lago di Ginevra chiusi in casa a giocare a ramino e raccontarsi storie dell’orrore.
Louis Gabriel Suchet, duca d’Albufera, sottovalutò l’escursione termica e non si coprì a sufficienza. Per questa ragione si prese un violento raffreddore che lo tenne a letto quasi una settimana nel maggio del 1815. Purtuttavia pare non sia questo il motivo per cui non fu presente alla battaglia di Waterloo. Ci fosse stato il risultato avrebbe potuto esser diverso per le armate Napoleoniche. Lo stesso Napoleone ne convenne.
Anche Peter Anatroide Von Roba morì di polmonite il giorno di ferragosto di quell’anno.
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