uell’anno la Fiera del Papero Bollito di Tapinambur non si tenne. I tapini, gli abitanti di Tapinambur, un imbelle villaggio alle estreme propaggini delle province esterne della Terra del Freddo Lontana e Inospitale, rimasero molto delusi, ma non osarono protestare. Da quando Manølo, il nano gigante console legato incaricato dal re in persona, amministrava quelle lande molte cose erano cambiate. Tra esse: le tende del salotto di Fionnula Fjordöna, la dieta della famiglia Budinbrock, diventati tutti improvvisamente e inspiegabilmente vegetariani, l’altezza del campanile della guglia ovest della cattedrale di Zeermelø, capoluogo della provincia, i lacci delle scarpe di tutti gli abitanti di Gløppa (ma questa è una storia troppo lunga e complicata per essere riportata nelle cronache che seguono), la politica sociale delle istituzioni riguardo all’annoso problema dell’integrazione della popolazione Gnugnip nell’enclave culturale degli Spiti (di cui Tapinambur era storicamente il centro principale), l’atteggiamento generale della classe dominante nei confronti delle fiere di paese e alcune altre cosette che sarebbe bello approfondire, ma invece resteranno per sempre nell’oblio dell’ombra della dimenticanza del mondo. Eh, che ci volete fare.
Erinnarinnirahannarica si era trasferita a Tapinambur solo da pochi mesi, lavorando nella locale agenzia di collocamento interinale e, come tutti, aspettava con ansia la Fiera del Papero Bollito.
“Chi può volere una cosa del genere?” chiese a Blubmilla, sua bulimica collega ed amica.
“Mi sento avulsa dal contesto.” Rispose Blubmilla.
“Se vuoi ho un’aspirina.”
“Intendo dire che non capisco a cosa ti riferisci.”
“Dai, quella cosa frizzante che si mette nella vodka per far passare il mal di testa.”
“No, intendevo dire prima. So cos’è un’aspirina… in che senso nella vodka?”
“Aspirina? Io credevo parlassi di anfetamine.”
Blubmilla emise un lieve sospiro sommesso.
“Hai chiesto chi potesse volere una cosa del genere.”
“Ah! Non lo so proprio. Più ci penso più mi sembra un inspiegabile anfossità.”
“Cosa? Cosa ti sembra un… una… una che?”
“Cosa?”
“Credo che ti ucciderò.”
Erinnarinnirahannarica era una cara ragazza, solo non tanto sveglia, ecco, ma nessuno è mai stato messo a morte per questo, no? Bè a parte Lapilla Salamalappu, precedente impiegata della medesima agenzia di collocamento interinale, la quale avendo confuso i significati di “collocamento” e “morte all’invasore oppressore” si era attirata le ire di Manølo ed era in attesa di esecuzione capitale.
“Vabbè” esalò Erinnarinnirahannarica “se non posso andare alla fiera del Papero Bollito mi consolerò andando all’esecuzione della Salamalappu, ho sentito che i coniugi Budinbrock stanno organizzando un banchetto con birra e salsicce di soia per l’occasione. E pare ci sarà anche la banda degli ottoni di Gløppa.”
“Povera Lapilla, occupava il posto dove sei tu adesso, non era una cattiva ragazza…”
“Bla bla bla, va bene, va bene. Ti va un caffè, che dopo un po’ che lavori in questa agenzia di morte all’invasore oppressore una pausa ci vuole.”
Ebbene così si conclude questa parte della saga. Dopo tanta azione, immani emozioni e violenze a profusione una sosta s’impone.
Eccome.
Benone.
Ehm.
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