Il Califfo Ahmed El-Yallabassula contempla l’infinita distesa del deserto. Sotto di lui, alla base della duna, gli schiavi continuano a scavare, ormai da due giorni, a pochi passi dal confine dell’oasi.
«Bòn. Direi che basta. Torniamo a casa.»
Il Gran Visir, a destra del Califfo, annuisce sconsolato. A sinistra, il mercante Rashud rimane basito.
«Come? A casa?»
«A casa, a casa. Abbiamo scavato abbastanza. Cioè, hanno scavato. Qui non c’è niente.»
Il Gran Visir, intanto, agita le braccia per attirare l’attenzione degli schiavi e dei soldati. «Ohi, là sotto! Basta scavare! Si torna a casa!»
«Ma… eccellenza, non capisco…»
«Lo sai perchè siamo qui?»
«No, maestro. Quando la mia carovana è arrivata, questa mattina, i vostri schiavi stavano già scavando. Che cosa cercate?»
«Ti spiego. L’ultima notte del Ramadan una stella cometa con due code è apparsa nel cielo sopra il mio palazzo; e la voce del Profeta, la cui saggezza colma le mie giornate, è discesa dall’alto dicendo: “Principe El-Yallabassula! A cento passi dall’oasi di El-Daud, scava e troverai un tesoro quale neanche Iskandar il Magnifico ebbe a possedere!” Così ci siamo messi in marcia, cento uomini tra guardie, guide e portatori, e duecento cammelli, e siamo venuti qui a vedere.»
«Sia lodato il Profeta! È un prodigio inaudito! E voi abbandonate così la ricerca, alla faccia del Profeta?»
«Eh, sapessi, caro mio. Ascolta: in gennaio mio suocero, il Califfo El-Yallabrambilla, Baluardo dei Veri Credenti, trova in riva al Nilo un antico vaso; lo apre e ne esce un djinn. E il djinn gli dice: “Riferisci queste parole al Califfo El-Yallabassula: Principe! Recati in cima al monte Oreb, e troverai un mausoleo antico quanto il mondo ove si custodiscono l’armatura d’argento e la spada dell’Arcangelo Gabriele!” E noi che abbiamo fatto? Abbiamo organizzato la carovana, cammelli, guardie, nani, portatori, e ci siamo messi in viaggio. Due settimane.»
«E avete trovato – »
«Niente.»
«Ma – »
«Aspetta. L’anno scorso, a metà aprile, per sette notti di seguito, ci è apparso in sogno, a me e ai miei dodici figli, il santo eremita sufi Shihab el-Badil che mi ha detto “Principe El-Yallabassula! In fondo alla mia grotta c’è un baule, e in quel baule c’è una pergamena su cui ho scritto i segreti dell’Universo, la mappa del mondo sotterraneo e i resoconti dei miei viaggi oltre le sfere celesti.”»
«E siete andati a cercare.»
«Già. Organizza la spedizione, raduna i mercenari, i portatori, i cammelli, convoca i cartografi, consulta gli oroscopi, saluta le mogli, eccetera eccetera. E siamo andati fino in Cappadocia, a cercare ‘sta cazzo di grotta. E indovina cosa c’era nella grotta?»
«Niente?»
«Beh,» interviene il Visir, «su una parete c’era scritto “andate tutti a fare in cu-”»
«Lasciamo perdere.»
«Ma – »
«Non è mica finita: a febbraio dell’anno scorso certi mercanti mi hanno portato dall’Egitto una mummia. Dicevano che i miei astrologi e alchimisti avrebbero potuto farci chissà cosa. E insomma, mentre eravamo lì a discutere sul prezzo la mummia si alza e dice “O Califfo El-Yallabassula, prediletto del Profeta! Sappi che a cento giorni di cammino da qui, oltre le rovine di Ninive la superba, una volta ogni cent’anni le sabbie del deserto si aprono e rivelano il palazzo di Re Salomone, colmo di tesori al di là di ogni immaginazione! Affrettati!”»
«E voi siete andati?»
«Sì.»
«E avete trovato il palazzo di Re Salomone?»
«Sì.»
«E nel palazzo c’era…»
«Un cucchiaio.»
«Un…?»
«Un cucchiaio. Visir, fa vedere.»
Il Visir estrae dal mantello un cucchiaio di legno.
«Ma… ma cosa significa?»
«Ma che cazzo ne so. Non faccio a tempo ad arrivare a casa, metter giù le valigie e farmi una doccia che ne arriva un altro. Una volta è una scritta di sangue sul muro, un’altra è un unicorno nelle mie riserve di caccia, oppure il fantasma di un mio antenato o cosa ne so. E tutti a dire Principe vai qui, Califfo vai lì, e scava di qua, e scava di là, e cerca questo, e cerca quello. Guarda, non so più dove sbattere la testa. Perchè questi prodigi vengono dall’Altissimo, e se l’Altissimo mi chiama alle tre di notte e mi dice di andare a scavare un buco in un qualche posto in culo al mondo non è che possa far finta di niente, capisci. Mi tocca prendere su e andare a scavare. Ormai tutte le volte che qualcuno chiede udienza mi vengono i sudori freddi. Ma dimmi un po’ te se è vita, questa.»
«Già. Non posso dire di invidiare la vostra sorte, mio signore. Ora prendo congedo, ma non disperate: evidentemente il Profeta vi ha scelto fra i suoi fedeli, e l’Altissimo ha in serbo per voi grandi cose.»
Rashud si allontana; il Visir scende goffamente dalla collina, sprofondando nella sabbia fino alle caviglie. Gli schiavi e i portatori, a udire i suoi ordini, scuotono la testa perplessi e borbottano tra loro. Le guardie si scambiano battute sarcastiche e ridono sotto i baffi; i cammelli osservano la scena con nobile distacco. Il Califfo, perso nei suoi pensieri, scruta l’orizzonte.
«Eh, l’Altissimo. Avrà anche in serbo grandi cose, l’Altissimo, ma se andiamo avanti così un giorno o l’altro gli metto le mani addosso.»
Sotto di lui, nella luce del tramonto, le nude e sconfinate sabbie deserte e piatte si stendono lontano.
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