E anche quest’anno la festa del Sole Invitto è passata; ancora una volta il Sole del Solstizio ha segnato il punto più basso del suo cammino ciclico e la notte più buia ha lasciato il posto a un nuovo anno. La Stella Cometa è passata per la duemillesima e nona volta sulla Terra Santa, lasciando una scia di crateri fumanti, e insomma tutto va come deciso dal Fato. O qualcosa del genere. Noi, nel nostro piccolo, invece, continuiamo a dilettarci di fuffa & amenità varie, ben sapendo che qualunque minchiata possiamo proporvi impallidisce e scompare di fronte alla cruda realtà: come definire, per esempio, questa notizia? O quest‘altra? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto:
- Uno: la Trilogia di Eisenhorn: Xenos, Malleus, Hereticus. In un futuro lontanissimo, dove la scienza si confonde con la magia e la tecnologia cede il passo alla superstizione, l’Inquisitore Eisenhorn e i suoi fidi compagni combattono eretici, alieni e mutanti nel nome dell’Imperatore-Dio dell’Umanità. Che detto così sembra un po’ una minchiata (fra parentesi, è un fatto curioso ma evidente: sembra esserci una specie di relazione inversa tra la brevità della descrizione di un romanzo di SF o fantasy e quanto sembra una minchiata). Invece questa trilogia di fantasy spaziale si è rivelata una piacevole sorpresa. L’avevamo sentita paragonare ad un improbabile incrocio tra il Ciclo del Nuovo Sole e Neuromante – cosa di per sè già curiosa; a lettura ultimata possiamo dire che di neuromantesco c’è ben poco, e sembra piuttosto un incrocio tra il suddetto Nuovo Sole, il Nome della Rosa e l’Ispettore Callaghan. Un Medioevo futuribile, alieni, battaglie spaziali, mazzate a non finire, oscuri rituali, misteriosi omicidi, intrighi di corte e lotte fratricide – e soprattutto ottimi personaggi (che danno il loro meglio non tanto nelle scene d’azione quanto nei dialoghi, o in quel genere di scene pacate dove, a notte fonda, davanti a una bottiglia di vino o a una scacchiera, o di fronte all’immenso panorama della Galassia, ricordano i tempi passati, parlano del futuro e mostrano che, per quanto tamarri come pochi, sono pur sempre esseri umani. O umanoidi), dicevamo, ottima ambientazione (il favoloso mondo di Warhammer 40000 – ma siamo fin troppo di parte), una certa distaccata ironia, e la convinzione che se fosse un film sarebbe un film di John Carpenter.
- Due: Il Colbacco. Intanto, in un altro remoto impero di cui la maggior parte degi internauti ha solo vagamente sentito parlare, uno di quei regni misteriosi ed oscuri, come Zimiamvia, l’Altopiano dei Sassafrani, Bubuctor o i Mucchi di Immondizia di Yore – insomma, nella cara vecchia Unione Sovietica degli anni ’70, il non più giovane Efim Rachlin si guadagna da vivere scrivendo patriottici romanzi di avventure, che hanno per protagonisti esploratori, capitani, scienziati; tutti onesti, integerrimi e buoni in maniera quasi imbarazzante. Un giorno gli giunge voce che l’Unione degli Scrittori distribuisce a ciascuno dei suoi membri, in vista dell’inverno, un colbacco. Ma la gioia per l’inatteso regalo dura ben poco: Efim, infatti, si vede consegnare un banale colbacco in pelo di gatto domestico (“Perdoni la mia scarsa competenza: il gatto è considerato migliore o peggiore del coniglio?” – “Credo peggiore – rispose il direttore con aria annoiata – i conigli vanno allevati; i gatti, invece, crescono da soli”), e non di marmotta o coniglio o cervo siberiano. Perchè? Perchè quest’ingiustizia? Scrittori meno dotati, meno prolifici e meno patriottici gli passano davanti coi loro bei colbacchi pregiati e lui deve affrontare l’inverno con un gatto morto in testa? Inizia così la riscossa del compagno Rachlin: una lotta, a dire il vero non molto convinta, che finirà col varcare la Cortina di Ferro e diventare, in occidente, il simbolo del riscatto dal monolitico potere sovietico. Anche se Efim, in fin dei conti, vuole solo un colbacco. Un romanzo breve, veloce e molto divertente: se fosse un film, sarebbe una di quelle commedie di trent’anni fa che poi passano su canali improbabili la domenica pomeriggio. Senza Pippo Franco, però. Anche se Gianfranco D’Angelo ci starebbe bene nel ruolo del vicino di casa paranoico. E anche Renzo Montagn – ma passiamo oltre.
- Tre: Stecchiti & Censiti. Il titolo non è granchè ma questo excursus sui vari modi, probabili e improbabili, con cui la vita umana giunge al termine è insospettabilmente interessante. Nel Settecento si contavano un centinaio di cause possibili di decesso; oggi sono più di tremila, fra cui i pantaloni larghi (pag. 296), i batteri mangiacarne (pag. 63), il bowling (pag. 72), il gas esilarante (171) e la decenza ci impedisce di citare i più curiosi. Val comunque la pena di citare il caso di un tizio di Seattle che, dopo aver sentito una barzelletta in un bar, rise per 13 ore e poi rese l’anima. Ai medici che tentarono di soccorrerlo riuscì a dire che “era qualcosa su un’antilope e un mollusco”. E noi, giusto per chiudere in bellezza con una meditazione sulla caducità della vita, vi salutiamo con le sagge parole del tenente Drebin: “Un paracadute che non si apre: questo è un bel modo di morire. O restare intrappolato tra gli ingranaggi di una macchina.O un lappone che con un morso ti strappa le palle: è così che me ne voglio andare.”
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Eisenhorn è pure inserito nel contesto di un gioco di miniature chiamato warhammer 40.000. Il quale, con il suo background dettagliato ed affasciante e le sue regole fittissime mi avviluppò negli anni della prima adolescenza (collezzionavo ed utilizzavo gli Eldar). Ma forse già saprete.
Vi comunico, inoltre, che mi accingo a comprare l’agenda di frate cazzaro. Andrà a completare la mia necessità mensile di amenità.
Grande! La cosa ci riempie di comprensibile orgoglio & sicumera! – E anche noi eravamo eldarofili, ai tempi, ma siccome pigliavamo solo mazzate, abbiamo smesso… 😉
sembra esserci una specie di relazione inversa tra la brevità della descrizione di un romanzo di SF o fantasy e quanto sembra una minchiata
Cioè, più è breve la descrizione, meno sembra una minchiata? Non è il contrario? Relazione diretta e non inversa?
Ciao!