- «Ohè, ohè, fuori! Fuori, fuori gli stupidi pedanti! Hanno fatto della Sorbona una bottega dell’ignoranza. Noi vogliamo una filosofia libera, una libera ricerca scientifica, mentre voi imponete la vostra volontà di sopraffazione! Noi vogliamo l’autonomia del pensiero e della scienza da ogni autorità religiosa, civile o accademica, voi volete soffocare ogni manifestazione dello spirito! Così, così possano essere scacciati per sempre dalla Sorbona e da ogni università i bigotti ed i pedanti, amen, amen. Amen. Questa università, non aperta a tutti, non è giusta. Le cattedre ai sapienti, non ai dogmatici; i banchi, a disposizione di chiunque abbia amore per le scienze; un insegnamento veramente libero, una società in cui il lavoro delle mani e quello dell’ingegno siano onorati in egual misura: soltanto in questo modo può nascere l’homo novus.»
- …sentite un po’ questa. Mi travestivo da frate in un monastero tipo Monte Athos, scavato nel tufo e cose simili; mi aggiravo zoppicante e ingobbito facendo una voce da Igor. Arrivava un postulante che voleva essere ammesso al monastero. Gli facevo delle domande, e alla fine gli chiedevo se aveva portato dei pinoli. Non li aveva. E quindi non lo facevo entrare. Poi mi mettevo a giocare con un vecchio computer tipo MSX, felice e contento – sperando maliziosamente che qualcuno dei frati mi chiedesse cosa cavolo stessi facendo lì. Mah.
- «Prega il cielo ch’io non faccia minchionerie in questo supremo momento.»
- Ci fu un rumore di vetri rotti e un’imprecazione soffocata poco lontano.
«Che cos’era?»
«Topi, probabilmente» disse Frampton.
«E l’imprecazione?»
«Topi maleducati.» - Che “La nube purpurea”, pubblicata nel 1901, sia un capolavoro, continuamente più riuscito e trascendente di un qualsiasi romanzo di Èmile Zola – per nominare a caso un grande famoso sull’orlo del secolo – sembra non solo accertabile in sede di lettura, ma anche dimostrabile in sede critica. Se si paragonano gli argomenti profferiti, nel romanzo di Zola troveremo probabilmente una famiglia torbida, un padre ubriaco, una figlia prostituta, la differita constatazione che i poveri sono poveri, che gli avari sono avari e che i parigini abitano a Parigi: se a un tratto apparissero tra i personaggi un egizio, o semplicemente un pesce volante, ho l’impressione che il romanzo barcollerebbe, a dimostrare la fragilità della sua struttura.
- We scaled the face of reason
To find at least one sign
That could reveal the true dimensions
Of life lest we forgetAnd maybe its easier to withdraw from life
With all of its misery and wretched lies
Away from harmWe lay by cool still waters
And gazed into the sun
And like the moths great imperfection
Succumbed to her fatal charmAny maybe its me who dreams unrequited love
The victim of fools who watch and stand in line
Away from harmIn our vain pursuit of life for ones own end
Will this crooked path ever cease to end
(Citazioni tratte da: G. Montalto, Giordano Bruno (interpretato da G.M. Volontè), 1973; Il file su cui qualche anno fa annotavo i miei sogni; Camillo Benso di Cavour in una lettera a La Marmora, citato ne “L’Italia del Risorgimento” di I. Montanelli; J. Fforde, Il Caso Jane Eyre; J. Rodolfo Wilcock, prefazione a “La Nube Purpurea” di M. P. Shiel; Dead Can Dance, Anywhere Out of This World.)
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